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Giovedì, 28 Marzo 2024
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A cura di AIGA sezione di Reggio Calabria

Danno da vaccino: il diritto all’indennizzo solo in caso di trattamento definito ex lege “obbligatorio”?

La parola all'avvocato Laura Febert di Aiga Informa

Tra gli argomenti che negli ultimi tempi sembrano aver monopolizzato l’attenzione mediatica, ricorrenti in ogni conversazione, puntualmente spunto di discussione, una posizione privilegiata è di certo occupata dal tema vaccini.

Le questioni che ruotano attorno all’argomento, in effetti, sono le più disparate e l’importanza di ogni dubbio, di ogni incertezza, in particolare in ordine alle prescrizioni legislative, non è trascurabile, anzi, si ritiene meriterebbe una (più) efficace informazione del cittadino.

La parola all'avvocato Laura Febert per Aiga Informa di Reggio Calabria: "Uno tra gli interrogativi maggiormente problematici, quello su cui, forse, si è creata maggiore incertezza, tanto da rendere necessario un precipuo intervento legislativo, è quello attinente le conseguenze di un possibile danno da vaccino anti Covid-19, ovvero, in altri termini, circa l’esistenza o meno di un diritto all’indennizzo da parte del paziente, a seguito degli eventi avversi verificatisi in conseguenza ed a causa della somministrazione vaccinale.

Il dubbio è sorto, nella specie, in quanto il vaccino anti-Covid 19, a differenza di altri, non è mai stato espressamente imposto ex lege, non è mai stato indicato come obbligatorio, quanto, piuttosto, come “fortemente raccomandato”; sicché è stato paventato il rischio che gli eventuali danni derivanti dalla somministrazione non potessero essere oggetto di pretesa indennitaria alcuna.

Non è superfluo precisare, onde anche circoscrivere il tema del presente contributo, che la questione riguarda specificamente il diritto all’indennizzo, per tale intendendosi un ristoro da corrispondersi ad un determinato soggetto per il danno patito dal medesimo a seguito di un’attività lecita altrui.

Si pensi, ad esempio, all’indennizzo che spetta al proprietario di un fondo oggetto di espropriazione per motivi pubblica utilità: il ristoro economico corrisposto all’espropriato, a seguito della lesione del relativo diritto di proprietà, causato dall’azione pubblica lecita, è un indennizzo. Tutt’altro discorso, che esula dall’argomento, è, invece, il risarcimento, per tale intendendosi il ristoro cui ha diritto chiunque abbia subìto un danno – patrimoniale e/o non patrimoniale, biologico e/o morale – in conseguenza ed a causa dell’azione illecita altrui.

Ora, se con riferimento ad una condotta illecita, nulla quaestio sorge – qual che sia il trattamento sanitario – in ordine al diritto al risarcimento, con riferimento alla condotta lecita di somministrazione del vaccino, taluni avanzavano il dubbio, con riferimento ai vaccini anti-Covid 19, circa la sussistenza del diritto del paziente all’indennizzo. Si tenta, quindi, con il presente contributo di fornire una soluzione all’interrogativo o, quantomeno, di rendere l’argomento il più chiaro e fruibile possibile.

Il diritto all’indennizzo: presupposto di legittimità dell’obbligo vaccinale

Si ritiene utile analizzare i concetti ed i principi giuridici a fondamento dell’imposizione da parte dello Stato di un trattamento di somministrazione vaccinale. Il carattere di obbligatorietà, in effetti, potrebbe sembrare mal conciliarsi con la libertà di scelta dell’individuo in ordine alla sottoposizione ad un trattamento sanitario; tuttavia, la legittimità dell’obbligo è tutt’altro che scelta “abbandonata” all’arbitrio del legislatore, ed anzi è necessario che ogni imposizione legislativa sia il risultato di un attento bilanciamento tra contrapposte esigenze, e, in ogni caso, che sia sempre ben demarcata da taluni limiti e condizioni.

Riassume perfettamente la questione una recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza del 18 gennaio 2018 n. 5), ove la Corte chiarisce che l’imposizione di trattamento sanitario è da ritenersi legittima quando sussistono tre condizioni:

  1. se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”, dunque l’imposizione statale deve rispondere ad una esigenza collettiva, che viene fatta prevalere sulla scorta del principio solidaristico espresso ex Costituzione;
  2. “se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;
  3. “e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990)”.

