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Cronaca

Violenza sulle donne al tempo del covid-19, gli esperti: “Mancano le risposte delle Istituzioni"

In un momento storico in cui bisogna rimanere in casa, le vittime di maltrattamenti domestici sono maggiormente in pericolo. La situazione su Reggio spiegata da Nasone, Cusumano e Gambardella

“Restate a casa, è l’unica soluzione”. Uno slogan chiaro e diffuso in ogni zona del Paese ormai da settimane. Per combattere la pandemia da coronavirus bisogna uscire il meno possibile e attendere tempi migliori. C’è chi però nella parola “casa” non vede sicurezza, conforto e piacevole quotidianità. 

Il delicato quanto spregevole fenomeno della violenza sulle donne non conosce limiti o quarantene. Il covid-19 ha stravolto la vita di tutti. Le donne che, però, sono vittime di maltrattamenti domestici vedono così amplificata l’enorme problematica che sono costrette a fronteggiare. 

Noi di ReggioToday abbiamo raccolto il parere di esperti e specialisti del settore, così da avere un quadro completo anche sul territorio di Reggio.

Mario Nasone

Nasone Mario-2Esponente di indubbia valenza sul tema, il coordinatore dell’Osservatorio regionale sulla violenza di genere ha analizzato il flusso di chiamate nei centri di Reggio e la presenza di casi particolari da risolvere: “In questo momento non mi risultano segnalazioni importanti. Il problema persiste e basta vedere quello che è successo a Messina con l’ultimo femminicidio. Il difficile periodo che stiamo vivendo è meno indicato per denunciare perché le donne sono costrette a stare in casa e hanno maggiore difficoltà ad effettuare la chiamata. Quando il marito o il compagno è fuori possono farlo, ora che sono dentro è una situazione più particolare e rischiosa. La convivenza crea ulteriore tensione nelle famiglie dove già c’era conflittualità.

Qualcuno ha detto che questa emergenza – riflette Mario Nasone - è come un pettine che sta facendo venire fuori i nodi non sciolti. Anche nella violenza sulle donne sta facendo uscire nodi importanti, dove mancano le reali risposte delle Istituzioni per tutelare le vittime che denunciano. Se noi avessimo ad esempio 100 chiamate con bisogno di allontanarsi dalle proprie abitazioni, le donne dove andrebbero? Negli ultimi anni abbiamo denunciato che i posti nelle case rifugio sono esauriti e l’emergenza ha amplificato tutto.”

Un fenomeno strettamente legato alla pandemia, anche nei nostri territori, è l’abbassamento delle denunce. I fattori scatenanti, per Mario Nasone, sono due: “Il compagno può tenere la donna sotto tiro più facilmente e loro stesse sanno di non avere certezze perché nel momento in cui chiedono aiuto non c’è la possibilità di intervenire subito. Speriamo che la situazione non continui per molto perché il rischio di trovarsi al capolinea e vivere situazioni irreversibili aumenta. Da considerare anche la povertà economica: molte donne lavorano in servizi domestici e come badanti, ma quando tutto si è bloccato sono diventate più ricattabili perché non hanno ne alloggi ne un reddito che permetta di vivere. É una corsa ad ostacoli difficilmente percorribile.”

Il lavoro per fronteggiare ogni forma di violenza passa anche dalle Istituzioni e dagli organi preposti. In tal senso Mario Nasone ci spiega che “le forze dell’ordine stanno facendo il loro dovere, a mancare sono le Istituzioni come Comuni e Regione. Loro dovrebbero garantire la protezione per queste donne. Noi stiamo chiedendo alle donne di denunciare perché è il primo passo per trovare conforto, ma non basta. Si dovranno rilanciare alcune proposte come aumentare i centri antiviolenza e soprattutto case di rifugio e nuovi servizi, garantire diritto al lavoro e ai figli l’accompagnamento che finora viene negato. Sono vuoti che questa crisi ha accentuato ancora di più. Solo il 13% delle donne si rivolge ai centri specializzati in situazioni normali, figuriamoci adesso in tempo di coronavirus.

La Prefettura – aggiunge – aveva previsto un tavolo. Noi abbiamo sollecitato il protocollo. Importante che si riparta lavorando sulla concretezza. Ognuno deve fare di più. Anche con l’Agape stiamo sostenendo la cooperativa ‘Solo insieme’ con donne che lavorano in un bene confiscato ma che ora sono in cassa integrazione. Bisogna rafforzare quella rete di protezione che è purtroppo debole nei territori calabresi. 400 mila euro stanziati dalla Regione sono una cifra ridicola e bisogna lavora su questo. I mass media devono dare più spazio.”

Giovanna Cusumano

Cusumano Giovanna-2Il secondo parere raccolto dalla nostra redazione vede protagonista l’avvocato e vice coordinatrice dell’Osservatorio regionale sulla violenza di genere, che ha fotografato l'attuale situazione: “Ciascuno di noi dell’Osservatorio è rimasto in contatto con una serie di realtà associative. Parlerò con l’assessore con delega alle pari opportunità Catalfamo nei prossimi giorni. Le Istituzioni stanno chiaramente fronteggiando l’aspetto medico/scientifico e non posso che essere d’accordo. La nuova legislatura è cominciata da 60 giorni, il tempo di organizzare il primo Consiglio regionale e lo capisco.

