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Venerdì, 19 Aprile 2024
Lo Stretto necessario

Lo Stretto necessario

A cura di Roberta Pino

PPP Amore e lotta - Dico il vero: lo spettacolo che intende restituire il diritto alla verità all’uomo Pasolini

La drammaturga Katia Colica mette in scena al Cilea il dramma familiare di Pier Paolo Pasolini, in una dimensione a-temporale, originale ed inedita

Delicato ed irruente, intenso e coinvolgente, drammatico e complesso. Un Pasolini intimo ed inconsueto ha debuttato sul palcoscenico del teatro Cilea nello spettacolo “PPP Amore e lotta - Dico il vero”, scritto dalla drammaturga Katia Colica con la regia di Matteo Tarasco e prodotto dalla Officine Jonike Arti.

“Un onore molto faticoso” l’ha definito l’autrice, un disegno pensato e ripensato perché “Pasolini è un mio maestro e c’è voluto molto tempo per elaborare la strada giusta”. Una storia familiare inedita quella portata in scena sabato sera sul palco del Cilea. E’ il dramma di una madre che sopravvive alla morte di ben due figli, una morte, poi, avvenuta con tragiche modalità in entrambi i casi. La drammaturgia di Katia Colica, con incursioni basate su documenti storici, racconta di una madre che si è vista ammazzare i due figli uno dietro l’altro, a distanza di anni. Guido Pasolini, arruolato nei partigiani, morì nell’eccidio di Porzus, una guerra fratricida rimasta senza colpevoli.

“Una storia dimenticata come quella di Pasolini d’altronde, quando si cerca di mettere da parte le storie scomode” chiosa l’autrice che prosegue - questa strage mi ha colpito tantissimo, una madre che prima voleva delle risposte per l’uccisione del figlio Guido mentre si appoggiava a Pier Paolo. Poi ha assistito al massacro di Pier Paolo, ancora senza un colpevole” (l’agguato all’idroscalo di Ostia, ndr).

Un Pasolini alternativo in scena al Cilea, immerso in un’atmosfera molto rarefatta, “alla Tennessee Williams”, davanti ad una folta platea e, grazie all’intensa interpretazione dei tre attori, ha lasciato gli spettatori con il fiato sospeso. Una collaborazione già collaudata quella della drammaturga Colica con il regista Marasco.

E che si rinnova e riprende forma con “PPP Amore e lotta”, in cui l’autrice, come ha dichiarato, si è sentita accompagnare per mano dal regista in un ambito drammaturgico molto complesso e con il quale ha trovato la chiave giusta per entrare, con delicatezza, nel dramma di una dimensione familiare complessa.

I personaggi

Con le scenografie di Melis e Lazzaro, le musiche di Antonio Aprile, i costumi di Malaterra, Katia Colica ha dato vita e spazio ai tre personaggi. Pier Paolo Pasolini, interpretato da Americo Melchionda, seduto su una scrivania in un tempo sospeso che è stato ucciso e non capisce la dimensione in cui si ritrova, non ha delle risposte ben chiare sul tempo e sul suo ruolo. Melchionda interpreta l’uomo Pasolini attraverso la sua fragilità, l’incomprensione, la disperazione dentro un’atmosfera rarefatta che esalta, nella ricerca del personaggio, il sentimento della “mancanza”.

E’ il Pasolini intimo degli ultimi istanti di vita, sospeso in una sorta di limbo tra la lucidità di un corpo vivo e la violenta morte che, all’improvviso lo coglie all’idroscalo di Ostia. Ed è in questa situazione di fragilità che Pasolini riscopre il desiderio di incontrare il compianto fratello Guido e la madre Susanna, che rappresenta il nucleo familiare a lui tanto caro. Maria Milasi, nei panni della madre Susanna che vorrebbe delle risposte, vorrebbe sapere se i figli sono stati uccisi e da chi e si sofferma, spesso, dietro una finestra, con un ombrello sempre aperto, in un blando tentativo di protezione, in una posa di eterna attesa.

Milasi porta in scena frammenti di vita quotidiana di PPP, interpretando il dolore atroce per l’uccisione dei due figli. “Si parte da una madre e si arriva al dolore della madre universale- sottolinea Katia - ho cercato dal punto di vista storico le fonti di Susanna. Il teatro è vita nel rispetto delle cose realmente accadute, occorre andare in punto di piedi, con delicatezza nella storia”.

E l’attore siciliano Andrea Puglisi che interpreta, in un ineccepibile friulano, Guido Pasolini “che vuole incontrare il fratello anche in modo irruento, come fanno i giovani e non capisce perché non riesce ad incontrarlo. Non riescono mai ad incrociarsi, se non per pochi attimi”.

