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Domenica, 28 Aprile 2024
Verso il 25 novembre

Violenza di genere, dagli stati generali si chiede una legge regionale aggiornata

La giornata di lavori promossa dall'osservatorio regionale ha lanciato vari input per proposte di contrasto e prevenzione a livello nazionale

Il sorriso di Giulia su una grande fotografia proiettata sullo schermo delle videoconferenze e il fiore giallo della ginestra, che simboleggia umiltà e animo nobile. In consiglio regionale oggi si parla di femminicidio, e gli stati generali contro la violenza di genere promossi dall'osservatorio calabrese esordiscono con l'agghiacciante notizia della vittima numero 106 della lunga, inarrestabile scia di scarpe rosse come il sangue nell'anno in corso. Un'altra donna uccisa, nelle Marche, per mano dell'uomo che le stava accanto, è stata ricordata da Giuseppina Pino, coordinatrice dell'osservatorio da cui si sono snodati lavori che per un'intera giornata hanno messo insieme idee, proposte ed esperienze virtuose di esperti e associazioni, nel comune obiettivo per la prevenzione e il reale contrasto della violenza di genere. 

La Calabria lancia input per un coordinamento nazionale degli osservatori 

I gruppi hanno lavorato su tre macrotematiche: monitoraggio del fenomeno, misure e norme di contrasto (coordinatore Antonio Gioiello); modelli culturali e percorsi educativi (coordinatrice Anna Briante); empowerment e imprenditoria femminile (coordinatrice Giusy Spinella). L'obiettivo degli stati generali è ambizioso, ha ammesso Giusy Pino: "Vorremmo che dalla Calabria partisse l'input per la creazione di un coordinamento degli osservatori che non esiste a livello nazionale, anzi in molte regioni questo organismo non è mai stato costituito". Agli inviti fatti agli altri osservatori sono arrivate varie risposte negative e anche silenzi, ma qualcuno (ad esempio il dottor Claudio Pagliara dell'Asl di Grosseto, ha partecipato al dibattito finalizzato alla condivisione di buone pratiche e progetti. "Oggi proponiamo la  Calabria come incubatore di iniziative fattive - ha aggiunto Pino - e tengo a dire che questa non è una vetrina ma una sede di lavoro per rispondere a un'emergenza sempre più grave con azioni concrete". Fuori da ogni cliché, la coordinatrice parla a cuore aperto di un aiuto verso sorelle in difficoltà: "Dobbiamo realmente tendere la mano a queste donne che non hanno il coraggio, i mezzi e spesso neanche la necessaria sensibilizzazione per dire basta alla violenza. E' un dovere verso i nostri bambini, perché i maschietti non crescano come potenziali assassini né le femmine come vittime predestinate. Essere donna non può diventare una malattia mortale".

Una regione con una legge anacronistica e carenze nella rilevazione dei dati

La situazione della Calabria è caratterizzata da un contesto di legislazione anacronistica e debolezza nella rilevazione dei dati, registrata anche dall'Istat con tanti numeri non pervenuti, ad esempio riguardo gli accessi delle donne al pronto soccorso. La nostra regione ha un'incidenza superiore alla media nazionale per i reati spia (stalking e maltrattamenti) e minore per le violenze sessuali; per i femminicidi l'incidenza dello 0,33 per cento attesta un fenomeno importante ma ancora sommerso, di cui affiora solo la punta dell'iceberg. La legge regionale 20 del 2007, antecedente alla convenzione di Instabul recepita anche sul piano nazionale, è obsoleta, e la principale istanza consegnata alle istituzioni dagli stati generali oggi è proprio questa: una riforma aggiornata e che riordini tutti gli atti e decreti frastagliati esistenti in materia ma slegati e spesso contradditori, che rendono la normativa calabrese non uniforme e inapplicabile. L'altra urgenza è attribuire nuove risorse per l'operatività dei provvedimenti e l'attività dei centri antiviolenza, per cui c'è un impegno preciso del governo. 

Nel pomeriggio l'evento si è concluso tirando le fila del confronto tra i gruppi con una tavola rotonda, moderata dall'avvocato Lucia Lipari e animata anche da esponenti istituzionali, come i garanti regionali Luca Muglia, Antonio Marziale e Anna Maria Stanganelli; la presidente dell'osservatorio regionale per le discriminazioni sul lavoro, Ornella Cuzzupi; il procuratore della Repubblica Giovanni Bombarbieri e il procuratore presso il tribunale dei minorenni reggino, Roberto Di Palma, e, da remoto, la senatrice Susanna Donatella Campione della commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio. 

