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Le sette porte di Reggio Calabria, storia di una città scomparsa

Viaggio a ritroso nel tempo con lo storico e professor Francesco Arillotta, presidente dell'Associazione Amici del Museo. L'origine dei nomi e dove sorgevano le celebri vie di accesso alla città

Parte integrante del regno di Napoli in passato  la città di Reggio Calabria  non presentava l’aspetto che conosciamo oggi, a modificarne il volto senza dubbio i devastanti terremoti primo fra tutti quello del 1783  seguito da quello del 1908. Andando indietro nel tempo Reggio era ben nota come la città della sette porte. Un nome questo che ha alle spalle una storia antica, quando la città alle soglie dell’età moderna aveva  le caratteristiche tipicamente medievali ed era   circondata da una cinta muraria con sette vie di accesso.

Arillotta Franco-2Ripercorriamo  la storia delle sette porte di Reggio Calabria insieme allo storico e professor Francesco Arillotta, presidente dell'Associazione Amici del Museo. La città, come specifica l’esperto, presentava delle mura lunghe attorno ai quattro chilometri, con i due lati lunghi: uno fronte al mare e l’altro sulle prime propaggini delle colline a monte. Ai quattro angoli, c’erano tre bastioni fortificati: il Forte della Battagliola o “dei tre montoni”, Forte San Francesco e Forte Lemos che chiudevano a nord e a sud. Al quarto angolo, il grande Castell normanno-svevo, la più grande fortificazione della Calabria, con le sue numerose torri. Nella cinta muraria, si aprivano sette porte: una verso la montagna: Porta Crisafi; una sul lato corto settentrionale:Porta della Mesa; una terza su quello meridionale: Porta San Filippo. Ben quattro erano realizzate sul fronte mare, da Nord a sud: la Porta Tàrzana, Porta Amalfitana, Porta della Dogana e la piccola Porta del Trabocco all’estremo sud-ovest.

Vediamo insieme l’origine  dei loro nomi legati alla storia del territorio proseguendo in senso antiorario, da sud verso nord: “Porta Crisafi- afferma lo studioso- 'la porta d’oro', quella che, aprendosi ad oriente, veniva illuminata dai primi bagliori del sole nascente. Sappiamo esattamente dove era collocata: dove oggi si apre l’omonima 'Via Crisafi', all’angolo con la Chiesa di Gesù e Maria, nel tratto iniziale sud di Via del Torrione”. Ad accogliere chi veniva da Nord la Porta della Mesa una complessa struttura di difesa:  “Il nome – continua Arillotta -sembra fare riferimento al centro urbano di Mesa, importante snodo bizantino, di cui oggi resta il ricordo nel borgo di Villa Mesa, in Comune di Calanna. 'Mesa' indica il mercato; quella denominazione apparentemente lontana da grossi centri urbani, forse nasconde una realtà economica di cui si è persa traccia”.

La terza porta era chiamata Tàrzana,  il cui nome deriva da “ters’ane”, i cantieri navali arabi, in italiano “dàrsena”: “Era aperta verso il mare- prosegue lo studioso- nel tratto di mura a cui si appoggiavano le case della Giudecca.Probabilmente trae origine da una qualche attività di fabbricazione di barche esistente sulla antistante spiaggia. Con riferimento alla realtà urbana odierna, si trovava allo sbocco dell’attuale Via Fata Morgana, sulla spiaggia”.

 Proseguendo di alcune centinaia di metri oltre, sempre a livello di mare, la grossa muraglia di cinta si interrompeva per consentire un ulteriore accesso alla città: “Siamo all’altezza dell’attuale Via Felice Valentino, che costeggia il Palazzo delle Poste, e la porta cubica si appellava 'Porta Amalfitana'. Era preceduta, nella parte interna, da uno  spazio libero, denominato 'Largo Amalfitano'. La sua denominazione è particolarmente interessante. Ricorda qualcosa che nelle successive cronache cittadine non è stato mai evidenziato: il posto occupato dagli Amalfitani nella storia economica di Reggio. C’è da pensare che questi intrepidi commercianti e navigatori avessero un’enclave particolare in quella zona, a ridosso di quell’ingresso”.

Arrivando all’altezza della  Via del Plebiscito c’era la grande “Porta della dogana”: “Era chiamata così perché- dichiara il professore-  di fronte, sulla spiaggia, c’era l’edificio, appunto, del controllo doganale. Di essa abbiamo la bella stampa settecentesca qui riprodotta che ci mostra tutta l’attività commerciale che si svolgeva davanti ad essa.L’ultima entrata lato mare era rappresentata dalla piccola 'Porta del Trabocco', a ridosso delle Forte Lemos, all’uscita sulla spiaggia dell’attuale omonima via. Il nome derivava dal fatto che sulla spianata del Forte, in tempi antichissimi, doveva essere stato impiantato un 'trabocco', cioè una catapulta lanciamassi, che doveva contribuire alla difesa della città”.

 A dare il nome all’ultima Porta la vicina chiesa di San Filippo d’Argirò: “Era una grossa struttura che comprendeva uno spazio nel quale, per tradizione, si teneva il mercato di frutta e ortaggi, per i produttori provenienti dai celebri campi delle Sbarre. La porta si affacciava sull’attuale Piazza del Carmine; e come tutta la solida ed imponente cinta muraria della città, è stata totalmente demolita dopo il terremoto del 1783, quando l’ingegnere militare Giovambattista Mori pensò bene di distruggere il nostro passato, radere al suolo la città medievale e di dare una organizzazione 'moderna' a Reggio”, conclude Francesco Arillotta.

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