Come nasce l’idea di scrivere questo dramma? “Ho voluto mettere in scena una sorta di dramma familiare - racconta Katia Colica - ci sono questi tre personaggi sospesi nel tempo, sono tutte e tre morti, è una storia di persone che vivono una dimensione a-temporale, noi li percepiamo tutte e tre morti perché lo sappiamo. Ma qui ho messo in campo un mio credo personale. Essendo simpatizzante induista e buddista, mi piace pensare la nostra vita per piani a-temporali che potrebbero incrociarsi o no. C’è questa sorta di rincorsa nella scena, di queste persone che si amano intensamente e che si incrociano, si scontrano, si allontanano. Vivono in tre tempi diversi, è come se avessi voluto restituire loro una vita che non hanno vissuto. E’ una narrazione che va al di là di una parte razionale. Chiede molto allo spettatore”.

E gli studenti che sabato hanno assistito al matinèe in programma ne sono rimasti affascinati. “Sembrava un film, ci hanno riferito i ragazzi del liceo scientifico Volta e quelli dell’Ite Piria”. Una scommessa vinta con i giovani e con
gli adulti nello spettacolo serale al Cilea. Una grande attenzione per i dialoghi tra la mamma e i due fratelli, in cui emerge la parte familiare meno raccontata di Pasolini.

La domanda drammaturgica dello spettacolo

“La restituzione del diritto alle risposte è la domanda drammaturgica principale di questo spettacolo - chiarisce l’autrice - ci sono tre persone che cercano delle risposte. E’ anche una sorta di nostro diritto terreno conoscere la verità, che può essere anche personale ma è già una risposta. La famiglia Pasolini è nata e morta senza avere delle risposte, per questo, quando ho letto la loro storia ho deciso di portarla in scena”.

Scene molto rarefatte, alcune che rassicurano lo spettatore, che vede tornare indietro delle sensazioni che ha già vissuto. Allo stesso tempo potrebbero sconvolgerlo perché le risposte stentano ad arrivare. E non arriveranno. Ancora oggi non si conosce chi ha ucciso il primo figlio, lo sappiamo in modo sommario che è stato ucciso in una strage. Nel caso di PP purtroppo c’è tanta confusione, un colpevole c’è, ad un certo punto mandiamo in onda uno stralcio di tg in cui Pelosi confessa. A tutt’oggi è stato condannato, Pelosi si è presa la responsabilità dell’uccisione di PP Pasolini ma poi ha detto tante cose diverse. Per la cronaca, non si sa fino a che punto quest’uomo si sia portato con sé verità e bugie”.

Amore e lotta, un binomio in-consapevole

“Il messaggio è nel titolo secondo me, l’ho voluto intitolare “Amore e lotta”, si parla di un ambito che va al di là di quello familiare perché in ogni cosa che questa famiglia faceva, come in tutte le famiglie, c’era l’amore e la lotta. Una madre che lo aspetta tornare all’alba, preoccupata che lo aspetta e lo aspetterà in eterno.

L’amore e la lotta di Guido verso la sua patria ed infine PP stesso che prova a mettere insieme questi due sentimenti e ci riesce spesso. Penso che sia uno dei personaggi della cultura che sia riuscito di più a mettere insieme amore e lotta. E’ come se volessi restituire almeno il diritto alla verità a questi personaggi”.

Un’idea molto originale, una drammaturgia particolare, grazie alla messa in scena del regista Matteo Tarasco. “Il testo è un viaggio poetico all’interno di uno dei più grandi poeti del Novecento - spiega il regista - PPP ci ha consentito e consente agli spettatori di vedere da un altro punto di vista la poetica e la vita reale di un uomo che molto ha patito e ha donato a tutti noi.

In particolare Katia Colica si concentra sul rapporto con la madre e, ancor più inedito, nel rapporto con il fratello Guido, morto giovanissimo in guerra partigiana, ferita sempre aperta e dolente per il poeta. Abbiamo scelto
di intraprendere questo viaggio nella memoria di tutti noi non solo per celebrare un poeta così importante ma soprattutto per celebrare la poesia.

Il testo di Colica è una sorta di poema drammatico, un modo nuovo di scrivere e Katia è una eccellenza della terra reggina ed italiana da evidenziare. E se, come accaduto ai tempi di Pasolini, un paese perde un poeta, perde qualcosa di molto importante. Se oggi ci dimentichiamo l’esistenza di poeti, della poesia, perdiamo quell’ossatura profonda, quel risuonar dell’anima che ci fa comprendere chi realmente siamo.

Lo spettacolo - ricorda il regista - si avvale di musiche originali composte da Antonio Aprile che danno alla narrazione scenica un portato di grande dimensione metafisica che ci apre ad un realismo poetico che dà valore alla poesia di Pasolini e alla dolenza della sua storia narrata da Katia Colica”.

E lo spettacolo si conclude con alcune parole che Alberto Moravia pronunciò al funerale di Pasolini. Ancora oggi, sono parole che risuonano per la loro grande bellezza. "Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono solo tre o quattro soltanto in un secolo. Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe esser sacro".

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