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Giovedì, 25 Aprile 2024
Lo Stretto necessario

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A cura di Roberta Pino

La cura provvisoria dei tratti fragili: ventisei racconti tra prosa e poesia

La fragilità umana al centro del libro di Tiziana Calabrò ed Eleonora Scrivo, tra provvisorietà della cura ed esaltazione di un virtù forse dimenticata

Quando la poesia incontra la prosa. E’ la sintesi di una réunion feconda, quella tra Eleonora e Tiziana, autrici del libro “La cura provvisoria dei tratti fragili”, Città del Sole Edizioni. Ventisei racconti, intensi, indimenticabili, dalle trame dipanate tra realtà e immaginazione, altro binomio caratterizzante la narrazione.

Scrivo Calabrò-2Come due sono le scrittrici, Eleonora Scrivo, nome omen, con un destino segnato già nel cognome, che resta fondamentalmente poetessa, malgrado l’incursione nella narrativa e Tiziana Calabrò, drammaturga con la passione per il teatro. Poesia e prosa, fantasia e realtà, Eleonora e Tiziana, combinate in un incastro perfetto, dove nessuna sovrasta l’altra, coesistono semplicemente.

I temi narrati sono forti, si va dal femminicidio all’aborto, dall’immigrazione all’omosessualità, passando dai tradimenti ai disagi vissuti da una umanità lasciata spesso ai margini. Ma in essi si intravede un pizzico di magia. La narrazione è sempre delicata, quasi a voler sfiorare quelle tematiche pur entrando nei particolari più inquietanti. La fragilità è il fil rouge dei racconti. Immatura, malata, inconsistente, destituita di senso, estranea allo spirito del tempo ma piena di dignità. E non si guarisce dalla fragilità. La cura è provvisoria, rimane incompiuta e per questo viva.

“Esiste la bellezza della fragilità che è l’essenza dell’umanità -sottolinea Eleonora Scrivo- insieme alle cicatrici ed ai tratti unici. Come le rughe sul viso, parafrasando Anna Magnani, non vanno cancellate, la fragilità ci rende unici, segna il percorso, il vissuto, l’aver amato. Le cicatrici sono la mappa della nostra vita e poi ci consentono di entrare in relazione con l’altro, l’empatia nasce da questa corrispondenza”.

“La cura è rappresentata dai momenti di grazia che arrivano senza essere pretesi. La fragilità ci fa ancora più belli nei momenti di tempesta” aggiunge Tiziana Calabrò. Sono racconti in cui l’emozione non è mai palesata, esternata, anzi c’è una sorta di pudore che non scade nel sentimentalismo. Le emozioni sono espresse, mai citate.

I personaggi emergono attraverso i dialoghi e su di essi è costruita l’azione della storia. Personaggi fragili, “a volte rotti, a volte riparati - commenta Eleonora - sono loro che hanno scelto noi, noi scrittori siamo degli artigiani”. Ed a proposito di intreccio tra realtà e fantasia “le storie sono verosimili, come diceva Manzoni. I femminicidi, dannatamente, si somigliano tutti. Alla fine un corpo morto è una vita soffocata. Le modalità, i gesti non differiscono”.

“E’ una narrazione che parte da noi, dalla nostra visione, dalla memoria inconscia - le fa eco Tiziana- i francesi la chiamano la reverie, il ricordo che non è necessariamente reale, che risente di altre suggestioni, dei sogni. E’ quella commistione tra vita e letteratura, dove la letteratura somiglia alla vita e la vita alla letteratura. C’è un processo circolare dove entrambe si condizionano”.

La cura provvisoria libro copertina-2Tra i racconti più aderenti alla realtà c’è “Un unicorno per una pera”, ambientato nella periferia di Arghillà, dove un ragazzo rumeno, poeta, ha il sogno di aprire un negozio per parrucchiere. Una storia di riscatto sociale con un lieto fine. Nella vita reale, però, non è andata proprio così. “E’ stata una concessione che mi sono fatta -racconta Eleonora- l’obiettivo era quello di dare dignità ad un racconto diverso che ha la presunzione, l’ambizione di attraversare il tempo. Di diventare riconoscibile e universale. Scrivere significa sottrarre queste storie all’oblio”.

