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Lo Stretto necessario

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A cura di Roberta Pino

S.Giorgio - Modena -S.Sperato

Hospice Via delle Stelle, dove si celebra la vita fino alla fine

Il racconto di una vocazione speciale, quella del cappellano dell’Hospice don Vincenzo Catania, accanto agli ammalati fino all’ultimo respiro

Di fronte alla malattia e alla sofferenza, si può parlare di speranza? C’è un tipo di sofferenza alla quale non è possibile rispondere, quella dell’innocente ad esempio o quella del malato terminale di fronte a cui l’unica risposta è esserne partecipi, “toccare” con mano quel dolore e accompagnare la persona sofferente nel percorso della croce.

Ce lo insegna Gesù Cristo e proprio, di recente, ce lo ha ricordato Papa Francesco durante l’intervista a Rai3. E accompagnare, toccare, stare accanto sono azioni quotidiane all’Hospice Via delle Stelle, il luogo per eccellenza dove la dignità dell’essere umano è valore assoluto, dove il diritto alla speranza regna incontrastato.

don Vincenzo Catania-2Un ruolo fondamentale all’interno di questi luoghi di cura palliativa è svolto dal cappellano, il sacerdote dall’arduo compito di accompagnare fino alla fine i malati di un Hospice. Don Vincenzo Catania è l’attuale cappellano della struttura Via delle Stelle, incaricato dal vescovo Morosini che ha riconosciuto in lui una vocazione molto particolare.

E già perché svolgere questo compito in un Hospice non è proprio una passeggiata, occorre una predisposizione naturale, perché si tratta di una scelta che celebra la vita dove predomina il dolore. E così è stato per don Vincenzo, a Reggio Calabria dal 2019, vice parroco della chiesa di Santa Caterina e, appunto, cappellano dell’Hospice da circa tre anni. Una vocazione maturata nel periodo di studi a Torino, qui ha operato alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, meglioconosciuta come Cottolengo, luogo, anche questo, che rievoca la sofferenza fisica più devastante.

“Fondato da San Giuseppe Benedetto Cottolengo, un sacerdote diocesano dalla particolare vocazione al servizio della carità verso gli ammalati, il Cottolengo è un luogo dove ci sono casi di malati particolarmente bisognosi e lì ho maturato il mio carisma verso di loro”. Una vocazione verso l’assistenza agli ultimi, persone in cui riconoscere il volto di Cristo, per accompagnarli fino alla fine.

Una missione riconosciuta dall’allora vescovo Morosini che assegna così a don Vincenzo il ruolo di cappellano. “L’Hospice è un luogo di vita, lì si dà senso ad ogni istante, si esalta l’amore attraverso la sofferenza. Nel volto del malato c’è Cristo che dice “ho sete, sono malato e sei venuto a trovarmi”, lì si celebra l’amore dalla terra verso il cielo” chiosa don Vincenzo Catania.

Difficile accostarsi ad una persona malata terminale, occorre una particolare sensibilità e forza d’animo. “A loro non parlo di malattia - spiega don Vincenzo - sono persone che hanno speranza fino all’ultimo respiro. La maggior parte pensa di essere in una casa di cura, vogliono ricevere sempre l'eucaristia, si confessano spesso ed ogni piccolo gesto nei loro confronti sono attimi di felicità.

Ecco perché in Hospice ho creato il “Gruppo Amore”, formato da circa venti volontarie che mi aiutano nelle attività religiose quotidiane. Con loro organizziamo spesso momenti forti di preghiera ed animano la messa domenicale delle 16.30 con i canti, poi io, insieme a suor Eufemia, andiamo a portare l’eucaristia agli ammalati. A causa della pandemia abbiamo dovuto rivedere un pò l’organizzazione, ma speriamo di ritornare alle frequentazioni quotidiane di un tempo”.

Hospice Gruppo Amore-2

Chiedere ad un malato terminale: “Come stai?” o dire “ti capisco” o “abbi pazienza” non è la strada migliore ci insegna don Vincenzo. “L’atteggiamento giusto è quello amichevole, cerco di invitarli a prendersi cura di sé, per quanto possibile. Queste persone non chiedono una risposta ma la condivisione di una verità, dando spazio al loro dolore che ha bisogno di essere ascoltato e magari anche urlato”.

L’operato del cappellano è sostenuto da tutto il personale dell’Hospice e don Vincenzo ci tiene a ricordare il presidente della fondazione, Vincenzo Trapani Lombardo insieme agli operatori sanitari e ai volontari. “I componenti dell’Hospice sono persone straordinarie, molto umane, hanno un cuore ricco di umanità, considerano il paziente di turno come se fosse un loro parente, uno zio, un nonno. Si celebra proprio questo affetto tra pazienti e personale sanitario e volontario in un clima di famiglia. E il volontariato - sottolinea - è come un fiore che emana profumo”.

don Vincenzo Catania 02-2Don Vincenzo ricorda anche il suo predecessore, don Pino Sorbara, “un santo sacerdote dal cuore tenero, dolce, un uomo tutto per i deboli, per i poveri, non amava i titoli, dal cuore fanciullino come Gesù - e sottolinea - per frequentare quel luogo ci vuole tanta sensibilità, forza, lì c’è tanto dolore anche se si fa di tutto per essere animatori della gioia”.

Storie di vita che lasciano il segno all’Hospice Via delle Stelle e fra tutte don Vincenzo ne racconta una in particolare. “E’ la storia di una artista reggina, molto nota in città, non credente, almeno si professava così, la sua fede in Dio si esprimeva attraverso la natura, il cielo, il mare. Vissuta tanti anni al nord, venne ad abitare a Reggio colpita proprio dal mare. Era una bella signora, mi ha accolto dicendomi che non aveva mai parlato con un prete.

“Non ho mai cercato Dio - mi diceva - però attraverso la tua semplicità di fanciullo, che non mi ha imposto di essere credente, di fare la comunione, ti ho visto come un amico, non come un sacerdote”. Lei stessa, a un mese di distanza dai nostri incontri, mi ha chiesto di confessarsi raccontando la sua vita e ricevendo, poi, l'eucaristia. Una vita interessantissima - prosegue don Vincenzo - vedeva Dio in ogni sua creazione. Alla fine ha voluto con sé la corona del rosario che le ho regalato e lei mi ha donato un suo disegno, una rosa, la sua ultima creazione, dicendomi “questo fiore sei tu da quando sei entrato nella mia vita”.

Mi sono accostato a lei come un amico, e questo è il mio approccio con tutti gli ammalati. Io lascio loro il mio numero di telefono, mi possono contattare in qualsiasi momento. Per me l’Hospice è vivere il venerdì santo, quando Gesù chiude gli occhi al mondo per aprirli al cielo per essere protezione per noi”.

“Compassione” è la parola chiave per ascoltare e vivere la sofferenza dell’altro senza averne paura, ci insegna ancora don Vincenzo. “Compiere la vita con dignità, Cristo ci insegna che fino all’ultimo respiro è vita. E all’Hospice c’è dignità fino all’ultimo battito, c’è tenerezza, amore”. Caritas christi urget nos è il leit motiv di don Vincenzo Catania, “mi sento spinto da questa carità verso gli ammalati, a volte c’è stanchezza, ma trovo sempre la forza per tenere la loro mano fino alla fine per donare, senza paura, calore umano”.

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