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Sabato, 27 Aprile 2024
La battaglia dell'imprenditore

Quattrone protesta ancora con il cappio al collo: "Se morirò, sarà da uomo"

L'imprenditore reggino ha iniziato un sit in a oltranza davanti alla corte d'appello, dove vuole rimanere fino a quando non otterrà la revisione del processo

"Stanotte, mentre ero qui all'addiaccio, ho pensato che questo cappio di catene che ho messo al collo io lo porto davvero da tredici anni ma è invisibile e nessuno lo ha mai notato". Francesco Quattrone, l'imprenditore reggino a cui la legge non ha mai restituito i beni confiscati nella vicenda giudiziaria da cui poi è uscito assolto, ha ripreso la sua protesta. Da quattro giorni e altrettanti notti è una presenza dolente eppure dignitosa davanti alla corte d'appello, incatenato accanto agli striscioni dai quali lancia l'ennesimo appello.

La sua crociata è iniziata nel 2022, quando la Cassazione ha rigettato la sua richiesta di revisione del processo. E dopo le recenti iniziative, l'eclatante scalata su una gru del cantiere del nuovo palazzo di giustizia e le trasferte a Catanzaro e Roma, questo sit in a oltranza sembra quello più disperato. Il ristoratore è allo stremo delle forze, ma non intende retrocedere se non per alcune agghiaccianti eventualità che potrebbero interrompere la protesta ed ha elencato in un cartello che mette i brividi: sentirsi male o morire. 

La nuova protesta ad oltranza giorno e notte incatenato in strada

Francesco Quattrone, titolare di alcuni noti ristoranti a Gallina, era stato coinvolto nell'inchiesta Entourage della Dia e nel 2010 arrestato con l'accusa di associazione mafiosa, in via cautelare con il 416-bis. Scarcerato dopo venti giorni, era però stato disposto il sequestro dei suoi beni per il valore di circa 20 milioni di euro come misura preventiva, in un procedimento parallelo e slegato da quello penale, istruito davanti alla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio. Una confisca diventata poi definitiva nonostante Quattrone dieci anni dopo sia stato assolto perché il fatto contestato non sussiste. L'imprenditore e i suoi avvocati chiedono la revisione del processo per ottenere lo sblocco dei beni e se necessario arriveranno fino a Strasburgo, basandosi anche sulla richiesta all'Italia della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per modificare la disciplina della confisca (nel nostro ordinamento legata non al reato ma alla pericolosità sociale) perché lederebbe la presunzione di innocenza. La stessa Cedu però in passato su specifici ricorsi si è pronunciata a favore della misura preventiva.

Gli striscioni di Quattrone

Dopo un primo rinvio, i tempi burocratici per l'attesa udienza si allungano ancora. "Mi hanno detto - dichiara il ristoratore - che avrò una risposta tra quattro o cinque mesi, che per loro non sono nulla ma per me sì, io fino ad allora resterò qui. Vivo in una stanza senza luce e acqua e neanche la porta, per me lì o qui non fa differenza, anzi preferisco aspettare vicino al luogo dove dovrebbe esserci quella vera giustizia giusta che mi è negata e io continuo a cercare". Non importa quanto tempo servirà perché Quattrone è pronto a trascorrere davanti al palazzo anche il Natale: "Per me è un giorno come un altro, ormai non mi accorgo più quando finisce una settimana e se è domenica o lunedì".

Quattrone è pronto a trascorrere all'addiaccio anche il Natale

Le condizioni di vita di Francesco Quattrone sono sempre più drammatiche. L'uomo si mantiene con poco più di 300 euro al mese e racconta che in questi anni non ha perso soltanto il patrimonio frutto di anni di lavoro: "Si è spaccata anche la mia famiglia, è stata una tragedia per tutti noi. Mi restano pochi euro al giorno per la sopravvivenza, quello che riesco a guadagnare raccogliendo castagne lo uso per pagare i consumi elettrici a mia figlia che è senza lavoro e ha tre bambini".

Eccetto il procuratore Giovanni Bombarbieri, che lo aveva incontrato l'anno scorso, nessuno delle istituzioni e della politica locale ha mai ascoltato Quattrone o ha voluto esprimere solidarietà sui luoghi della protesta. L'unico intervento è arrivato dalla presidente della corte d'appello. La voce dell'imprenditore tradisce il pianto e spiega: "La presidente mi ha detto che non vuole che io stia qui di notte al freddo e mi ha offerto una stanza. So bene che se rimango a lungo così potrei svenire ma se morirò sarà da uomo, queste parole le ho scritte a mia figlia. Non ho mai rubato o fatto del male, la legge in questo paese è di chi la fa e io l'ho subita. Vale la pena morire per affermare questo principio". 

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