In altre parole, perché un trattamento sanitario, e quindi anche una vaccinazione, possa dirsi legittimamente imposto dall’ordinamento, presupposto assolutamente necessario e ineludibile è la previsione di un equo indennizzo in favore di chi, a causa della sottoposizione al trattamento, abbia subìto un danno ulteriore, rispetto alle conseguenze prevedibili, da ritenersi normali ovvero tollerabili.

Così, il principio di solidarietà, che dapprima onerava il singolo ad agire in favore della collettività, adesso opera anche in modo inverso, onerando cioè la collettività ad agire in favore del singolo: l’indennizzo da trattamento sanitario obbligatorio è, infatti, “una misura di sostegno economico fondata sulla solidarietà collettiva a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno” (in questi termini, Corte Costituzionale, 09/11/2011, (ud. 07/11/2011, dep. 09/11/2011), n.293).

La normativa di riferimento

Premesso, quindi, che la previsione di un equo indennizzo per i danni (ulteriori rispetto a quelli prevedibili - normali – tollerabili) sia il presupposto indefettibile per la legittimità di un trattamento sanitario obbligatorio, occorre ora analizzare la normativa di riferimento al fine di valutare se all’interno di essa possa trovare spazio il danno da vaccinazione anti-Covid 19.

Ebbene, la principale disciplina di riferimento è quella di cui alla Legge del 25/02/1992 - N. 210 (pubbl. Gazzetta Uff. 06/03/1992 n. 55), la quale, all’articolo 1 prevede che: “chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”.

Dalla formulazione utilizzata dal legislatore, effettivamente, avrebbe potuto dedursi che, dal novero dei danni da vaccino indennizzabili, fossero esclusi quelli derivanti dalla somministrazione del vaccino anti-Covid 19. L’interrogativo sorgeva, in particolare, in quanto il trattamento vaccinale anti-Covid non era mai stato espressamente imposto ex lege (se non per alcuni casi e per determinate categorie di soggetti), mai cioè indicato come obbligatorio, circostanza, questa, che accresceva i timori di quanti paventavano una sorta di “truffa delle etichette”, un escamotage finalizzato a “sfuggire” alle pretese di indennizzo.

Tanto è stato il clamor attorno alla questione da rendere necessario un intervento risolutivo del legislatore, che, mediante l'articolo 20, comma 1, del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito con modificazioni dalla Legge 28 marzo 2022, n. 25, ha introdotto nel testo della L. n. 210/1992 il nuovo comma 1-bis chiarendo expressis verbis che “L'indennizzo di cui al comma 1 spetta, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge, anche a
coloro che abbiano riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione anti SARS-CoV-2 raccomandata dall'autorità sanitaria italiana”.

La questione è stata, per tal via, definitivamente risolta; tuttavia, già prima dell’intervento legislativo sarebbe stato possibile addivenire ad una soluzione in tale senso, applicabile in effetti ai casi di trattamento sanitario raccomandato.

In effetti, il diritto all’indennizzo per i danni derivanti da trattamenti sanitari non obbligatori, cioè non espressamente imposti ex lege, ma raccomandati, è stata oggetto di diverse pronunce della Corte Costituzionale, la quale ha affermato con costanza la riconducibilità di tali fattispecie alla disciplina dettata dalla Legge n. 210/92.

È stato innanzitutto osservato che con riferimento alle vaccinazioni raccomandate, gli stessi elementi caratteristici della raccomandazione da parte dello Stato ovvero delle autorità – ad esempio, reiterate campagne di comunicazione e sensibilizzazione a favore dei trattamenti, il riferimento alla finalità di salvaguardia pubblica – comportano che si sviluppi un affidamento del singolo nei confronti di quanto consigliato.

Tuttavia, è nella identica finalità solidaristica che accomuna le modalità di prescrizione legislativa del trattamento, che risiede la ragione per la quale deve ritenersi non vi sia “differenza qualitativa tra obbligo e raccomandazione: l’obbligatorietà del trattamento vaccinale è semplicemente uno degli strumenti a disposizione delle autorità sanitarie pubbliche per il perseguimento della tutela della salute collettiva, al pari della raccomandazione.” (Corte Costituzionale, sentenza N. 268/2017, Pres. Grossi, che richiama a Corte Costituzionale, sentenza N. 107/ 2012, Pres. Quaranta).

