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Sabato, 27 Aprile 2024
Madonna della Consolazione

La volata dei portatori della Vara e quella forza che non è fisica ma del cuore

I portatori raccontano il momento più emozionante della processione della Patrona, quando ogni fatica è annullata dalla fede

Oggi e sempre: Viva Maria! Tra pochi giorni il grido carico di passione e devozione risuonerà per la città al passaggio della Sacra Effigie della Madonna della Consolazione. E come ogni anno sono pronti alla loro missione di fede i portatori della Vara, motore della processione anche nel senso letterale del termine. 

Il momento più emozionante del cammino della Vara è la volata: quella corsa fatta di sudore, batticuore e una meccanica dei corpi che ha come carburante l'amore per la dolcissima Madre dei reggini, capace di suscitare una forza mistica, quasi sovrumana.

Nessuno è mai riuscito a spiegare a parole cosa si provi in quel culminante momento. Dall'esterno sembra una prova di resistenza così potente da far immaginare qualche necessario allenamento, ma Gaetano Surace, presidente dell'associazione portatori, spiega: "In realtà non esiste una preparazione fisica per la volata o qualcosa che si potrebbe paragonare all'esercizio di un atleta prima di una gara. So che sembra incredibile ma per noi avviene tutto in modo spontaneo e davvero non sentiamo la fatica".

A guidare l'ultimo tratto ci sono i portatori più esperti, ma a sprigionare la forza che occorre qui e lungo l'intero percorso sono l'unione e il pensiero comune di fede nella Madonna. "E' vero - dice ancora Surace - noi diciamo sempre che è come se sotto la stanga si muovesse un uomo solo, siamo 130 persone sincronizzate alle perfezione". Anche quando nel gruppo sorge qualche divergenza. "E' normale - commenta ancora il presidente dei portatori - ma non c'è scontro semmai è un confronto tra opinioni diverse ed è un bene che ci sia perché ogni discussione aiuta a crescere e migliorare. L'importante è andare tutti nelle stessa direzione, quella che ci indica la Madonna della Consolazione". 

Il ricordo più bello della stanga di Gaetano Surace è l'anno speciale in cui, mentre sorreggeva il santo Quadro, venne al mondo la sua prima figlia. Quel giorno il cuore di padre l'affidò alla protezione della Vergine, un filo che non si è mai spezzato vedendo quella bambina diventata donna sposa davanti a lei, nell'Eremo. Surace parla della volata interpretandola attraverso un paragone con la vita: "E' un momento simile a tutte le situazioni nelle quali serve un ultimo, grande sforzo per raggiungere un obiettivo o concludere un percorso". 

La volata nel racconti dei portatori, un'emozione che a parole è difficile spiegare

Su chi furono i primi portatori della Vara la memoria della città si divide tra storie e racconti popolari. Una narrazione dai contorni leggendari e mai accertata da documenti risale al 1672 (quasi vent'anni prima dell'avvio della processione istituzionalizzata). A Reggio si moriva di fame per la carestia che seguì una terribile pestilenza, e mentre la venerata Effigie veniva trasportata nel Duomo, il popolo era raccolto in preghiera: rispondendo alle disperate invocazioni, nella rada Giunchi attraccarono tre navi cariche di viveri, destinate altrove ma spinte lì da imprevisti e provvidenziali venti contrari. Di fronte a quel prodigio i pescatori che avevano accolto le imbarcazioni fecero voto di portare il Quadro. Le fonti storiche attribuiscono invece ai cappuccini il ruolo di originari portatori, prima che la partecipazione si allargasse a tutta la cittadinanza senza distinzioni di età, mestieri e classi sociali.