A Reggio la Questura ha istituito – spiega Giovanna Cusumano – l’app Yuopol e la risposta da parte della polizia sicuramente c’è. Il decreto con iter straordinario per l'erogazione di 30 milioni di fondi antiviolenza, ad esempio, è un’altra notizia passata in sordina. Bisognerebbe pubblicizzarle, io nel mio piccolo me ne sono fatta carico di inoltrarlo ai miei contatti ma non è sufficiente.”

Una riflessione significativa che sposta l’attenzione sulla valenza dell’informazione: “L’aiuto dei media è importante perché proprio la comunicazione adesso è limitata a dire ‘stare a casa, lavatevi spesso le mani’ ed è giusto ma non si parla di denunce sui maltrattamenti. I giornali locali possono farsi promotori di veicolare una comunicazione incisiva in favore delle vittime di violenza. 

Se io sono una donna che subisce violenze e già vivevo situazioni fragili, adesso non vedo punti di riferimento perché immagino che il Paese sia giustamente concentrato sul coronavirus. Si tende a pensare questo ma non è così in verità. Noi possiamo sanare questo aspetto con un’adeguata comunicazione. Deve passare un’informazione incisiva sul fatto che le violenze sulle donne non sono diminuite. Se le denunce si sono abbassate al 50% a marzo però continuano i casi come il recente femminicidio a Messina, qualcosa vorrà dire? Se manca la comunicazione gli strumenti per contrastare la violenza non si conoscono e vengono annacquati. Oggi l’informazione serve più di ieri”

Il percorso di cambiamento verso una consapevolezza ben diversa parte ovviamente dai valori del Paese da trasmettere già nel sistema scolastico: “Se nelle scuole non si fa un determinato lavoro con continuità ed esempi giusti non cambia la cultura. Non servono progetti isolati ma duraturi. La targa dedicata ad una vittima di violenza partiva dal fondamentale studio della memoria. Mi rendo conto che adesso virtualmente diventa tutto più difficile, ma deve restare una traccia agli alunni con il ricordo così come avviene per la giustissima commemorazione dei morti per mafia. Bisogna fare lo stesso con le vittime di femminicidio.”

Patrizia Gambardella

Gambardella Patrizia-2Ultima ma non meno importante analisi è stata fornita dall’ex magistrato onorario della Procura di Reggio Calabria e presidente de “Il cuore di Medea Onlus”. Di grande importanza il lavoro dell’associazione anche in tempo di coronavirus: “Chiaro che la convivenza forzata porta ad esasperare le situazioni già presenti. Proprio stamattina, ad esempio, con i carabinieri abbiamo trovato un luogo per far stare una donna maltrattata dal marito. Lei l’aveva ripreso a casa, ma le cose non cambiano solo perché c’è il coronavirus. Chiaro che adesso è tutto più complicato. 

Noi come associazione stiamo aiutando le nostre donne portando il cibo o se bisogna da fare qualche altra incombenza. Non è vero che il mondo si è completamente fermato. Gli avvocati continuano ad andare avanti e ognuno nel proprio piccolo lavora per portare avanti soluzioni. Anche l’economia è un problema. Molte di queste donne fanno lavori in nero e quindi adesso non percepiscono nulla. Mi auguro che la pandemia faccia capire a tutti che le cose in Italia devono cambiare. Noi abbiamo difficoltà a trovare un’occupazione alle vittime. Complicata è anche la ricerca di un posto dove farle stare, a maggior ragione se ci sono anche bambini."

Fondamentale per tutte le vittime di violenza farsi forza per affrontare il peggio. Servono appelli concreti, come fatto dalla stessa Gambardella: “Fate in modo di effettuare una chiamata a qualcuno che possa avvisare. Lo capisco che è difficile ma specialmente se ci sono bambini a casa bisogna avere il coraggio di essere aiutati. Fuori c’è gente che può aiutare le donne vittime di violenza, non sono sole. Ci vedono quando facciamo incontri e sanno che ci sono associazioni. Una cosa è saperlo, un’altra è avere il coraggio di farlo. Noi sulla nostra pagina Facebook abbiamo messo anche la nostra mail e se arriva una richiesta noi ci attiviamo subito. Abbiamo un gruppo con la polizia e cerchiamo di portare avanti questo aiuto.

Molte donne – sottolinea Patrizia Gambardella – avevano cominciato un percorso prima del coronavirus. Venivano nella nostra sede e facevano colloqui con la psicologa e adesso è fermo quest’aspetto. Qualcosa ancora è aperto ma non si esce di casa ed è più difficile.”

Denunciare non è semplice, ma i modi sono molteplici: “I bambini fanno lezione online – riflette – e certi tipi di padri non sono molto attenti. Che siano i figli stessi a chiedere aiuto attraverso il computer perché loro vedono tutto. Possono dire una parola alla maestra o scriverlo in un compito. Gli insegnanti si dovranno poi attivare e segnalare. Si può denunciare in mille modi e in un momento così complicato bisogna anche inventarsi come chiedere aiuto. Oggi rispetto ad una volta la donna è trattata in maniera di versa da polizia e carabinieri ed è una cosa fondamentale. C’è grande sensibilità e ne sono grata. Qui a Reggio sono veramente attenti e trattano le vittime molto bene.

Per invertire il fenomeno della violenza – ribadisce Patrizia Gambardella – bisogna intervenire nelle scuole già all’asilo. La cultura di un Paese si cambia dall’inizio e lo puoi fare solo lavorando tra gli alunni.”

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