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Giovedì, 25 Aprile 2024

Migranti sfruttati nei campi e l'inferno della baraccopoli: retata e sequestri nella Piana | VIDEO

L'operazione "Euno" dei carabinieri di Reggio Calabria, coordinata dalla procura di Palmi, ha portato all'arresto di 18 caporali, di cui 13 in carcere; 11 gli imprenditori agricoli coinvolti

Una rete ben organizzata di "caporali" di origine africana è stata smantellata dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, agli ordini del colonnello Giuseppe Battaglia. Extracomunuitari che sfruttavano i loro connazionali nei campi e costringevano le donne a prostituirsi all'interno della baraccopoli di San Ferdinando e nel campo containers di Rosarno, sono stati arrestati questa mattina, in concorso con i titolari di aziende agricole e cooperative  del luogo, nel corso dell'operazione "Euno", coordinata dalla Procura di Palmi.

Ventinove sono le persone accuisate, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti o psicotrope.

I nomi degli arrestati

Sono finiti in carcere: Agbevadi Johnny Amenyo, 37 anni, ghanese; Mark Benjamin, 78 anni, ghanese; Haadi Dimbie, 31 anni, ghanese; Joseph Jerry, 38 anni, liberiano;  Kader Karfo, 41 anni, ivoriano; Lo Cheikh, 68 anni, senegalese; Babacar Ndiaye, 54 anni, senegalese; Ibra Ndiaye, 36 anni, senegalese; Mbaye Ndiaye, 53 anni, senegalese; Gorgui Diouma Sarr, 36 anni, senegalese; Ballan Sidibe, 43 anni, ivoriano; Nuhu Suleman, 39 anni, ghanese; Kouda Yabre, 46 anni, burkinabè.

Arresti domiciliari: Daniele Bruzzese, laureanese, 30 anni; Carmine Giuseppe, Cannatà, rosarnese, 29 anni; Vincenzo Galatà, melicucchese, 50 anni; Annunziato Larosa, rosarnese, 51 anni; Vincenzo Domenico Porretta, rosarnese, 69 anni; Giuseppe Savoia, taurianovese, 47 anni; Domenico Ventrice, rizziconese, 64 anni; 

Obbligo di dimora e obbligo di presentazione alla p.g: Moussa Diakite, ivoriano, 36 anni; Abdou Khadim Diop, senegalese, 36 anni; Amath Ndiaye, senegalese, 59 anni; Obbligo di dimora per Giuseppe D''Agostino, polistenese, 37 anni; Michele Fidale, polistenese, 61 anni; Giuseppe Careri, rosarnese, 60 anni (divieto di dimora); Obbligo di presentazione alla p.g: Osei Victor Afere, ghanese, 31 anni;  Giacomo Condello, polistenese, 42 anni; Maliki Gouem, burkinabè, 54 anni

Le indagini

L'operazione "Euno", dal nome dello schiavo siciliano che, nel 136 a.C., guidò la prima guerra servile contro il possidente terriero Damofilo, giunge all’esito di una complessa ed articolata attività d’indagine, condotta dalla stazione carabinieri di San Ferdinando e dalla compagnia di Gioia Tauro,  come spiega  il tenente colonnello Andrea Milani

e supportata dagli specialisti del Nucleo ispettorato del lavoro di Reggio Calabria, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, diretta dal procuratore capo Ottavio Sferlazza, nel periodo compreso tra il mese di luglio 2018 ed il mese di gennaio 2019.

L'attività, scattata in seguito alla denuncia di un bracciante agricolo, senegalese, nei confronti di un caporale di nazionalità ghanese, avrebbe permesso, attraverso servizi di pedinamento, osservazione, riprese video, testimonianze di persone informate sui fatti e intecettazioni, di far luce sull’esistenza di una vera e propria rete di "caporali", composta da cittadini extracomunitari di origine centrafricana, all’epoca dei fatti domiciliati presso  la baraccopoli di San Ferdinando e nel Comune di Rosarno che in concorso con i titolari di aziende agricole e cooperative, che operano nel settore della raccolta e della vendita di agrumi nella Piana di Gioia Tauro, erano dediti alle attività di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai danni di braccianti agricoli extracomunitari e alla commissione di ulteriori reati quali il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione di donne africane e la detenzione ai fini di spaccio di marijuana.