Cuzzupi e l'azione dell'osservatorio contro le discriminazioni sui luoghi di lavoro

Ornella Cuzzupi ha parlato della proficua attività dell'osservatorio contro le discriminazioni nei luoghi di lavoro: "E' un'iniziativa importante attorno a una tematica che colpisce molto le donne. Questo osservatorio è nato per rappresentare un punto di riferimento del mondo del lavoro calabrese, ai cui cambiamenti bisogna adeguarsi, facendo leva con l'informazione e la formazione delle aziende, per superare certe disdicevoli pratiche che ancora esistono, e vanno dagli ostacoli agli avanzamenti di carriera fino al licenziamento. Azioni - ha aggiunto la dirigente sindacale Ugl - spesso nascoste dietro un muro d’omertà... le discriminazioni possono celarsi persino dietro alcuni incidenti sul lavoro".  L'osservatorio ha di recente iniziato una collaborazione con l'Unar (ufficio nazionale contro le discriminazioni che fa capo alla presidenza del consiglio), una bozza di protocollo d’intesa mirata a contrastare in modo congiunto la discriminazione negli ambienti produttivi, portando la Calabria all'attenzione di palazzo Chigi. 

Muglia: "Serve intervento sistematico per i sex offender anche fuori dal carcere"

Il garante delle persone detenute Muglia ha esposto le criticità nel trattamento degli autori di reato nei reparti dei sex offender o per i crimini a sfondo sessuale - in Calabria questi reparti si trovano nei penitenziari di Arghillà, Vibo e Castrovillari, ma anche negli altri istituti di pena, in presenza di reati simili, si attivano pecorsi di sostegno. "Si tratta però - ha affermato l'avvocato -  di progetti e interventi di natura temporanea, invece credo che sarebbe utile e opportuna la previsione normativa di un intervento sistematico, che continui al di fuori del carcere e in modo personalizzato". Un orientamento che vede i garanti su posizioni divise riguardo la strutturazione di trattamenti che incidono sui modelli culturali o comportano interventi psicologi anche in assenza di patologie. "Penso che bisogni avere come principio cardine - commenta Luca Muglia - l'equilibrio tra la tutela dei diritti dei detenuti e la difesa sociale e la prevenzione della violenza sulle donne, perchè abbiamo visto come senza questo tipo di percorso si verifichino poi recidive. Molti progetti di questo tipo, ad esempio a Castrovillari, hanno offerto un buon riscontro. Condivido un approccio che abbraccia le sfera intima e psichica e interviene se serve anche sul modello culturale, qualora sia sbagliato e soprattutto in giovane età". 

Le proposte emerse dai gruppi di lavoro su empowerment e percorsi rosa in pronto soccorso

Tante le proposte elaborate dai gruppi di lavoro, dal rifinanziamento del reddito di libertà, alla defiscalizzazione delle imprese femminili che assumono donne vittime di violenza, gli asili nidi gratuiti per le lavoratrici neomamme con la copertura di fondi regionali, e la formazione nelle aziende sulla parità di genere. Sul fronte del gap regionale di rilevazione e monitoraggio si è chiesto di implementare i dati degli accessi al pronto soccorso, sollecitando le Asl a inserire i cosiddetti "percorsi rosa" per le categorie fragili, tra cui donne e bambini. Sul fronte giuridico si è sottolineata l'esigenza di integrazione del codice di diritto penale con il reato di femminicidio, per ampliare la possibilità di perseguire penalmente e con maggiore severità anche chi istiga una donna al suicidio o provoca lesioni gravissime sfociate nella morte. 

Lucia Lipari, componente dell' osservatorio regionale, ha anticipato l'imminente firma di un protocollo di intesa con consiglio regionale e Aterp per la concessione di alloggi di residenza pubblica alle donne vittime di violenze con i loro figli (progetto già annunciato negli scorsi mesi).

Nella platea delle persone che questa mattina hanno animato i focus group tematici gli uomini sono stati pochissimi, era quasi difficile trovarli nella platea al femminile dove si riconoscevano tante operatrici del sociale, educatrici e professioniste calabresi. Per disagio, o forse vergognosa consapevolezza che, davanti a una lista di donne uccise che aumenta ogni anno (nel 2020 erano 92, l'anno scorso 100 e nel 2023 già 106), non ci si può più trincerare dietro quel giustificatorio, collettivo "not all men", eppure incapacità di dire le parole giuste che proprio dagli uomini dovrebbero arrivare. 

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