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Giovedì, 28 Marzo 2024
Lo Stretto necessario

Lo Stretto necessario

A cura di Roberta Pino

La sorellanza sconosciuta e il potere della scrittura che salva e celebra la vita

L’ultima fatica letteraria di Ida Nucera, giornalista pubblicista ed autrice di "Progetti di gioia quotidiana", edito da Città del Sole. Il libro, tratto da una storia vera, è un vero inno alla gioia

E’ una narrazione a due voci, parallela come i binari di una ferrovia. E’ un’occasione di incontro, un “non luogo” dove è possibile dare fiato alle parole mai pronunciate. E’ un viaggio interiore che conduce verso un processo di risanamento dal grande potere rigenerativo.

E’ questo e tanto altro l’ultima fatica letteraria di Ida Nucera, giornalista pubblicista ed autrice di “Progetti di gioia quotidiana” edito da Città del Sole. Pubblicato ad agosto 2020, il libro è un inno alla gioia, che non ha una radice mondana, bensì è una gioia “che splende viva in un cuore puro e che porta luce nell’oscurità”.

E’ una storia vera, dall’impronta autobiografica. Due sorelle, Ida e Giusi, che percorrono un lungo tratto di strada insieme, 53 anni di cammino vissuto con pienezza, gioia, sorrisi, amore, ma anche con contraddizioni e difficoltà. E già, perché nulla è facile nelle relazioni umane, ci si affanna a tenere in piedi rapporti sottoscrivendo continuamente compromessi, spesso indossando maschere a cui finiamo per assomigliare, ricercando “un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha”, ma poi c’è l’imprevisto che sbaraglia tutte le convinzioni.

L’imprevisto, in questo caso ha un nome preciso, Giusi, “l’avvocato del Foro di Roma” come amava definirsi, anzi, per usare il suo fantastico linguaggio “del Folo di Lloma”. Giusi, la “sbagliata”, la “fuori casta”, la “storta”, alla quale è dedicato il libro “per celebrare la vita, la sua e di tutti gli altri - scrive l’autrice - per dar loro voce attraverso la sua voce”.

Perché, bisogna ammetterlo, lei ha qualcosa in più. A partire da quel cromosoma 21 supplementare che genera la sindrome di Down. Giusi è una “persona con sindrome di Down” una condizione che, a seconda degli occhi con cui si guarda, può essere un limite o un valore aggiunto. Per fortuna, lo sguardo miope che definisce confini lì dove non esistono appartiene a pochi, i limiti sono attribuiti da coloro che, per usare una
sgradevole espressione, si autodefiniscono “persone normodotate”.

Ecco l’importanza dell’uso di un linguaggio corretto quando si parla di disabilità. C’è chi si rifugia nel politically correct per sentirsi sicuro e chi, invece, scade nel pietismo e buonismo che nulla ha di positivo. In entrambi i casi si corre il rischio di trasmettere messaggi sbagliati incrementando i pregiudizi.

Ma Giusi, per ovviare a tutto questo, si è inventata un “linguaggio altro”, rivoluzionando le parole del vocabolario di uso comune e i nomi propri delle persone. Neologismi fantastici pieni di “musica e colori”, come colorato e musicale è stato il suo mondo. Arrivata alla quinta pubblicazione, Ida Nucera questa volta si è cimentata in una scrittura dall’effetto certamente terapeutico. La penna che ricuce la ferita! Perché non deve essere stato facile far incontrare il mondo di Ida e quello di Giusi, una sorellanza “sconosciuta”, in cui l’autrice si è tuffata suo malgrado, scoprendone una bellezza straordinaria. “Mi piacerebbe in questo momento poterla incontrare di nuovo”, confessa infatti nel testo.

Ma l’occasione di un rinnovato incontro è proprio questo libro, che rimette insieme elementi e ricordi dell’esistenza, che denuncia l’assordante silenzio delle istituzioni, delle leggi, lasciando in ombra il coraggio di coloro che con dedizione si occupano di disabilità, che offre al lettore alcuni fondamentali insegnamenti.

Umanizzarci, innanzitutto. “Loro sbagliati, storti, sono scelti per una missione speciale, si fanno nostri maestri di umanità”, afferma la stessa autrice. In assenza delle istituzioni, poi, le associazioni di volontariato si rivelano fondamentali per sostenere e supportare le famiglie con una persona portatrice di disabilità.

La necessità, quindi, di fare rete per dare voce e forza a chi non ce l’ha, per promuovere ancora di più la cultura del dono e del volontariato. La valorizzazione della diversità, infine, come ricchezza per tutti; spesso, attribuire a quella caratteristica bizzarra un valore aggiunto e non un limite, contribuisce ad avere uno sguardo nuovo e più profondo sulle cose.

Ed anche questa volta la scrittura ha assolto al suo compito salvifico, di cura di se stessi, di raggiungere la “memoria involontaria”. La scrittura, poi, è silenziosa e discreta, accoglie le nostre confessioni e le custodisce.

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