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Il libro / Polistena

"L'inchiesta spezzata di Pier Paolo Paolini": presentato il libro di Simona Zecchi

Organizzata dalla fondazione Girolamo Tripodi l'iniziativa si è tenuta a Polistena. L'autrice del volume affronta il "caso ancora aperto" di Pasolini

Il volume “L'inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini. Stragi, Vaticano, Dc: quel che il poeta sapeva e perché fu ucciso”, edito da Ponte alle Grazie, è stato presentato a Polistena, presso la Comunità Luigi Monti. 

Promossa dalla Fondazione Girolamo Tripodi, la presentazione del libro di Simona Zecchi, ha suscitato molto interesse e ha visto la partecipazione di numerosi cittadini.

I lavori sono stati aperti dal giornalista Rai Michele Carlino, moderatore dell’incontro, che ha ricordato l’importanza di Pier Paolo Pasolini, la sua capacità poliedrica di intellettuale a tutto tondo sempre vicino al mondo del sottoproletariato e degli ultimi.

Pasolini negli anni ’70 ha rappresentato, forse, l’elemento culturalmente più avanzato, capace di mettere in crisi con il suo lavoro un sistema di potere che lui contrastava a viso aperto e che lo ha eliminato perché lo ha considerato pericoloso per la sua stabilità. 

La rassegna "Senza memoria non c'è futuro"

Subito dopo i saluti Michelangelo Tripodi, presidente della fondazione Tripodi, che ha ringraziato i relatori e i numerosi partecipanti. Tripodi ha ricordato i vari momenti della rassegna culturale “Senza memoria non c’è futuro” che la Fondazione sta portando avanti (tra i quali l’incontro con Claudia Pinelli, figlia di Pino, e la proiezione del docufilm “Pino, vita accidentale di un anarchico” che si è svolto a Polistena; la proiezione del docufilm "Non è un caso, Moro” con la partecipazione del regista Tommaso Minniti; la presentazione del libro "Ustica & Bologna.

Attacco all’Italia" di Paolo Cucchiarelli e il libro “L’estate del golpe – 1973, l’attentato a Mariano Rumor, Gladio, i fascisti. Tra Piazza Fontana e il compromesso storico” (Chiarelettere) di Stefania Limiti) che danno il senso di un progetto organico di approfondimento e riflessione su un tragico periodo che ha contrassegnato e, talvolta condizionato pesantemente e negativamente, la libertà e la democrazia nel nostro paese.

La tragedia dell’omicidio crudele e tribale di Pier Paolo Pasolini si inserisce pienamente nel quadro di quegli eventi, a partire dalla strage di Piazza Fontana. Simona Zecchi con il suo libro ha il grande pregio di fare definitivamente piazza pulita, con documenti e fatti inoppugnabili, del tentativo durato oltre quarant’anni, di rappresentare l’omicidio di Pasolini come un omicidio a sfondo omosessuale per restituirci il reale movente, che è legato al ruolo di Pasolini e alla sua inchiesta su Piazza Fontana e sulle altre stragi che avevano insanguinato l’Italia dal 1969 al 1974: Pasolini era un personaggio scomodo che sapeva e, proprio per questo, doveva essere fatto tacere.

La conoscenza alla base della vita democratica

È poi intervenuto Giuseppe Auddino (insegnante – già senatore della Repubblica) che ha sottolineato come sia necessario che un libro del genere venga presentato nelle scuole per far conoscere ai ragazzi la vicenda di Pasolini perché sono ancora troppi quelli che non sanno e non conoscono. In Italia abbiamo una democrazia incompiuta proprio perché le verità sono state negate e solo grazie al lavoro meritorio di giornalisti e scrittori come Simona Zecchi noi cittadini siamo in grado di raggiungere sprazzi di conoscenza che altrimenti ci vengono negati e che sono invece fondamentali per lo sviluppo della vita democratica. 

Calabria teatro del processo per la strage di Piazza Fontana negli anni '70

Ha preso poi la parola Simona Zecchi: “Nel mio viaggio lungo oltre 10 anni di questa inchiesta, nella quale ho pubblicato prima “Pasolini, massacro di un poeta”, sono finita anche in Calabria dove negli anni ’70 si era svolto il processo per la strage di Piazza Fontana con diversi imputati di varia provenienza: tra questi c’era anche il capo del controspionaggio del Sid Maletti che ho intervistato e mi ha confermato la pericolosità, secondo un certo Stato, che rappresentava Pasolini per le denunce che faceva. Affrontare il caso Pasolini, che è un caso ancora aperto e, infatti, è stato indagato anche dalla commissione antimafia nella scorsa legislatura, rappresenta un modo per immergersi nello spaccato dei segreti italiani.

Pasolini è il caso più aperto per antonomasia perché, oltre il processo, e le quattro indagini aperte e chiuse tra il 1985 e il 2015, nonostante ci sia stato un solo procedimento terminato nel 1979 con la condanna di Giuseppe Pelosi, ancora oggi rimane il cono d’ombra che nasconde gli autori dell’omicidio. L’inchiesta è aperta anche perché il concorso con ignoti del responsabile “ufficiale” dell’omicidio, che ha avuto l’avvocato pagato dalla Dc, è rimasto una falla aperta che non è stata mai chiusa.

Per me questa inchiesta, lo scoprire il chi, il come e il perché è un po' come togliere un mattone fradicio da una costruzione, come se togliendo questo mattone riguardante Pasolini venisse giù tutto, perché Pasolini aveva capito che si doveva indagare in una certa direzione e stimolava i giornalisti ad approfondire determinati ambiti”.

Simona Zecchi ha poi parlato della corrispondenza, ritrovata e pubblicata nel libro, tra Giovanni Ventura e Pier Paolo Pasolini, della vicenda del furto delle bobine delle scene finali dell’ultimo film di Pasolini “Salò o le 120 giornate di Sodoma” avvenuto nell’agosto 1975 che lo scrittore voleva ritrovare e che sono state l’esca per il suo assassinio, ha evidenziato le analogie e i collegamenti esistenti tra il caso Pasolini e il caso Moro, fatti tragici avvenuti a distanza di due anni e mezzo l’uno dall’altro e rimasti entrambi avvolti nel segreto. Inoltre, la scrittrice ha fatto proiettare alcune foto del corpo martoriato di Pasolini e della scena del delitto all’idroscalo di Ostia che dimostrano in maniera inequivocabile come sul posto quella notte si trovassero più persone e più mezzi mobili (autovetture e motociclette), ricostruendo le varie fasi dell’assassinio e anche evidenziando le armi che sono state utilizzate e che sono leggibili sul corpo di Pasolini, ma non sono mai state ritrovate. Simona Zecchi ha espresso un grande rammarico per il fatto che a suo parere la magistratura aveva tutti gli elementi per proseguire nelle indagini, ma, evidentemente per ragioni politiche, non ha voluto andare avanti per fare luce sull’omicidio, perché ciò avrebbe significato chiamare in causa le espressioni del potere costituito.

La sala che ha ospitato la presentazione del libro-2
La fondazione ringrazia i relatori e tutti i partecipanti a questo bellissimo momento di confronto e di approfondimento sulla vicenda tragica e drammatica di Pier Paolo Pasolini che ha segnato profondamente la vita del nostro paese e ha cambiato, chiaramente in negativo, il destino dell’Italia.
La rassegna “Senza memoria non c’è futuro” proseguirà con altri importanti momenti di incontro.

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