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Cronaca

Sindacati, il 22 in piazza dalla Sicilia a Reggio per un #Futuroallavoro

Manca poco alla manifestazione nazionale, e dalle sigle siciliane di Cgil, Cisl e Uil arrivano richieste indirizzate al Governo nazionale per lo sviluppo del Sud

In vista della manifestazione nazionale dei sindacati prevista per il prossimo 22 giugno a Reggio Calabria, si sono svolti questa mattina a Palermo gli attivi unitari regionali di Cgil, Cisl e Uil. Dalla Sicilia partiranno in seimila tra lavoratori, pensionati e giovani.

Al corteo è stato già attribuito un hastag, #Futuroallavoro, e dai segretari generali di Cgil, Cisl Uil siciliane, Michele Pagliaro, Sebastiano Cappuccio e Claudio Barone si alza già un unico appello: “Nel Sud e in Sicilia, l'economia ha bisogno di un colpo di reni. Al Governo nazionale chiediamo un triplice piano straordinario su investimenti, occupazione e infrastrutture. Tre piani da mettere in cantiere subito per evitare di affondare. Per questo, manifesteremo assieme alle confederazioni nazionali”. 

Secondo i sindacati, “i tre piani straordinari dovranno avere al centro il rilancio degli investimenti pubblici e privati. Anche con l'attuazione, da parte delle pubbliche amministrazioni centrali e periferiche, della clausola introdotta nella scorsa legislatura nazionale, che impone che  il 34% di tutti gli investimenti pubblici sia destinato al Sud. La misura non può restare sulla carta, perché sarebbe l'eutanasia dell'economia nel Mezzogiorno”. 

Stando quanto ha affermato Sebastiano Cappuccio aprendo i lavori della mattinata, “ci aspettiamo che si metta in moto il funzionamento delle Zes, le Zone economiche speciali concepite per attrarre investimenti nelle aree portuali e aeroportuali. E rivendichiamo un colpo d'acceleratore per la ripresa dell'occupazione: un tema particolarmente angosciante per la Sicilia, che con il 53,6% è la terza, tra più di 500 regioni Ue, per disoccupazione giovanile.  Servono investimenti pubblici e privati per far ripartire produzione e occupazione e creare ricchezza diffusa nel Sud”. 

Si legge su una nota stampa, infatti, che negli ultimi dieci anni la disoccupazione in Sicilia è passata dal 13,7% al 21,5%. Il tasso di occupazione è sceso dal 44,1% al 40,7%; si sono persi altresì ben 115.638 posti di lavoro e le imprese attive si sono ridotte del 4,4%. 

“Il gap col resto del Paese è forte – ha aggiunto Michele Pagliaro – e le attuali politiche rischiano di accentuarlo. Penso per esempio all’Autonomia differenziata, destinata ad incidere negativamente su diritti fondamentali come quelli all’istruzione, alla salute e al lavoro.

Nel nostro Paese – ha continuato Pagliaro – c’è anche un’emergenza democratica, dalle felpe di Salvini, alla vicenda della professoressa Dell’Aria, col tentativo di limitare le libertà: come sindacato confederale è un tema che abbiamo il dovere di portare alla ribalta”. 

Dai sindacati siciliani giunge un’amara constatazione, ossia la mancanza di una visione dello sviluppo e una strategia complessiva, “che francamente non vediamo – continuano - Serve una politica che fermi la deindustrializzazione e allarghi la base industriale meridionale e 
siciliana promuovendo nuove imprese, incentivando le reti di imprese, sostenendo la loro crescita dimensionale”. 

Per Claudio Barone, infine, “c’è bisogno di creare infrastrutture per rilanciare l’economia. La rete dei collegamenti nell’isola e nel Sud versa in una situazione tragica. Turismo, agricoltura e industria possono svilupparsi solo se c’è una dotazione infrastrutturale adeguata: abbiamo autostrade colabrodo e collegamenti ferroviari vetusti. Oggi non ci sono segnali, dal governo nazionale vogliamo risposte concrete non spot elettorali. Altrimenti i giovani continueranno ad abbandonare la nostra terra per cercare occupazione, senza alcuna possibilità di rientro”. 

Il piano per le reti infrastrutturali fisiche e digitali, come continuano a sostenere i sindacati, è uno snodo strategico. In proposito, dicono ci sia “un deficit politico e programmatico che ipoteca il futuro meridionale e siciliano. Perché le infrastrutture, dai grandi assi alle piattaforme intermodali ai corridoi della banda larga, sono una precondizione dello sviluppo. Chiediamo – concludono i sindacati siciliani - un fondo statale per la progettazione delle opere pubbliche nel Sud, con una dotazione iniziale di almeno 500 milioni. E aspettiamo che si dia corso al voto con cui tre anni fa il Parlamento europeo ha riconosciuto la condizione di insularità della Sicilia. Perché tre anni dopo quel voto che sembrò aprire la strada all'abbattimento dei costi delle tratte marittime, ferroviarie e aeree e anche a misure di fiscalità compensativa, nel Def che il Parlamento nazionale ha approvato qualche settimana fa, all'insularità della Sicilia non è destinato praticamente nulla. Ma così la Sicilia e il Sud non ripartiranno mai”.
 

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