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Sabato, 27 Aprile 2024

L'opinione

Isabella Marchiolo

Giornalista

A Reggio Calabria è stata tolta la gioia della sua festa più bella

Il clima malinconico che attraversa la città anche nei giorni dedicati all'amatissima Madonna della Consolazione è il segnale di un malessere senza precedenti

Era bella e gentile, poi è diventata città dolente, stretta nella morsa di corruzione e abbandono. Ma abbattuta come adesso Reggio Calabria non la vedevamo da tanto tempo. Un’atmosfera di malinconia e stanchezza che stride perché la si avverte palpabile nei giorni tradizionalmente gioiosi e pieni di fiducia segnati dalla visita settembrina della Madonna della Consolazione. Nulla, neanche la crisi e il Covid, nemmeno le stagioni più drammatiche e segnate da lutti e aggressività criminale, è mai riuscito a scalfire la festa che la città sente identitaria e capace di sprigionare l'amore divino che i reggini considerano un superpotere, capace di annientare il male.

Quel sentimento trasversale che unisce credenti e atei nel dolce affidamento a Colei che ha salvato Reggio da calamità, fame e morte, ha sempre creato una sospensione prodigiosa, è lo scudo invincibile di uno stato di benedizione contro qualunque disgrazia. Lo dice, nei versi del poeta Ciccio Errigo, la volontà che i reggini tramandano di onorare la devozione alla Madonna come impegno irrinunciabile, in memoria del bene da Lei ricevuto: “Cu terremoti, cu guerri e cu paci, ‘sta festa si fici, ‘sta festa si faci”.

L'effetto di un'estate sfinita da polemiche, deserto culturale e colpi durissimi alla città

Anche quest’anno la Patrona è ritornata per abbracciare il suo popolo, ma stavolta i reggini che l’hanno accolta sono oppressi da una strana malinconia. La Reggio che saluta Maria non indossa il suo abito bello come si fa nelle grandi occasioni, ma è macilenta e mogia, è un cane bastonato. Oggettivo e inevitabile – quanto clamoroso – associare quest’atmosfera triste con le concomitanti vicende della Reggina, che però oggi non è soltanto la squadra di calcio ma una metafora, l’ennesimo vaso di Pandora scoperchiato su bassezze e intrighi politici che avvelenano l’aria della città.

E' una festa a cui sono state tolte allegria e speranza infierendo con sferzate durissime scandite in modo implacabile in un’estate asfittica, il cui umore rispecchia l’indolenza malsana del caldo. In questi mesi Reggio ha assistito allo spreco di una stagione turistica i cui timidi germogli si sono lasciati inaridire e morire, bloccandola nel solito limbo di località di passaggi fugaci, da cui si scappa per non respirare gli effluvi della spazzatura o ci si ferma il tempo necessario a vedere i Bronzi di Riace, unici baluardi di resistenza che nessuno, assurdamente, nell’anno del cinquantesimo anniversario è riuscito a legare indissolubilmente al nome della città e del suo museo – solissimi i Guerrieri, in un deserto culturale sconfinato.

Ed è stata l’estate delle spoliazioni, graduali ma inesorabili, percepite come un disegno premeditato (i reggini, si sa, soffrono di manie di persecuzione e nei loro attacchi a nemici multidirezionali non vengono mai presi sul serio). L’aeroporto condannato a morte, l’università per stranieri modello nazionale sull’orlo del baratro finanziario, e poi il colpo di grazia della Reggina. Nelle stesse ore delle celebrazioni mariane un incidente stradale che ha rischiato di fare vittime giovanissime e un'intimidazione contro la consigliera comunale Angela Marcianò.

Un clima sottotono con la Madonna a vegliare su un popolo ormai disilluso su tutto

La festa della Madonna si è ritrovata immersa in questo stato d’animo contradditorio tra sfinimento, senso di bruciante ingiustizia, ribellione sul punto di scoppiare e che invece si dissolve come un’onda alta e terribile solo in apparenza. Per i reggini che seguono la Vara ferendosi i piedi scalzi sulla terra nulla è impossibile alla Patrona, ma quest’anno chiederle una grazia per la città sarebbe indegno, quasi una blasfemia. La presenza sottotono alla processione più bella e amata rappresenta un plateale rifiuto: così i reggini esprimono l’insofferenza a camminare accanto a istituzioni che hanno deluso irrimediabilmente e forse persino l’uno accanto all’altro, divisi da fazioni, ideologie, difese di patetici orticelli personali.

La Madonna è salda nei cuori ma attorno al Duomo la sua Reggio disincantata e senza più illusioni è un bambino a cui hanno strappato l'innocenza, derubata pure della solare leggerezza della festa. C’è chi dice che potrebbe essere una cosa buona, l’annuncio della tempesta perfetta che serve per cambiare radicalmente e risorgere dalle ceneri. Come dopo il terremoto, come una fenice vera. Forse però non accadrà nulla nemmeno stavolta, e quel clima spensierato della festa mariana è sempre stato un piccolo conforto che ora ci manca e suscita un dolore simile all’ultima scia dell’estate, quando è ormai chiaro che tutto sta finendo ma proprio per questo il mare di settembre è il più bello dell’anno.

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