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Cronaca Gioia Tauro

Inchiesta "Jobless money", famiglie di boss al 41 bis con il reddito di cittadinanza

Sono 37 i "furbetti" scoperti dai Carabinieri di Gioia Tauro, fra questi alcuni componenti della cosca Piromalli-Molè e figure apicali del mandamento tirrenico

Elementi di spicco della cosca Piromalli-Molè di Gioia Tauro, ma anche donne che, intenzionalmente, hanno dimenticato di comunicare all’Inps la presenza nel proprio nucleo familiare di soggetti detenuti in regime di carcere duro. É questa l’ultima fotografia sui percettori del reddito di cittadinanza scattata dai Carabinieri della compagnia di Gioia Tauro, guidato dal comandande provinciale Giuseppe Battaglia, con l’inchiesta “Jobless money”. I nuovi “furbetti” del reddito di cittadinanza: sono in tutto 37. 

Le indagini

Le indagini, condotte dai militari di Gioia Tauro col supporto specialistico del Nucleo Ispettorato del Lavoro, sono il frutto di un’attenta attività di analisi delle istanze presentate dai percettori del reddito di cittadinanza dalle cui verifiche, effettuate anche attraverso un esame incrociato dei dati acquisiti con le informazioni presenti nelle banche dati in uso alle Forze di polizia e con riscontri sul terreno, è stato possibile appurare numerose irregolarità nelle procedure di attestazione e del possesso dei requisiti previsti.

I controlli

Diverse sono state le anomalie emerse dagli accertamenti espletati sui soggetti percettori, gran parte dei quali elementi di spicco della cosca di ‘ndrangheta Piromalli – Molè di Gioia Tauro. Tra questi figurano non solo soggetti già condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso (di cui 2 anche in atto sottoposti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno) e figure apicali della ‘ndrangheta del mandamento Tirrenico, ma anche donne che, intenzionalmente, avevano omesso di segnalare agli enti competenti all’erogazione del reddito di cittadinanza la presenza all’interno del proprio nucleo familiare di soggetti detenuti all’ergastolo in regime di cui all’articolo 41 bis, già elementi di spicco della locale consorteria di ‘ndrangheta, gravati da misure cautelari personali ovvero condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Le difformità

Altra comune modalità di falsa attestazione rilevata dagli investigatori ha poi riguardato le difformità emerse nella indicazione della reale residenza e dei componenti del nucleo familiare, atteso che la norma consente che l’elargizione debba essere effettuata tenendo conto anche dell’effettivo “reddito familiare” e non solo del singolo richiedente: dal caso della madre con il figlio, entrambi percettori di reddito di cittadinanza, i quali avevano dolosamente dichiarato di appartenere a due nuclei familiari distinti, benché nei fatti conviventi sotto lo stesso tetto, al giovane che aveva fittiziamente modificato l’indirizzo di residenza presso un’abitazione diversa, rivelatasi poi essere un vero e proprio rudere fatiscente e in stato di abbandono, privo di utenze e servizi.

I casi eclatanti

Eclatanti, inoltre, i casi di altri soggetti che, nonostante fossero stati destinatari - a seguito di condanna passata in giudicato - della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e quindi impossibilitati ad accedere a qualunque tipo di beneficio pubblico, erano riusciti ad ottenere comunque l’erogazione del reddito di cittadinanza ovvero quello di un cittadino che, pochi mesi prima di ottenere il reddito di cittadinanza, aveva acquistato un veicolo nuovo, a conferma di un tenore di vita normale e comunque di un profilo soggettivo non rientrante nelle categorie previste dalla legge come possibili destinatari del beneficio.

Il danno economico

Le irregolarità riscontrate, a carico di 37 cittadini, di cui 33 italiani e 4 stranieri, hanno consentito di stimare il danno erariale complessivo arrecato alle casse dello Stato in circa 279.000 euro, scongiurando, per il tratto a venire, un ulteriore ammanco di circa 134.500 euro, somme che i percettori avrebbero altrimenti incassato senza il tempestivo intervento dei militari dell’Arma.

La Procura di Palmi

Gli esiti delle indagini sono stati quindi immediatamente segnalati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Palmi, retta dal Procuratore capo Ottavio Sferlazza, la quale ha fornito il proprio nulla osta all’interruzione dell’elargizione del sussidio per i 37 soggetti deferiti a piede libero dai militari dell’Arma. Si tratta, in definitiva, di un’attività che, nelle diverse fasi, ha permesso di interrompere, ancora una volta, l’indebita percezione di sussidi pubblici anche e soprattutto a favore di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata della Piana di Gioia Tauro, nel tentativo di porre le basi per l’affermazione di una giustizia sociale molto spesso compromessa dalle logiche mafiose.

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