Questo è quanto ribadito, altresì, nella sentenza n. 118/2020 resa dalla Corte Costituzionale (Pres. Marta Cartabia), ove è stato specificato che “La ragione che fonda il diritto all’indennizzo del singolo non risiede quindi nel fatto che questi si sia sottoposto a un trattamento obbligatorio: riposa, piuttosto, sul necessario adempimento, che si impone alla collettività, di un dovere di solidarietà, laddove le conseguenze negative per l’integrità psico-fisica derivino da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato che sia) effettuato nell’interesse della collettività stessa, oltre che in quello individuale.”.

Sicché, la mancata previsione del diritto ad un equo indennizzo, in caso di danno derivante da vaccinazione raccomandata, comporterebbe una lesione delle disposizioni ex artt. 2, 3 e 32 Cost., “perché sono le esigenze di solidarietà costituzionalmente previste, oltre che la tutela del diritto alla salute del singolo, a richiedere che sia la collettività ad accollarsi l’onere del pregiudizio da questi subìto, mentre sarebbe ingiusto consentire che l’individuo danneggiato sopporti il costo del beneficio anche collettivo”.

In conclusione, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che anche le vaccinazioni raccomandate possano rientrare a pieno titolo tra le fattispecie per le quali, in caso di lesione dell’integrità psico- fisica del paziente, sia possibile accedere ad un equo indennizzo, non essendo all’uopo determinante la “tecnica” prescrittiva utilizzata dal legislatore, quanto, piuttosto, il fine di salvaguardia della comunità e la ratio sottesa alla prescrizione stessa.

Ciò, tuttavia, non significa che in presenza di qualsivoglia “raccomandazione” delle autorità, in ordine ad un determinato trattamento sanitario, possa automaticamente estendersi la disciplina dell’indennizzo di cui alla L. 210/92. In caso di danni conseguenti al trattamento deve:

  1. in primo luogo, ricorrersi alla giurisdizione ordinaria, cui è demandato l’accertamento in fatto in ordine all’esistenza di una vera e propria raccomandazione, formulata dalle autorità pubbliche, in ordine alla sottoposizione al trattamento (sulla scorta di elementi sintomatici quali campagne di informazione, sensibilizzazione e raccomandazione; “spinte gentili” effettuate dagli enti mediante la prospettazione di incentivi e/o disincentivi; raccomandazioni del Ministero della Salute);
  2. a tale valutazione, deve necessariamente seguire un giudizio di legittimità costituzionale, ove alla Corte è demandato accertare la corrispondenza della raccomandazione ai peculiari caratteri che, …, finalizzano il trattamento sanitario raccomandato al singolo alla più ampia tutela della salute come interesse della collettività, ed impongono, dunque, una estensione della portata normativa della disposizione (sentenza n. 268 del 2017).

Quindi, in estrema sintesi, solo ove sia accertato che la prescrizione del trattamento abbia la natura di raccomandazione e solo ove tale raccomandazione sia risultata, in sede di giudizio di legittimità costituzionale, fondata su una finalità di interesse pubblico e di salvaguardia della collettività, in ossequio ai principi Costituzionali richiamati, sarà possibile estendere la disciplina di cui alla Legge 210/1992.

Entrambe le condizioni suddette, si ritiene fossero già perfettamente ravvisabili nel caso della vaccinazione anti- SARS-CoV-2, in quanto la relativa prescrizione rispondeva, in primis, alle peculiari caratteristiche della raccomandazione, ed era, soprattutto, espressamente fondata sulle esigenze di salvaguardia e solidarietà collettiva di cui s’è detto.

Cionondimeno, è innegabile - conclude l'avvocato Febert - che l’intervento chiarificatore del legislatore, operato mediante l'articolo 20, comma 1, del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito con modificazioni dalla Legge 28 marzo 2022, n. 25, introduttivo del nuovo comma 1-bis nel testo della L. n. 210/1992 (“L'indennizzo di cui al comma 1 spetta, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge, anche a coloro che abbiano riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione anti SARS-CoV-2 raccomandata dall'autorità sanitaria italiana”) ha di certo consentito di mettere definitivamente un punto ad una questione di non poco conto".

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