E molte sono le incursioni nella realtà, soprattutto nei luoghi. C’è la città dello Stretto nel racconto intitolato “Ogni domenica” scritto da Eleonora. ”Una Reggio diversa da quella che normalmente viene raccontata e vista dagli occhi non dei protagonisti, ma dei comprimari, un soldato che viene da l'Aquila che, da piazza Castello, osserva la città”. C’è Napoli nel racconto “A voce r’ ‘creature”, scritto a quattro mani. “A Napoli siamo state insieme, abbiamo vissuto l’esperienza poi omaggiata nel racconto”.

C’è la Calabria in “Il mio nome è Dike”, sublime narrazione di una Calabria deturpata, che Tiziana affida alla dea della giustizia, Dike, che diviene donna per il richiamo degli umani. E chissà se riuscirà a salvarla! Racconti trascritti “per gioco”, in cui anche la narrazione è frutto di un incastro perfetto. L’incipit è opera di Eleonora, la fine spetta a Tiziana. Un lavoro fluido e senza sforzo con un linguaggio ed un immaginario narrativo simile. “Io vengo dalla poesia - spiega Eleonora -ed avevo bisogno di qualcuno più forte nella narrazione. La poesia spesso lascia sospesi, anche nei racconti però c’è volutamente una fine sospesa”.

Ed ecco Tiziana che chiude. “Per me è stato più facile perché ho seguito la sua scia - afferma - mi è piaciuta l’attesa del racconto. Non mi è costata fatica avere rispetto della storia e della forma narrativa che mi veniva proposta. Per me è stato un esercizio di vita oltre che di scrittura”.

E poi ci sono i racconti che parlano di femminicidio, “(La) Furia” e “Parl8”. E l’occasione offerta dalla giornata contro la violenza sulle donne, che si celebra il 25 novembre, è propizia per parlare di femminismo & dintorni. “Si avverte forte la necessità di un protagonismo femminile, che deve essere collettivo, intergenere, intersezionale. Il tema è la lotta alla cultura patriarcale, non è donne contro uomini. Il contrario di femminismo non è maschilismo, è abbattimento di una cultura patriarcale” ribadisce Eleonora. E già, la donna e l’esigenza che sia coinvolta in tutto il processo sistemico, una questione che va rispolverata.

“Se tutte le donne lavorassero in posizioni apicali, il pil crescerebbe. E’ provato. E più le donne lavorano, più i servizi sono attivi, più la gente produce e l’economia gira. Sono dati scientifici”, stiletta Eleonora. E il cambiamento è on the air, il meccanismo ormai è avviato, le leggi sono lente, però pian piano queste trasformazioni ci sono e ci saranno.

“Educare attraverso gli strumenti democratici” è il monito di Tiziana. “Le leggi educano, cambiano la prospettiva e la visione. E’ necessario che ci sia una rete di collaborazione che va dal cittadino al legislatore, dal pensatore all’uomo comune. Il cambiamento richiede una struttura, un’architettura complessa e reiterata. Bisogna essere dei rompiscatole, ma è bellissimo esserlo se dietro c’è una causa giusta”. L’evoluzione passa anche dalla semplice declinazione al femminile dei termini. E quindi “rettrice” e non più “rettore”, per rimanere legati all’attualità, perché “il dramma è che si dà una lettura della realtà che risente della cultura patriarcale, in maniera inconsapevole”.

Un femminismo fatto con e non contro gli uomini, ci tengono a sottolineare le due autrici. Ed il libro vuole essere la testimonianza di un mondo che evolve, destinato al cambiamento grazie anche al contributo soave e forte, sorprendente ed accorto della scrittura di Eleonora Scrivo e di Tiziana Calabrò.

“Occorre essere matti per scrivere - si legge nella prefazione a cura di Cinzia Messina - fare qualcosa che è inutile non ci salva quasi da nulla, ma gli artisti, gli scrittori, sanno cosa sia esser fatti di piume, ed è per questo che sopportano come pochi i pesi”.

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