Chi vive l'esperienza della stanga con i galloni di una lunga attività è accomunato dall'impressione che il tempo non sia passato. Ogni volta è come la prima anche per Giorgio Belmonte, che ha iniziato cinquant'anni fa. Già capostanga e oggi anche nel collegio dei probiviri, Belmonte dal 2022 ha abbandonato la volata per motivi di età e dice: "E' una questione di responsabilità: se cade uno poi a catena mette a rischio gli altri. Io l'ho sempre fatto con la coscienza del gruppo e anche della sicurezza della gente se capita che qualcuno, imprudente, si avvicini sotto il Quadro. Serve grandissima attenzione in quel momento. Lì non pensi alla fatica, non te ne rendi conto. La concentrazione è massima affinché tutto vada bene".

Belmonte ha assistito anche a qualche disavventura: "Una volta sbagliando manovra siamo finiti sopra i vigili urbani! I giovani sono entusiasti e impazienti ma la volata possono farla solo i più esperti, io ho istruito la persona che ha preso il mio posto".

Giorgio Belmonte

Sotto la stanga da quarant'anni e oltre, con la voglia di far avvicinare anche i più giovani

In mezzo secolo le emozioni per il portatore veterano non sono cambiate: "Chi crede nella Madonna non sente mai la stanchezza. Io sono stato sempre presente, anche sotto la pioggia forte... ricordo perfettamente quel giorno, non abbiamo mollato e ce l'abbiamo fatta. Ma la Patrona la porto nel mio cuore non solo in quel giorno e Lei mi ha dato tante volte prova della sua grandezza". Il portatore confida di invocazioni in momenti difficili, di infinita misericordia e protezione dalla malattia. Oggi sotto la stanga c'è mezza famiglia Belmonte, oltre a Giorgio, il fratello, il genero e due nipoti.

"Per mio fratello - racconta - la Madonna ha esaudito le mie preghiere e lo so perché c'era una visita medica nello stesso giorno in cui, restando al mio posto di portatore, riportavo il Quadro all'Eremo". Quanta amorosa potenza in quel sacro dipinto che Belmonte venera sentendo a ogni sguardo gli occhi inumiditi di lacrime. Quale intercessione chiederebbe quest'anno per la città di Reggio? "La Madonna ci ha salvati da peste e terremoti - risponde - ma non può fare nulla se abbiamo qualche politico che mette i propri interessi sopra quelli dei cittadini". 

Le braccia e le anime sotto la stanga esprimono la reiterata richiesta dei fedeli alla Vergine di non abbandonare la città al suo destino. "Noi ci saremo sempre a portare la Madonna - conclude Giorgio Belmonte - ma vorrei fare un appello ai ragazzi perché partecipino di più alla salita. I giovani preferiscono la discesa al Duomo perché è quella di maggiore visibilità e alcuni hanno questo protagonismo che a me non è mai interessato. A novembre ci ritroviamo soltanto noi portatori storici. Invece è la processione più dura, in cui c'è davvero bisogno della forza di tutti". 

Storie di una fede iniziata e continuata con segni prodigiosi dell'amore di Maria

Sono tanti e straordinari i segni dell'abbraccio protettivo della Madonna della Consolazione raccontati dai portatori che ripercorrono la loro esperienza. Pino Logoteta, cavaliere di Maria da quarant'anni, si definisce nato sotto la Vara e non lo dice per scherzo. "La mia storia è particolare - spiega - e inizia nel 1969, quando dopo la nascita a Villa Aurora fui posto nell'incubatrice mentre mia madre ebbe una forte emorragia. Mio padre allora aveva portato il Quadro qualche volta ma non era fisso nel gruppo e decise di andare a piedi all'Eremo per chiedere alla Madonna di salvarci, facendo voto di portare la Madonna per tutta la vita. Tornato in clinica io respiravo da solo e mia madre era fuori pericolo".

Ministrante all'Eremo, a tredici anni e mezzo si è avvicinato alla Vara con rispetto e cautela, seguendo i consigli del padre. "I primi tempi - dice - appoggiavo la mano ma non avevo ancora la forza adatta per sorreggere la stanga, facevo qualche fermata. A 18 anni mi sono alternato a mio padre e mio fratello e ho conosciuto emozioni indescrivibili, che se non si vivono in prima persona non si possono comprendere".

