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Sabato, 20 Aprile 2024
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Pandemia e studio, i laureati: “Ci sentiamo presi in giro dalla politica e non considerati”

A parlare sono i neo laureati di psicologia, farmacia e biologia, pronti a sostenere l’Esame di Stato per l’abilitazione all'esercizio della professione, ma con diverse perplessità riguardo le modalità di svolgimento

La pandemia, come un fulmine a ciel sereno, si è materializzata dal nulla e ha colpito l’Italia in ogni suo settore. Sanità in primis, ma poi anche lavoro, vita sociale, turismo, economia e ovviamente studio. Il futuro dei giovani rimane incerto e chi si trova ad un passo dalla meta adesso è spaesato, senza orientamento e solo con dubbi e stressante attesa.

É il caso dei laureati in psicologia, farmacia e biologia, pronti ad accedere nel mondo del lavoro. Per farlo occorre conseguire l’abilitazione all’esercizio della professione con conseguente iscrizione all’ordine professionale di riferimento. Superare l’esame di Stato è l’obiettivo e le possibilità sono due in un anno: a giungo o a novembre. Una verifica suddivisa in molteplici prove e una durata considerevole. Tenuto conto dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia, sono state prese delle decisioni in merito allo svolgimento. Scelte che, secondo gli studenti, non hanno considerato “minimamente la nostra opinione in merito”

Gli stessi laureati hanno deciso di unire le proprie forze ed esprimere il loro pensiero tramite un comunicato stampa abbastanza esplicativo. Si va per tappe, la prima il 25 marzo dove: “il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, massima espressione della rappresentanza studentesca universitaria e organo politico e ministeriale, redige un documento nel quale si richiede al Ministero dell’Università della Ricerca di legiferare in merito agli esami di abilitazione alla professione. Tale documento riporta la volontà e la necessità di una reale semplificazione di tali esami in quanto a meno di 2 mesi dal loro inizio non sono state date disposizioni in merito agli stessi da parte del Ministero.”

Passando all’8 aprile, invece, “viene approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il cosiddetto “DL Scuola” (n. 22/2020). In quest’ultimo si fa riferimento per la prima volta dopo più di un mese dall’inizio dell’emergenza sanitaria ai nostri esami di abilitazione. Nello specifico all’articolo 6, si fa riferimento alla possibilità da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca di individuare delle modalità di svolgimento alternative da quello ordinarie, comprese modalità a distanza.
      
Il 24 Aprile – prosegue il comunicato dei laureati - viene approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM n. 38/2020. Con quest’ultimo il Ministro Manfredi fa differire i termini della prima sessione degli esami di Stato, dal 16 di Giugno al 16 di Luglio. Il 29 Aprile viene approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM n. 57/2020. In quest’ultimo il Ministro Manfredi, in deroga alle disposizioni normative vigenti, trasforma l’esame di Stato di abilitazione all’esercizio delle nostre professioni, per la prima sessione dell’anno 2020, in un’unica prova orale svolta con modalità a distanza onnicomprensiva di tutte le materie previste nell’esame di stato canonico. Nel prendere tale decisione consulta gli Ordini professionali per chiedere un parere in merito a tale decisione che danno il loro nullaosta come riportato nella sezione iniziale dello stesso DM. Gli Ordini danno tale parere senza considerare le richieste che avevamo provato a portare loro, sottolineando la situazione critica che stavamo vivendo e richiedendo informazioni in merito, ma anche questa volta veniamo ignorati per oltre 2 mesi. Allo stesso modo le rappresentanze studentesche, nella figura dell’organo ministeriale Cnsu, che avevano provato a comunicare con il Ministro vengono ignorate e non vengono consultate in merito a tale scelta. 

Nei mesi sopracitati noi laureati – ribadiscono - ci siamo mobilitati facendo gruppo e tentando di ottenere informazioni in merito ai nostri esami di Stato dalle diverse istituzioni, ministeriali, ordinistiche e universitarie. Nessuno ci ha considerato rimpallando la questione da un organo all’altro. Ci siamo dunque radunati sotto un’unica egida chiedendo che il nostro esame di Stato venisse tramutato nel riconoscimento del tirocinio professionalizzante, così come era stato fatto per i medici tramite il DL Cura Italia nel mese di Marzo, essendo professioni sanitarie e in quanto sappiamo bene che l’abolizione degli esami di abilitazione risulterebbe anticostituzionale (Art. 33 comma 5).”

