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Medico di Villa vicino alla 'ndrangheta, sotto chiave un patrimonio da 25 milioni | VIDEO

La guardia di finanza confisca 25 milioni a Francesco Cellini. Tra i beni, sigilli anche alla clinica "Nova Salus"

Un professionista contiguo alla ‘ndrangheta. Per la magistratura reggina questo sarebbe Francesco Cellini, noto medico chirurgo reggino a cui, questa mattina, gli uomini della guardia di finanza hanno notificato un provvedimento di confisca del patrimonio per l’ingente cifra di 25 milioni di euro. 

Gli accertamenti

Gli accertamenti economico/patrimoniali svolti dalle fiamme gialle reggine hanno consentito di ricostruire il complessivo dei beni di cui Francesco Cellini e il suo nucleo familiare sono risultati poter disporre, direttamente o indirettamente - nell’ultimo trentennio -  accertando la sproporzione esistente tra il profilo reddituale e quello patrimoniale, motivo per il quale, nel 2018, la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della citata Dda, disponeva la misura cautelare del sequestro sull’ingente patrimonio illecitamente accumulato dal medico, costituito, tra l’altro dalle società “Anphora S.c.a.r.l.” (che gestiva la nota clinica “Nova Salus”), “Nuova Anphora s.r.l.” e “Nuova Salus s.r.l. in liquidazione”, operanti in Villa San Giovanni nel settore sanitario-riabilitativo, affidandone la gestione ad amministratori giudiziari.   

Il provvedimento

Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione, presieduta da Ornella Pastore, su richiesta del procuratore aggiunto Gaetano Pani e del sostituto procuratore Walter Ignazitto. Francesco Cellini era stato sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno.

Le verifiche

Nel corso degli accertamenti, gli uomini del Gico hanno appurato come il medico chirurgo, "esclusivo dominus occulto delle predette società - nelle cui compagini figuravano, invece, terzi soggetti conviventi, ovvero legati da vincoli parentali o fiduciari - aveva impresso alla gestione una stabile connotazione clientelare, strumentale e condizionata alle volontà degli esponenti apicali della ‘ndrangheta reggina, tale che le società sono state, poi, ricondotte dal Tribunale nel genus delle “imprese mafiose” poiché fortemente caratterizzato dalla contiguità ‘ndranghetistica del proposto".

Conti bancari sotto controllo

Attraverso accertamenti bancari sulle movimentazioni di decine di conti corrente, i finanzieri hanno rilevato, nel corso degli anni, l’utilizzo illecito e promiscuo, da parte di Francesco Cellini di cospicue risorse finanziarie prelevate dalle casse sociali per essere reimpiegate, a fini personali - quali, ad esempio, l’acquisto di immobili - ovvero per sottrarli ai creditori. 

Con riferimento alla liceità dei redditi prodotti da Cellini e dal relativo nucleo familiare, il Gico ha, altresì, appurato come "a partire dall’anno 2000, i redditi erogati, a favore del medico, dal Servizio sanitario nazionale, erano stati percepiti in costanza di una condizione di incompatibilità, in violazione dei particolari vincoli stabiliti dalla normativa di categoria pertanto, ai fini della ricostruzione della capacità economico-patrimoniale, erano da considerarsi frutto di illecito".

Donanzioni e cespiti

Gli ulteriori approfondimenti patrimoniali hanno accertato inoltre: la riconducibilità indiretta a Francesco Cellini di ulteriori cespiti intestati a terzi che, spiegano dal Comando provinciale "pur costituitisi in giudizio, non hanno dimostrato l’estraneità al complessivo illecito “programma” del professionista; atti di donazione ai familiari conviventi, di cespiti che - ritenuti frutto di sottrazione di risorse dalle casse delle citate società - il Tribunale ha dichiarato nulli poiché preordinati all’elusione della misura di prevenzione patrimoniale".

