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Lo Stretto necessario

Lo Stretto necessario

A cura di Roberta Pino

La città è casa mia: quando la bellezza convive in disarmonia con la bruttezza

Riflessioni sparse sul degrado in-giustificato di una Reggio sommersa dai rifiuti

Girarsi dall’altra parte, soffermarsi solo su ciò che piace o conviene, evitare ad ogni costo ciò che fa male è un modus operandi diffuso, come un virus destinato a replicarsi, seppur in varianti differenti. Considerazioni doverose quando osservo la mia città, quella Reggio dalle importanti radici storiche, motivo di vanto per i reggini, consacrata da una bellezza che non ha eguali, situata in una posizione geografica felice, e già, proprio al centro del Mediterraneo insieme alla dirimpettaia Messina.

Mi soffermo ad osservarla e non mi do pace quando scorgo le sue ferite che non smettono mai di sanguinare. Come può la bellezza del luogo sovrastare l’incuria disseminata ovunque? Non c’è zona, che sia centrale o periferica, che non contempli rifiuti sparsi per strada. Imperversa ovunque ormai il cosiddetto littering, che indica l’atto di gettare impropriamente i rifiuti in spazi pubblici.

Per non parlare dei rifiuti di ogni tipo, da quelli fuoriusciti dai sacchetti dell’umido, non riposti negli appositi mastelli (per la gioia di topi e quant’altro!!!) a quelli ingombranti, televisori, materassi, reti, passando per la plastica e la carta. Quest’ultima, poi, che svolazza indisturbata a causa di un’attività di volantinaggio mal regolamentata.

Degrado a 360° che reca grossi danni all’ambiente, alla salute pubblica oltre che agli sguardi ormai rassegnati dei
cittadini. Una rassegnazione che, vivaddio, non colpisce tutti. Anzi, credo fortemente che la maggior parte dei reggini soffra di questa situazione e la sopporti a fatica. Ma si tratta di una situazione generata dall’inciviltà dei cittadini o dall’assenza delle istituzioni?

Dilemma shakespeariano che lascio alla libertà delle proprie interpretazioni perché non sempre basta trovare il colpevole per intraprendere la via della risoluzione! Gli sporcaccioni restano comunque il problema principale ma il silenzio e l’inerzia delle istituzioni lasciano certo a desiderare. E’ necessario comunque partire da se stessi, chiedersi se facciamo la nostra parte.

Conosco persone straordinarie che tralasciano impegni personali e familiari per dedicare il proprio tempo a pulire la città. Iniziative singole o di gruppo, che restituiscono bellezza e dignità. Persone che considerano Reggio Calabria come la propria casa. E’ un passaggio fondamentale per poter innescare un cambio di visione, di prospettiva. Come curo la mia casa, l’ambiente in cui vivo?

E’ una riflessione che consente di allargare lo sguardo anche fuori dalle pareti domestiche, perché la mia città è la mia casa! E’ una filosofia che affonda le sue radici nel paese del Sol Levante che, facendo le dovute distinzioni e malgrado le distanze geografiche, può essere un modello da osservare e da ricalcare, nelle migliori e più auspicabili delle ipotesi.

Per chi è appassionato, come me, del Giappone, sa che gli appartamenti di Tōkyō sono di piccole dimensioni. E, come scrive, nella sua pagina Facebook, Laura Imai Messina, scrittrice italiana residente a Tōkyō, “è uno spazio interno, intimo, quasi segreto, che si apre all’improvviso. Tra me e me ho sempre giustificato la dimensione assurdamente ridotta degli appartamenti di Tōkyō con questa idea: è casa anche il fuori (soto 外), non solo il dentro (uchi 内); curare un parco pubblico equivale a curare il proprio giardino. Fuori è semplicemente il prolungamento del dentro e il possesso è qualcosa che ha a che fare con l’uso piú che con il patrimonio. Ovunque è pertanto una Tōkyō d’interni, città che prosegue in un flusso continuo oltre la soglia”.

Prendersi cura della cosa pubblica equivale, quindi, a curare il proprio giardino, la propria casa, se stessi. Bastano davvero piccoli gesti per potersi guardare allo specchio e vedersi incredibilmente più belli!

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