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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Centro

"In questo squallido teatrino i soldatini siamo noi, cittadini ed imprese": l'analisi di alcuni ristoratori

La riflessione dei titolari dei noti e frequentati locali del Centro storico di Reggio, Al Clubbino, Ciroma, Spaccanapoli e Labbirra

Imprese, attività commerciali, nella morsa della precarietà e di una crisi che aleggia sempre più minacciosa e che si spinge oltre il confine dettato dall'emergenza sanitaria.

I noti locali del centro storico di Reggio, Al Clubbino, Ciroma, Spaccanapoli e Labbirra (da diversi anni uniti, con altri soggetti, in un’identità comune che si riconosce nel motto "ciàputimufari") vivono, come tutti gli imprenditori impegnati nel settore, un momento di grande incertezza.

"I contenuti dell’ordinanza della presidente Santelli non possono che acuire tale situazione - spiegano in una nota - non è compito nostro intervenire su questioni di carattere politico, ma non possiamo fare a meno di esprimere come certe prese di posizione lascino alquanto perplessi. 'Sembra' che in un contesto gravissimo, che richiederebbe responsabilità assoluta, si voglia giocare a far la guerra sollecitando i movimenti di soldatini sul campo per far fuori un nemico".

Per i ristoratori reggini, "in questo squallido teatrino i soldatini siamo tutti noi, cittadini ed imprese. Ed i soggetti più deboli diventano i soldati migliori per vincere. Intendiamoci: noi siamo certi che la Calabria, stando così le cose, possa e debba, cronologicamente, partire prima di altre regioni. Ma sottolineiamo la necessità che tutto si realizzi attraverso una progettualità che, seppur limitata da difficoltà oggettive, possa accompagnare il processo.

Ascoltando i pur diversi pareri degli scienziati, si apprende come nessuno possa prevedere gli scenari futuri senza un margine di approssimazione, così tanto ampio da imporre di procedere “passo passo”. D’altronde ben sappiamo come i settori del turismo e della ristorazione, per le caratteristiche peculiari, non possano che essere ( e purtroppo restare a lungo) in assoluto fra i più colpiti". 

In questo contesto una valutazione istintiva potrebbe individuare nella riapertura la soluzione idonea a sopperire alle gravissime crisi di liquidità. "Ma, ammesso che si possano già creare soluzioni idonee a superare conseguenze sanitarie, occorre comunque una ulteriore riflessione. Andare al ristorante o al bar costituisce 'un’esperienza' strutturalmente molto diversa da quella, ad esempio, dell’acquisto di un oggetto.

Che richiede ed implica contatti sociali fra i clienti ( non solo dello stesso tavolo) ed anche con il personale. A parte l’ipotetico ( e certo non trascurabile ) maggior rischio di contagio, vi è da considerare che, nella maggioranza dei casi, proprio i contatti sociali costituiscono l'essenza portante dell’attività.

Tutto questo ci porta a ritenere che l’apertura dei ristoranti e dei bar possa e debba avvenire quando si creeranno le condizioni minime, in sicurezza, per non snaturare eccessivamente tale esperienza. Che senso avrebbe, ad esempio, ritrovarsi a bere un cocktail, la notte in piazza Duomo, tra mascherine, scanner, termometri, separatori in plexiglass, ossessioni obbligatorie da igienizzazione?

Sarebbe una parodia delle nostre abitudini di cittadini e del lavoro nella ristorazione. Ciò mentre vigono divieti ad uscire da casa, se non per determinate ragioni. No, ne siamo certi: non è questa la strada da percorrere. Non è rispettosa per nessuno. Anche se, probabilmente, la nostra non è un’idea comune".

Gli imprenditori partendo comunque dal presupposto che, "in primis, vada tutelata la salute per tutti e, immediatamente a ridosso, l’economia, resta da prendere atto che il settore della ristorazione e del turismo è destinato ad una crisi che andrà temporalmente ben oltre l’emergenza sanitaria, ben oltre la crisi che colpisce altri settori. Le ragioni sono evidenti.

Ed è compito del governo, ma anche delle istituzioni locali, individuare quei percorsi che potrebbero consentire la sopravvivenza delle imprese nel settore. Potrebbero, perchè anche con gli interventi necessari, nulla è scontato e tanto meno generalizzato per le diverse realtà territoriali. Ed il nostro tessuto sociale ed economico, si sa, era già particolarmente debole e sfilacciato".

"Se da un lato - continuano i ristoratori - si deve riconoscere al nostro governo centrale, diversamente da altri alla guida dei paesi più importanti del pianeta, di aver agito con razionalità rispetto un’imprevista (e forse imprevedibile) emergenza sanitaria, dall’altra non si registrano ancora poste in essere adeguate forme di sostegno ai cittadini più deboli ed alle imprese, in particolare a quelle più colpite.

Anche le “boccate d’ossigeno”, da tempo promesse, non sono arrivate. Certo sono comprensibili le difficoltà ad operare in piena emergenza, in un paese storicamente ingessato dalla burocrazia e, in particolare alle nostre latitudini, dall’inefficienza della pubblica amministrazione.

Non è facile quindi, nè per il governo, nè per la regione, nè per l’amministrazione comunale. Ma è rigorosamente doveroso e necessario per ambire a superare questo momento. Prima che i soldatini insorgano o, peggio, muoiano senza combattere".

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