rotate-mobile
Sabato, 27 Aprile 2024
Il monitoraggio / Brancaleone

Sono sempre di meno i pesci nel mare della costa ionica reggina

Lo rilevano i primi allarmanti risultati del monitoraggio che l'organizzazione no profit Blue Conservancy sta portando avanti nella costa dei gelsomini con il nuovo sistema Bruv

Sono sempre di meno i pesci nel Mediterraneo, e una fotografia di questo allarmante fenomeno arriva dal monitoraggio avviato da un mese nel tratto della costa ionica reggina da Blue Conservancy. L'organizzazione no profit che si occupa del centro di recupero delle tartarughe marine di Brancaleone ha reso noti i primi risultati della ricerca, frutto di settimane di lavoro molto impegnative per il progetto Mabb (Marina Animal Biodiversity Bruv) di Filippo Armonio e Edoardo De Pasquale 

Lo studio si svolge utilizzando un cavalletto su cui viene montata una videocamera subacquea e un pasturatore, che rende possibile filmare, e in seguito identificare e contare numericamente, di individui di ciascuna specie presente nelle zone limitrofe all'area marina dove viene calato il dispositivo. L'obiettivo della sperimentazione è valutare lo stato di biodiversità in un'area specifica del Mediterraneo, che in questo caso sono le acque del parco marino costa dei Gelsomini, da Punta Spropoli a Capo Bruzzano. Dove si è fatta una scoperta che, in atto, sconforta, cioè che la vita marina avvistata in quasi un mese e più di dieci ore di registrazione si limita a pochi esemplari di murena e sarago maggiore, oltre ai comuni vermocani. Una delusione imprevista, perché per attirare i pesci e poterli contare e filmare i ricercatori avevano preparato ghiotte pasture che, in presenza di specie, le avrebbero sicuramente richiamate. Come racconta Armonio nel report: "Il monitoraggio è iniziato regolarmente in due secche molto estese, tra le enormi distese di sabbia caratteristiche del tratto ionico calabrese. Le secche, costituite da scogli e poseidonia, dovrebbero ospitare un via vai di centinaia di pesci di diverse specie, un po’ come in una grande metropoli dove le persone e le macchine sfrecciano avanti e indietro per le strade. Ci aspettavamo nuvole di pesci attirati dalla pastura".

Lo spopolamento marino era stato già segnalato dai pescatori della zona, che con le loro testimonianze hanno dato l'idea per la ricerca, i cui dati saranno elaborati statisticamente per redigere una relazione che sarà poi indirizzata a istituzioni e autorità competenti per chiedere un intervento nell'area. 

L'attività con il cavalletto e la telecamera da calare sott'acqua non è stata semplice ed ha comportato difficoltà inattese: "La forte corrente che abbiamo incontrato in diverse occasioni ci ha obbligato ad apportare alcune modifiche ai Bruvs per renderli più pesanti e veloci durante la discesa e per evitare che la corrente potesse influenzare il corretto posizionamento sul fondale". Anche la preparazione dell'esca ha richiesto diverse prove con gli scarti di pescheria, prima di scegliere un frullato di teste di pesce azzurro, interiora di totani e teste di gambero. Continua il report: "I grassi e gli oli che si liberano dal pesce frullato una volta inserito nel pasturatore e calato in acqua dovrebbero essere un richiamo irresistibile per centinaia di pesci eppure durante le prime sei uscite abbiamo collezionato ore di registrazioni a sfondo blu e poi abbiamo documentato solo la presenza di alcune murene, qualche sarago maggiore e gli immancabili vermocani. In parte ci aspettavamo questo risultato ma mai avremmo immaginato che queste due secche fossero così vuote e inabitate".

Un dato da non sottovalutare e che si spera venga smentito nel prosieguo del monitoraggio. Ma un campanello d'allarme si è intanto acceso e Filippo Armonio commenta: "Continuiamo a uscire in mare, calare i Bruv, registrare e collezionare riprese e dati. E continueremo ad aggiornarvi sui risultati ottenuti. Vogliamo far vedere cosa sta succedendo al nostro mare e continueremo a fare di tutto per portare in superficie un problema di cui si parla troppo poco: i pesci in mare sono sempre di meno".

Numeri alla mano, per contrastare la perdita di biodiversità che sta interessando il Mediterraneo, le organizzazioni internazionali, tra cui Fao e Onu, si sta facendo promotrici di iniziative come il trattato globale per la tutela dell’alto mare firmato lo scorso marzo dalle Nazioni Unite, che punta a far rientrare entro il 2030 il 30% dei mari in aree protette. In questa direzione vanno anche progetti come 30×30 Italia, ideata da Worldrise Onlus e a cui aderisce anche Blue Conservancy, Il primo passo però secondo l'associazione che opera a Brancaleone, è la conoscenza dello stato di salute del mare come ecosistema. I pescatori della costa ionica reggina lo avevano già capito, ma che questo habitat unico sia gravemente minacciato dall'impatto antropico è adesso una realtà confermata anche dalle prime ricerche sul campo. A cui rimediare senza perdere altro tempo. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Sono sempre di meno i pesci nel mare della costa ionica reggina

ReggioToday è in caricamento