Per questo Logoteta tiene molto ad avvicinare i giovani alla stanga: "Ho portato mio figlio, che ha adesso 21 anni, e quest'anno ho invitato anche il fidanzato di mia figlia. E' importante - continua - avere portatori giovani visto che noi con l'avanzare dell'età arriveremo a un limite fisiologico e dovremo ritirarci".

Venuto al mondo nell'abbraccio della benedizione di Maria, anche Logoteta parla della volata come di un evento che esula dalle categorie della ragione: "E' davvero come volare insieme alla Madonna... e la fatica non esiste perché a portarla non è la forza fisica ma il cuore". 

Per Walter Melidona, 70 anni il prossimo gennaio di cui quaranta da portatore, il ruolo nella stanga ha rappresentato la salvezza da un'esistenza irrequieta che avrebbe potuto condurlo su strade sbagliate. "Da ragazzo ero un po' una testa calda, mio padre mi ha fatto avvicinare alla Madonna per evitare che mi mettessi nei guai in una città difficile come Reggio. Posso dire che la fede ha cambiato la mia vita. La Patrona è stata un rifugio, ho abbandonato le cattive abitudini e ho iniziato a pregare, come continuo a fare mattina e sera".

La Madonna della Consolazione lo ha accolto e sostenuto anche quando è arrivata la diagnosi di un grave male. "Mi sono affidato alla nostra Patrona e anche a Sant'Antonio da Padova, a cui sono devoto... se sono ancora qui è perché mi hanno sempre protetto. Non ho più la madre ma la mia mamma c'è, è Lei. Un uomo senza fede non è nulla".

Il portatore Walter Melidona sotto la stanga

Portare il venerato Quadro rende dolce ogni sforzo. "In quarant'anni - continua - non sono mancato a una processione, anche quando ero malato. L'emozione annulla tutto il resto. Quando sei sotto la Madonna anche se hai la spalla sanguinante e ormai deformata, ogni dolore scompare". E' così anche per la nuova generazione? "I ragazzi sono spesso saputelli e non accettano consigli, ma devo dire che molti entrano tra i portatori per moda, per apparire nelle foto. Bisogna istruirli, e se necessario anche allontanare quelli che sono vivaci in modo inappropriato, anche con le parole. A me - aggiunge - non è mai interessata la scena, in qualche foto ci sono perché me le hanno scattate a mia insaputa, io sono lì per la Madonna"

La volata di Melidona è quasi un superpotere: "Non sappiamo neanche noi come ci riusciamo. Chiediamo aiuto alla Madonna con la testa e il cuore, e in quegli attimi è come se ci trasformassimo. Ed è davvero prodigioso che quando qualcuno è caduto, nonostante sopra ci fossero centinaia di persone, abbia riportato non più di un'escoriazione... è la Madonna che protegge i suoi portatori". 

Dopo la mostra in consiglio regionale, si pensa al progetto del museo della festa

All'alba di sabato prossimo i portatori rivivranno quel miscuglio di emozioni che osservandoli sfilare si trasmette alla gente in attesa del passaggio della Sacra Effigie. Una lunga storia di umanità, fede e tradizioni che è racchiusa anche nell'imponente materiale fotografico e documentale della festa. L'associazione portatori vorrebbe che trovassero casa in un museo, e la recente esposizione delle grandi infografiche sul restauro della Vara (di proprietà del consiglio regionale) sembra il primo passo in questa direzione. "La sede al momento disponibile - afferma Gaetano Surace - è il santuario dell'Eremo, ma data la mole di immagini e oggetti che ci piacerebbe fossero fruibili in modo permanente ai visitatori, c'è la necessità di un locale di spazio maggiore". Quel museo scritto dai cavalieri della stanga apparterrà a tutto il popolo di Maria, che ogni anno contribuisce a scrivere le pagine di questa storia di immensa fede.

Il Quadro dopo la cerimonia dell'incoronazione dello scorso anno

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