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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Redazione

Giustizia, ma cosa aspetta lo Stato a risolvere i problemi del distretto reggino?

Di anno in anno i vertici della magistratura reggina lamentano i ritardi in termini di organico nei tribunali e fra le forze dell'ordine

Leggere le relazioni presentate per l’apertura dell’anno giudiziario del distretto reggino, analizzare le dichiarazioni rilasciate dai protagonisti di questa giornata, lascia l’amaro in bocca.

Davanti alla costante crescita, in qualità e numeri, dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata reggina, a quella ‘ndrangheta che è, mondialmente, riconosciuta come la più pervicace e pericolosa, rimangono incredibilmente inascoltati gli appelli - rilanciati da diversi anni ad ogni cerimonia di inaugurazione - avanzati dai vertici della procura e della Corte d’appello.

Le carenze di organico permangono, le ridotte disponibilità di forze dell’ordine non sono state ancora risolte, così come non si riesce a sbrogliare l’intricata matassa dei ritardi infrastrutturali ancora presenti su tutto il territorio. Ma cosa aspetta lo Stato a risolvere i problemi del distretto reggino?

I governi che, in questi anni, si sono alternati alla guida della cosa pubblica italiana hanno sempre promesso interventi importanti se non risolutivi ma, ad oggi, le lamentele che si possono leggere nelle parole del presidente facente funzioni della Corte d’appello, Bruno Muscolo; del procuratore generale Gerardo Dominijanni; del procuratore capo Giovanni Bombardieri così come di quasi tutti i responsabili degli uffici giudiziari operativi sul territorio reggine, ci descrivono una situazione diversa.

Ci raccontano di una disattenzione pervicacemente procrastinate nel tempo, con gli uffici di procura che, in condizioni disagiate, lottano quotidianamente contro la più pericolosa organizzazione mafiosa presente sul panorama criminale internazionale e fanno a spallate con boss e picciotti facendo i conti con magistrati chiamati a colmare vuoti in organico a Reggio Calabria, lasciando scoperti i propri uffici di competenza.

La coperta, purtroppo, è sempre corta. Se, poi, alle carenze di organico si aggiungo provvedimenti di riforma, come quelli contestati e riferibili alle norme promosse dal criticatissimo ex ministro della Giustizia Marta Cartabia, che potrebbero finire per paralizzare l’amministrazione della giustizia appare chiaro che di tempo da perdere non ce ne sia tanto. 

Se non si vogliono far “estinguere” i processi, se non si vuole fermare la macchina investigativa che tanti risultati ha portato nella lotta alla ‘ndrangheta è necessario rinforzare le piante organiche di magistratura e forze dell’ordine, così come è stato fatto all’indomani degli episodi più cruenti della stagione stagista condotta dalla mafia siciliana per destabilizzare la tenuta democratica della Repubblica. Anche attraverso provvedimenti che abbiano i contorni dell’eccezionalità e i connotati della strutturalità, se diversamente non si potesse fare. Se così non fosse tutto andrebbe disperso con grande soddisfazione dei boss della ‘ndrangheta.

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