Il borgo “maledetto” e magico di Pentidattilo, storie tra leggenda e realtà
Tutto sul paese delle cinque dita abbandonato dopo il terremoto del 1783. La storia di un amore finito in tragedia e la Mano del Diavolo nell'antica profezia
Arroccato sulla rupe del Monte Calvario c’è Pentidattilo, uno dei luoghi più suggestivi della Calabria, ben noto come il paese delle cinque dita e situato nel Comune di Melito di Porto Salvo, nella provincia reggina.
Non è possibile arrivarci in auto a causa delle strade troppo strette, per raggiungerlo bisogna andarci a piedi. Ma qual è la storia del paese che ha cominciato ad essere abbandonato a partire dal disastroso terremoto del 1783, per poi svuotarsi progressivamente negli anni ’60 del novecento a causa di un movimento franoso? Tra le rovine di Pentidattilo, la cui forma particolarissima legata alle sue rocce ricorda una mano, aleggiano storie di fantasmi e di profezie che non smettono di affascinare.
Fondato dai greci, nei secoli è stato dominato da romani, bizantini e normanni fino a quando nel 1686 viene acquistato dalla nobile famiglia degli Alberti. Da qui ebbe inizio una storia di sangue legata ad un amore negato. Alla base della guerra tra famiglie l’annuncio delle nozze combinate da Lorenzo Alberti, marchese di Pentidattilo, tra la sorella Antonia e il cognato Petrillo, questo sconvolse il barone Bernardino Abenavoli, che di nascosto nutriva amore per la marchesina. Così nella notte del 16 aprile decise di attaccare il castello uccidendo il marchese e altri familiari e rapendo Antonia e Don Petrillo. Cominciò la caccia ai colpevoli con ulteriore spargimento di sangue, intanto il barone scomparve, forse morì in battaglia successivamente, Antonia finì in un convento di clausura.
La storia si intreccia con la leggenda, si dice che quando Alberti fu ucciso poggiò la mano alla parete con le sue dita insanguinate e che ancora oggi nella nella rupe di Pentidattilo, nel chiarore dell’aurora, le pareti si colorino di rosso, da qui il nome la Mano del Diavolo.
Si racconta ancora che nelle sere d’inverno si sentono le urla disperate del marchese. Legata al paese anche una profezia: l’antica roccia a forma di mano sarebbe simbolo di una maledizione, imbattutasi sul paese destinato alla distruzione.
Tra le leggende quella di un tesoro nascosto dai vecchi proprietari del feudo che si troverebbe al centro della montagna. Si narra che molti furono i condottieri che raggiunsero quello che col tempo si definì il borgo maledetto per cercare la ricchezza, destinata solo a chi fosse riuscito a fare cinque giri intorno alle dita della montagna. Nessuno portò mai a termine l’impresa. A parlarne anche il libro Febea - Miti, misteri e leggende di Reggio Calabria e dintorni di Marina Crisafi.