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Fotogrammi di storia / Centro / Piazza Garibaldi, .

Lì dove sorgeva una casetta bizantina ora c'è piazza Garibaldi: tuffo nell'antichità

La riflessione dello storico reggino, prof Francesco Arillotta: "Il territorio occupato dalla piazza è legato ad alcuni episodi molto interessanti". Scopriamoli insieme

"Nell’imminenza della ripresa dei lavori di scavo nell’area di piazza Garibaldi, c’è una riflessione squisitamente promozionale, che riguarda tutto quello che essa ci può raccontare, di alcune sue particolarità passate e
future, che la rendono meritevole di molte attenzioni".

Inizia con queste parole il racconto dello storico, prof Francesco Arillotta che evidenzia: "Si fa riferimento, innanzitutto, ai risultati archeologici avutisi durante la prima fase di ricerca. In quella circostanza, nell’area prospiciente il Corso Garibaldi (scavo n.1)  il terreno attorno al misterioso podium si rivelò completamente libero da resti di crolli o, comunque, di tracce di edifici scomparsi, tranne quelle di una casetta di età bizantina posta, stranamente, sullo stesso piano di calpestio della sontuosa struttura romana - che peraltro ha restituito delle
belle anfore trilobate ".

"Area di scavo due potrebbe riservarci sorprese, anche… esplosive"

"Ciò - continua il prof - potrebbe significare che il podium fu iniziato ma non finito, e che esso è rimasto ‘allo scoperto’ per diversi secoli, prima di essere sepolto da imponenti depositi alluvionali. L’area di scavo n.2, a ridosso della statua, potrebbe riservarci sorprese, anche… esplosive. Non molto ci si attende anche dall’area di scavo più
bassa.

Dal punto di vista storiografico, il territorio occupato dalla piazza è legato ad alcuni episodi molto interessanti. Qui poteva esistere, in epoca magnogreca, un boschetto di piante di alloro nel quale, secondo il mito, tutto reggino, raccontato da Varrone, Oreste, figlio di Agamennone ed uccisore dell’infedele madre Clitennestra, dopo essersi purificato del delitto immergendosi nei sette corsi d’acqua defluenti dal sistema collinare che oggi corona la città, appese ad un albero la bronzea spada del misfatto; laureto dal quale i rappresentanti reggini che si recavano a Delfi, spiccavano i sacri rami di alloro".

"Secondo Tucidide in questo luogo fu seppellito Santo Stefano, dopo il suo martirio"

"Sempre su questa zona, potrebbe riconoscersi quel temenos di Artemide, nel quale, secondo Tucidide, nel 415 a.C., si accampò l’imponente esercito ateniese, prima di proseguire verso la nemica Siracusa. Ancora: qui sarebbe il luogo «un miglio ad austro dalle mura della città» nel quale, secondo la sua biografia, fu seppellito Santo Stefano, dopo il suo martirio.

E sul lato occidentale dell’area - all’incirca dove ora si trova l’edificio della Stazione Ferroviaria Centrale - sorgeva il convento di San Nicola di Calamizzi, con il suo famoso ‘scriptorium’ e con la Chiesa sul cui altare maggiore, nel 1042 il generale bizantino Basilio Pediadites, eunuco, altissimo funzionario della Corte imperiale con il titolo di preposito, depose, come gesto propiziatorio prima di passare in Sicilia, il suo scaramangion, il prezioso abito di porpora donatogli dall’imperatore Michele IV; mentre il suo esercito, che comprendeva anche un numeroso
gruppo di mercenari cavalieri normanni, schierato sul terreno antistante, gli rendeva i dovuti onori.

Dal punto di vista geologico, piazza Garibaldi fa parte dell’alveo della fiumara chiamata, con nome bizantino, "Calopinace", ossia "bel quadro" - "bella vista", ed è quella che delimita il lato meridionale dell’area urbana storica reggina. Ora, tornando all’area di scavo n 1, in essa, importante è l’osservazione dell’assenza totale di residui edilizi per tutta l’ampiezza e la profondità dello scavo; il che suggerisce che, in essa, almeno dall’età romana fino ad oggi, non sono state realizzate delle costruzioni.

E che, conseguenzialmente, ci potremmo trovare su un terreno praticamente ‘vergine’, che conserva intatta tutta la sua storia geologica e botanica: il che vuol dire che ci troviamo di fronte ad una sedimentazione assolutamente integra, di oltre duemila anni, che conserva intatte le testimonianze di ciò che lì si è praticato dal punto di vista botanico almeno negli ultimi venti secoli.

Da qui l’auspicio che le specifiche strutture universitarie reggine rivolgano a questo lembo di terra le loro attenzioni.
La ricerca geo-botanica, come è noto, ha consentito, là dove è stata scientificamente realizzata, di acquisire tutta una serie di dati che si sono rivelati fondamentali per la ricostruzione storica di un ambiente, una società, un modo di vivere, una sua evoluzione".

"Una indagine di tal genere - conclude Francesco Arillotta - significherebbe far luce su tipi di coltivazione,
modi di alimentazione, rapporti sociali: argomenti fino ad oggi assolutamente assenti, nel Grande Libro della Storia della Città di Reggio Calabria".
 

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