Dipendenti intimiditi

Da ultimo, a seguito dell’operato sequestro, il professionista, esautorato dalla gestione della clinica, nel tentativo di mantenerne comunque il controllo, avrebbe intimidito i dipendenti collaborativi con l’amministrazione giudiziaria al fine di boicottarne la gestione, venendo pertanto deferito e rinviato a giudizio per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

La confisca

Con l’odierno provvedimento, la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, condividendo l’intera ricostruzione economico-patrimoniale e le argomentazioni formulate dai Reparti, anche in sede di controdeduzioni alle memorie e perizie tecniche rassegnate dai collegi difensivi, ha disposto nei confronti del medico l’applicazione: della misura patrimoniale della confisca del patrimonio a questi direttamente e indirettamente riconducibile, stimato in circa 25 milioni di euro e costituito dall’intero compendio aziendale (comprensivo delle quote e di 13 immobili) delle società “Anphora Cooperativa Sociale a r.l.” (compresa la nota Clinica “Nova Salus”), “Nuova Anphora s.r.l.” e “Nova Salus s.r.l. in liquidazione” con sede a Villa San Giovanni; da 2 beni fabbricati siti in Villa San Giovanni; da 1 sito in Scilla, nonché da rapporti bancari, polizze assicurative e disponibilità finanziarie.

Le misure di prevenzione

Ma non solo. Nei confronti di Francesco Cellini è stata emessa la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per anni quattro, atteso che il proposto, attraverso svariate condotte perpetratesi senza soluzione di continuità dal 1988, è risultato aver usufruito dell’appoggio, della protezione, della sovvenzione economica e della sponsorizzazione delle cosche Tegano, Bertuca e Serraino, senza tralasciare relazioni più o meno occulte con appartenenti alla zona grigia, sfruttando le sue conoscenze nella società civile e negli ambienti politici; del divieto per il proposto e i conviventi - in via anticipata, come previsto dalla normativa antimafia - di ottenere licenze o autorizzazioni, concessioni, erogazioni, abilitazioni, iscrizioni in pubblici registri, nonché in elenchi di fornitori di beni e servizi riguardanti la Pubblica amministrazione, ovvero la sospensione della relativa efficacia.

La figura criminale

La figura criminale di Francesco Cellini, secondo quanto affermato dagli investigatori, era, tra l’altro, emersa nell’ambito: dell’operazione “Sansone” - condotta dal comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, nel corso della quale il medesimo, all’epoca medico responsabile e legale rappresentante della cooperativa Anphora che gestiva la clinica “Nova Salus”, di Villa San Giovanni, era risultato in rapporti sinallagmatici con  Pasquale Bertuca, capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, al quale aveva dato la propria disponibilità al ricovero, presso la predetta struttura sanitaria, di soggetti mafiosi a questi vicini, al fine di consentire l’accesso a trattamenti penitenziari meno afflittivi della detenzione carceraria.

L'operazione Meta

Nell’operazione “Meta” - condotta dal Ros dei carabinieri – nel cui ambito erano emersi i rapporti di Cellini con il boss calabro-milanese Giulio Giuseppe Lampada e con il politico Alberto Sarra, unitamente ai quali progettava la costruzione - mai avvenuta - di una clinica nella frazione di Gallico, all'interno di una proprietà dello stesso Lampada; di diversi procedimenti penali scaturite da e contestazioni fiscali/tributarie originati dagli esiti di plurime attività di verifica ai fini delle Imposte dirette, svolte dalla guardia di finanza reggina, tra il 2002 e il 2011, nei confronti della citata cooperativa “Anphora”, da cui è emerso che  Francesco Cellini ha, nel tempo, fatto sistematico ricorso a molteplici condotte di evasione fiscale accompagnate da falso in bilancio e dall'emissione di fatture per operazioni inesistenti, in totale spregio della normativa fiscale, tributaria e antiriciclaggio, finalizzate al reimpiego di proventi illecitamente acquisiti.

Le dichiarazioni dei collaboratori

In tale contesto, si inseriscono anche le dichiarazioni rese da più collaboratori di giustizia – ed in particolare quelle fornite da ultimo da Giuseppe Liuzzo -, che certificano collegamenti tra Francesco Cellini e la ‘ndrangheta risalenti già ai primi anni novanta, allorquando il medico avrebbe effettuato prestazioni sanitarie agli allora latitanti Pasquale Tegano e Giovanni Tegano, nonché a favore di Vincenzo Zappia attinto da colpi d’arma da fuoco durante un agguato.

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