La dichiarazione del procuratore di Palmi

"E' un'operazione importante che ha messo la parola fine al terribile fenomeno dello sfruttamento", ha sottolineato il procuratore di Palmi Ottavio Sferlazza che all'esito delle indagini ha registrato "l'assenza di scelte politiche che dovrebbero risolvere e prevenire questi fenomeni assicurando a questa gente condizioni di vita dignitose che potrebbero esporli a minori pericoli".

Le misura cautelari

Le indagini, che si sono avvalse anche del prezioso contributo del Nucleo ispettorato del lavoro dell’Arma, avrebbero consentito, spiegano dal comando provinciale "di elaborare un qualificato e solido quadro indiziario a carico di tutti gli indagati". Diciotto i "caporali" fermati, di cui 13 destinatari di custodia in carcere, 3 di obbligo di dimora e 2 di obbligo di presentazione alla p.g.,. Undici gli imprenditori agricoli coinvolti, di cui 7 agli arresti domiciliari, 2 con obbligo di dimora, uno con divieto di dimora e uno con obbligo di presentazione alla p.g.. che durante l’intera stagione agrumicola 2018-2019, in modo sistematico, "reclutavano manodopera straniera anche irregolare, provvedendo a trasportare gli operai presso le aziende agricole locali che operano nel settore della raccolta e vendita di agrumi e, con la compiacenza dei titolari delle imprese (tre delle quali destinatarie di misura ablativa reale), ad impiegarli, approfittando del loro stato di bisogno, in condizioni di evidente sfruttamento".

Lo sfruttamento dei migranti e il baciamano

La filiera dello sfruttamento iniziava alle prime luci dell'alba, intorno alle 5, quando i caporali, alla guida di minivan e veicoli, il più delle volte inidonei alla circolazione su strada ed al trasporto di persone, dopo un ossequioso baciamano, iniziavano a caricare a bordo i braccianti agricoli radunati nei punti di raccolta come la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo containers di Rosarno, da dove venivano poi trasportati, in condizioni di estremo disagio, nei diversi fondi agricoli sparsi nel territorio della Piana di Gioia Tauro per essere impiegati nella raccolta degli agrumi. 

Le condizioni disumane e la paga

I braccianti erano costretti a lavorare in condizioni precarie, obbligati a raccogliere mandarini ed arance 7 giorni su 7, festivi compresi, per 10-12 ore consecutive, con pause contingentate e sprovvisti di qualsiasi dispositivo di protezione individuale e di tutela della salute. I carabinieri avrebbero accertato, inoltre, che ciascun lavoratore riceveva una paga giornaliera in relazione al numero di cassette di frutta raccolte (circa un euro a cassetta) e comunque non superiore a somme oscillanti tra i due e i tre euro per ogni ora di lavoro, in palese violazione della normativa giuslavoristica in materia di retribuzione, come spiega il capitano Gabriele Lombardo, comandante compagnia carabinieri di Gioia Tauro.

All’interno dei furgoni, omologati per il trasporto di non più di 9 passeggeri compreso il conducente, i "caporali" riuscivano a caricare sino a 15 persone in un’unica soluzione, costringendo così i braccianti agricoli, già provati dalle scarse condizioni di vita all’interno della baraccopoli, a trovare posto su sedili di fortuna realizzati con tavole in legno, secchi di plastica, cassette per la raccolta e pneumatici usati di autoveicoli. "In alcune occasioni - spiegano ancora dal comando provinciale - i militari hanno sorpreso alcuni lavoratori che, rannicchiati all’interno del bagagliaio di autovetture station wagon, non hanno esitato a scappare al fine di non farsi identificare per paura di subire eventuali sanzioni".

Spaccio e prostituzione

La complessità delle indagini ha permesso di documentare alcuni episodi di detenzione ai fini di spaccio di marijuana e di condotte di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione da parte di un cittadino liberiano, destinatario di provvedimento restrittivo, che si occupava del trasporto di donne, di nazionalità nigeriana, da Rosarno verso la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo containers di Rosarno dove erano costrette a prostituirsi e a cedere successivamente parte del ricavato al loro sfruttatore.

I sequestri

Nell’ambito dell’operazione "Euno", sono stati sottoposti a sequestro preventivo tre attività imprenditoriali a Polistena, Rizziconi e Laureana di Borrello, e 18 beni mobili registrati per un valore stimato di oltre un milione di euro.

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