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Cronaca Laureana di Borrello

Scomparsa di Maria Chindamo: arrestato un pregiudicato

Prima svolta nel caso dell’imprenditrice di Laureana di Borrello di cui non si hanno più notizie dal 6 maggio del 2016. Le indagini dei carabinieri. Indagato un operaio

Importante e prima svolta nel caso di Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello, scomparsa misteriosamente il 6 maggio del 2016. Il gip del tribunale di Vibo Valentia, su richiesta della Procura, che ha coordinato le indagini condotte sul campo dai carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale di Vibo Valentia, della compagnia di Tropea e del Ros, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un pregiudicato, Salvatore Ascone, 53 anni di Limbadi, già noto alle forze dell’ordine, ritenuto responsabile di concorso in omicidio. Con lui risulta indagato a piede libero un suo operaio, Gheorge Laurentiu Nicolae, 30 anni, romeno, domiciliato a Limbadi. 

Nei loro confronti la Procura di Vibo contesta il reato di concorso in omicidio con soggetti allo stato ignoti. Secondo gli inquirenti avrebbero contribuito a cagionare la morte di Maria Chindamo manomettendo il sistema di videosorveglianza installato nella proprietà di Ascone, in località Montalto a Limbadi, allo scopo di impedire la registrazione delle immagini riprese dalla telecamera orientata sull’ingresso della proprietà dell’imprenditrice di Laureana di Borrello, dove la donna fu prelevata e portata via la mattina del 6 maggio 2016. 

I carabinieri sono arrivati a questa conclusione dall’analisi dei file di log del sistema di videosorveglianza. La “scatola nera”, una volta scoperchiata, ha messo in luce tutte le manovre effettuate dagli indagati, dati che documentano che le manomissioni sono state effettuate esattamente la sera prima della scomparsa di Maria Chindamo e quindi "inequivocabilmente propedeutiche alla commissione del delitto pianificato per la mattinata successiva ad opera degli esecutori materiali, consapevoli di operare in maniera indisturbata e con la sicurezza di non essere ripresi, quindi individuati".

Secondo la Procura di Vibo, Maria Chindamo è stata barbaramente assassinata. Un omicidio volontario perpetrato da ignoti poco dopo le 7 del mattino del 6 maggio 2016 davanti alla propria azienda dove uno dei suoi dipendenti trovò l’auto con il motore acceso, l’impianto stereo a tutto volume e tracce di sangue sulla carrozzeria della sua Dacia e al suo interno tutti gli effetti personali compresa la borsa contenente oltre mille euro in contanti. 

Secondo la ricostruzione fornita dai militari dell'Arma è emerso chiaramente che la Chindamo è stata dapprima aggredita non appena scesa dall’auto e poi caricata con la forza da uno o più soggetti su un altro mezzo con cui gli autori si sarebbero allontanati. Le tracce ematiche dimostrano la colluttazione avvenuta in più fasi.  Una scena che avrebbe potuta essere immortalata dal vicino se questi non avesse manomesso l’impianto di videosorveglianza. 

Per questo motivo Salvatore Ascone e Gheorghe Laurentiu Nicolae si trovano indagati perché – secondo l’accusa – avrebbero manipolato il sistema di videosorveglianza “tramite un’interruzione di alimentazione dell’hard disk interno, cagionata da un intervento manuale diretto ad inibire in tal modo la funzione di registrazione”. 

Agli investigatori che nel maggio del 2017 lo sentirono a sommarie informazioni Ascone dichiarò testualmente: “Le chiavi della casa dove sta custodito l’Hard disk ce lo ho solo io oppure mia moglie. Sicuramente nessuno può aver avuto accesso all’abitazione perché c’è anche un impianto di allarme ed arriva la segnalazione sul telefonino mio, di mia moglie e dell’operaio che si chiama Nicolai”.

Ad aggravare la posizione di Ascone sono le dichiarazioni fornite dal collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso che tendono a rafforzare l’ipotesi accusatoria di una manomissione temporanea volontaria del sistema di videosorveglianza. 

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