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Cronaca

Una luce reggina nel buio della pandemia: la missione di un medico al servizio della gente

La signora Patrizia, mamma di Valentina, ha raccontato come vive sua figlia in un ospedale al Nord quando il Covid-19 è da dover fronteggiare in prima linea ogni giorno

Straziante, drammatica, toccante. Una storia con grandi valori che, in un momento di una difficoltà inaudita, risuona dentro ognuno di noi e ci permette di comprendere il valore di un medico, un infermiere o qualsiasi operatore sanitario troppo spesso poco considerati in tempi in cui non si riflette abbastanza. 

Reggio è il tramite, Reggio è sempre il tramite di racconti di vita vissuta, quella più vera. Il medico, una figura fondamentale per lottare contro il Coronavirus, è perfettamente rappresentato anche da Valentina, dottoressa reggina di 30 anni impegnata anima e corpo in Lombardia per formare uno scudo umano e bloccare quanto possibile l’espansione Covid-19.

Una vita, quella di Valentina, raccontata a noi di ReggioToday direttamente da chi l’ha vista crescere, l’ha spronata a perseguire il suo sogno e oggi la guarda da lontano con la speranza di poterla riabbracciare presto e poterle dire quanto sia fiera di lei. Si tratta di sua madre, Patrizia, pronta a farci capire cosa significa essere giornalmente a contatto con la pandemia.

Sua figlia vive per lavoro al Nord ma ha origini reggine

“Si, ovviamente. Qui ha le sue radici, i suoi amici, per lei è stato un dolore lasciare la città ma era l’unica possibilità. Si è sempre impegnata nel sociale.

Adesso vive in Lombardia lontano dagli affetti. Quando è iniziata l’epidemia, non ancora sfociata in pandemia, le dissi di tornare a casa, la risposta fu da gelo: ‘Io prima di essere una persona sono un medico, il mio posto è qua. Se Dio vuole resterò viva, altrimenti sarò morta sul campo di battaglia'.”

Qual’è stato il percorso di Valentina per arrivare a diventare un medico?

“Intanto era una laureata in biotecnologie mediche a Messina con il massimo dei voti. La specializzazione l’aveva fatta a Torino. Diceva sempre che la sua passione, però, era fare il medico. Diceva che aveva sbagliato strada ma che non poteva farci niente. Io le ho detto di riprovarci e ai test d’ingresso di medicina alla Sapienza è arrivata 140esima su 10 mila.

Ha ottenuto il 110 e dopo ha iniziato a lavorare qui da noi, solo che la cosa decollava poco. Si viveva di guardie mediche e sostituzioni solo quando non si veniva scavalcati in graduatoria da altri più potenti. Lei contava solo sulle proprie forze e spesso veniva lasciata indietro.

Ha vinto un concorso con un contratto a tempo determinato rinnovabile. Qui si è fatta subito notare, mettendosi in evidenza. All’inizio non le facevano fare le notti ma dopo un mese l’hanno messa in prima linea."

Che aria si respira in un ospedale al tempo del Coronavirus?

“Si lavora facendo turni estenuanti. Io ho pianto notte e giorno. Molti colleghi intorno a lei sono contagiati e la mia sconfitta era che non avevano i presidi idonei. Le mascherine adatte sono arrivate solo due giorni fa e questo mi fa più paura del Coronavirus. Lei mi manda tante foto del suo lavoro, ma la più emblematica è quella che ho scelto di mandarvi perché evidenzia lo stremo di queste persone, sono in una turnazione non stop."

Cosa succederà tra i medici quando la pandemia sarà solo un brutto ricordo?

“Chi resterà vivo sarà invincibile, tutti avranno fatto la corazza ma nel profondo dell’anima saranno segnati. Quando tutto sarà finito la famosa frase ‘non dimentichiamoci di loro’ dovrà essere messa in pratica. Bisogna dargli una gratificazione personale, non lasciarli a tempo determinato. Mettiamoci la mano sulla coscienza.

I medici appena laureati possono essere dei supporti, è vero. Oggi che siamo allo stremo sono state riviste situazioni come queste e dovrebbero farlo anche quando tutta questa pandemia sarà finita.

Io mi chiedo, come si fa a non effettuare il tampone sui medici? ‘Se siete asintomatici non li potete fare’. Da un lato lo capisco perché un medico positivo lo devi levare dall’organico, ma poi un medico fa una visita e non può contagiare il paziente?”

Sua figlia, riguardo l’emergenza Coronavirus, cosa le consiglia?

“Lei, ovviamente, mi dice che l’unica soluzione è stare a casa. Abito a Gallico, mi hanno detto che è un focolaio. A me basta andare sul balcone e guardare il mare. Se non stiamo a casa non ne usciamo.”

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