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I giovani di Arghillà giocano su un campo in passato discarica e luogo di spaccio

Lo scudetto è dei ragazzi rom. Vittoria su illegalità e pregiudizi. Un “Lavoro di Squadra” nato grazie all’intuizione di Action Aid, Csi e consorzio Macramè

Lo scorso 10 maggio, all’udienza per i 75 anni del Csi, Papa Francesco aveva detto: “Lo sport è strumento per promuovere l’accoglienza, la salute, l’occupazione, le pari opportunità, la salvaguardia dell’ambiente, la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, la coesione e l’integrazione sociale”. 

Queste parole sono la perfetta sintesi del valore dell'attività sportiva e della responsabilità degli adulti impegnati nello sport e con i ragazzi. 

Il Csi Reggio Calabria ripensa al “miracolo del pallone ad Arghillà”, e ritorna con la mente a due anni fa, quando è iniziata l’opera di pulizia del campetto del rione nord di Arghillà, luogo di traffici illeciti e discarica. 

Proprio ad Arghillà – si legge sulla nota stampa del Csi - quartiere ghetto di Reggio Calabria, dove regna l’anarchia, il disordine sociale, l’abbandono e dove, purtroppo, la criminalità condiziona sempre più la vita di tantissimi giovani e ragazzi, venti mesi fa è nata l’esperienza sportiva ed educativa nata grazie all’intuizione di Action Aid, del Consorzio Macramè e del Csi Reggio Calabria all’interno del progetto “Lavoro di Squadra”.  

Non esisteva prima ad Arghillà uno spazio all’aperto dove poter fare giocare bambini e ragazzi. L’unica piazza del quartiere è diventata, nel tempo, cimitero per carcasse di automobili e spazio dove abbandonare tonnellate di rifiuti. 

Arghillà è terra dello spaccio a cielo aperto delle case occupate, territorio dove per settimane intere manca l’acqua, dove i bambini e i ragazzi già all’età di undici anni fanno uso di sostanze e vengono coinvolti nei traffici degli adulti. Ai ragazzi da sempre è negato il diritto fondamentale: il diritto al gioco.  Proprio l’assenza degli spazi - gioco, del divertimento e dello stare insieme, proietta i giovani di questa fetta di territorio reggino, nel limbo del disagio e della criminalità. L’80% dei ragazzi abbandona la scuola a 14 anni, l’88% dei bambini non partecipa ad attività ludiche, sportive e culturali, il 70% dei ragazzi ha come unico e solo divertimento quello di girare senza meta in motorino o smontare auto e moto.

Il Csi racconta che mentre si iniziava a ripulire il campo, i ragazzi rimanevano in disparte chiedendosi se questa iniziativa fosse dietro pagamento. Alcuni ridevano, altri erano rassegnati: "Tanto ritornerà discarica, lasciate stare", dicevano.

In principio, solo in pochi hanno aiutato a pulire, spianare e sognare quel campetto nuovamente utilizzabile. L'entusiasmo, però, cresceva di giorno in giorno, e soprattutto i giovani che formano la squadra "Arghillà a Colori" erano presenti e speranzosi. Per chi ha vissuto quell'esperienza, le immagini simbolo, che racchiudono la bellezza e la magia di questa grande storia, sono tre.

La prima immagine

La partita amichevole con i magistrati, simbolo della rinascita del campetto, spazio e segno concreto del lavoro di squadra e della rete creata, ha segnato l’inizio di un percorso di partecipazione e responsabilità, soprattutto della collaborazione e sintonia tra il Coordinamento di quartiere e i ragazzi della squadra "Arghillà a Colori". 

"Con un grande grazie ai magistrati, in particolare a Stefano Musolino per la disponibilità a scendere in campo con noi - si legge sulla nota stampa del Csi - anche nei mesi successivi con i campi d’animazione in strada promossi grazie alla preziosa collaborazione della parrocchia Sant’Aurelio di Don Nino Iannò. Da questa collaborazione, a novembre, i ragazzi della squadra Arghillà a Colori sono entrati a far parte della Polisportiva Fortunato Quattrone, guidata da Natale Martorano e dai volontari del territorio. 

La seconda immagine

Un’altra immagine di questo percorso è la finale vinta venerdì sera nel campionato calcio a 5 Social League Csi. Un successo storico e carico di significato per una squadra nata dalla strada, un gruppo sportivo che, all’inizio del suo percorso, faticava pure a stare in campo e ad accettare le decisioni dell’arbitro. Le esperienze, il gioco, le relazioni e l’incontro con l’altro sono diventati strumenti di un percorso fatto di legalità, protagonismo giovanile e scoperta di sé. Ecco gli elementi sui cui è ruotato il percorso educativo della polisportiva.

La terza immagine

L’ultima immagine da condividere è la benedizione della maglia della squadra da parte di Papa Francesco. Un gesto che racchiude mille significati".

“Abbiamo messo, con questo gesto, nelle mani e nel cuore della Chiesa, questa piccola ma significativa esperienza di comunione, misericordia e carità", dichiara Paolo Cicciù, presidente del Csi Reggio Calabria.

"Prendersi cura dei ragazzi partendo da un pallone e da un campo–discarica è la verità più profonda dell’educare e dell’educare con lo sport. Non servono tante parole o importanti convegni sull’educazione o riflessioni sociologiche sui fenomeni devianti dei giovani a Reggio. Il nostro territorio - si conclude - ha necessità di educatori sognatori formati, appassionati e motivati, capaci di far vivere ai ragazzi esperienze di senso e significato. Un grande grazie va ad Eleonora Scrivo di Action Aid, a Giulia Serranò di Macramè e ai tanti volontari incontrati in questi anni. Gli strumenti non mancano: lo sport, il gioco, l’animazione, il teatro e tutto quello che può generare una relazione significativa. Aver giocato, parlato, spalato, sudato e sognato con loro, averli abbracciati e a volte rimproverati uno ad uno, ha generato nel nostro gruppo un clima di condivisione, voglia di cambiamento e fiducia che ci porterà a mete inimmaginabili”.


 

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