Una serie di mosse che hanno consentito ai laureati di interfacciarsi con alcuni esponenti politici, sia della maggioranza che dell’opposizione, che “sembravano avere a cuore i nostri interessi. Viene quindi proposto un emendamento in Commissione 7a Senato (Istruzione, beni culturali) all’interno del Disegno di Legge con dicitura A.S. 1774. Tale Ddl fa riferimento al Dl Scuola discusso in questi giorni al Senato e che deve essere revisionato e pubblicato entro il 7 Giugno da Senato e Camera. L’emendamento è il “6.7 testo 2” e richiede che l’abilitazione alle nostre professioni avvenga per mezzo della valutazione dei nostri tirocini professionalizzanti. A meno di due giorni dalla sua discussione in aula al Senato (26 Maggio) tale emendamento viene ritirato dai senatori che lo avevano proposto (Gruppo Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione) in quanto a detta loro sarebbe stato bocciato dalla maggioranza. Per tale motivo viene trasformato in Ordine del Giorno che deve essere discusso in aula. Chiediamo quindi spiegazioni ai senatori in merito alle motivazioni che la maggioranza avrebbe portato nella discussione sulla bocciatura dell’emendamento stesso, ma questi ci dicono di rivolgerci agli esponenti della maggioranza o peggio ancora ci ignorano. Nel mentre l’ordine del giorno non viene neanche più discusso in aula in quanto si trova un accordo sul DL tramite un maxi-emendamento che ci esclude totalmente dato che la discussione di più di 2 giornate di plenaria in Senato verte sul tema esami di maturità e concorsi pubblici sull’insegnamento.  

Nelle date del 21/22/23 maggio viene nuovamente convocato il Cnsu. Quest’ultimo – spiegano gli studenti - redige un documento nel quale chiede al Ministero dell’Università e della Ricerca di analizzare e valutare immediatamente la possibilità, in base alle varie specificità, di effettuare una revisione della procedura di abilitazione per i corsi di laurea che prevedono già un percorso con un tirocinio abilitante che ne attesta le competenze, contemplando la possibilità di abolire l’esame di stato, anche per le altre Classi di laurea che non hanno ancora un percorso formativo abilitante relative a discipline ordinistiche. Ad oltre una settimana dopo il Ministro Manfredi non si è ancora espresso in merito.

Le università nel mentre pubblicano bandi nel quale viene specificato che nel caso le connessioni internet saltassero durante il colloquio d’esame, starà alle commissioni esaminatrici la volontà di un eventuale bocciatura. Oltre al fatto di esplicitare che la tassa di iscrizione non verrà rimborsata in tale eventualità. Abbiamo più e più volte cercato un dialogo per dimostrare che le barriere tecnologiche purtroppo esistono e che spesso creano disuguaglianze nel nostro Paese, ma anche in questo caso siamo stati ignorati. Siamo arrivati a un punto di sopportazione nel quale non abbiamo paura a intraprendere ricorsi legali qualora queste dovessero rimanere le disposizioni finali, sia nei confronti delle singole Università che nei confronti dei commissari esaminatori. Non è possibile che veniamo esaminati in una simile maniera, nella quale il potere decisionale in merito al nostro futuro sia completamente nelle mani delle commissioni esaminatrici. 

Un esame che normalmente si svolge in più di 3 mesi con prove intervallate da finestre temporali di più settimane adesso viene accorpato e svolto in un colloquio telematico di cui non conosciamo neppure le tempistiche. E’ impensabile che non vi saranno disuguaglianze tra i candidati che sosterranno l’esame nella prima settimana e coloro che invece si vedrà esaminati settimane dopo. Un colloquio telematico che viene a costare a noi candidati in alcune sedi universitarie oltre i 400€, in un momento di totale crisi economica. Per l’ennesima volta non vi è alcuna tutela nei nostri confronti. 

Ci sentiamo presi in giro dalla politica – si conclude il comunicato dei laureati - e non considerati da chi dovrebbe rappresentarci. Non siamo dei ragazzini, e non staremo in silenzio a farci trattare in questa maniera. E’ tempo che l’opinione pubblica dia voce anche a chi fino ad ora non l’ha avuta.”
 

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