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Lo Stretto necessario

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A cura di Roberta Pino

Vaccino anti Covid: un atto di amore collettivo nel tempo della paura

Dalla paura del virus alla scelta responsabile del vaccino, un percorso approfondito a cura della psicologa Maria Laura Falduto, che dà senso a ciò che stiamo vivendo nella speranza di un futuro di libertà

Lo sgomento è il fil rouge che ha accompagnato la pandemia sin dal suo primissimo esordio. Ad un anno dall’inizio di questa epocale situazione, che ha cambiato le sorti dell’intero pianeta, moltissime persone si sono trovate a gestire fobie ignote, tra cui la paura di stare troppo vicino all’altro, diventato improvvisamente il nemico per eccellenza ed il distanziamento di sicurezza è assurto a rimedio necessario per preservare la vita umana.

vaccinazione infermieri 01-2Oggi il vaccino, il cui avvio simbolico è partito ufficialmente il 27 dicembre scorso in Europa e in Italia, è una realtà concreta, “un atto d’amore collettivo nel tempo della paura”. Tanto atteso e agognato, ma ci si chiede se la paura del vaccino possa essere il nuovo nemico. “Abbiamo imparato che ciò che è vicino va tenuto a distanza, può essere pericoloso, e ora il vaccino è davvero molto vicino, al nostro corpo, alla nostra pelle, scorrerà nelle nostre vene, è allora troppo vicino da considerarlo un nuovo nemico? Un intruso incerto in un momento altrettanto incerto? Un ospite tanto atteso ma allo stesso tempo estraneo perché non posso guardarlo, studiarlo a distanza, perché non resta fuori di me, ma è dentro di me, perché modifica, altera ciò che fin ora sono stato o ho creduto di essere.

La forza di questo trauma collettivo sta ancora una volta nella sua intrusività, incontrollabilità, nello scavalcare prepotentemente i muri, i confini cementificati delle nostre certezze e delle nostre difese, già pesantemente indebolite dai colpi sferrati nelle diverse “ondate”.

Faduto Maria Laura-2La dottoressa Maria Laura Falduto, psicologa, psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico e gruppoanalitico, che svolge la sua attività clinica e di prevenzione presso il Centro di Medicina Solidale Ace e presso l’Ambulatorio di Medicina Solidale del presidio medico di Ateneo Università Mediterranea di Reggio Calabria, ha analizzato, grazie agli approfondimenti compiuti in questo periodo, cosa si nasconda dietro la paura di vaccinarsi.

Paura che passa attraverso l’incertezza che regna sovrana tra l’elaborazione dei lutti subiti e la speranza tanto invocata della ripresa. “In mezzo troviamo un tempo inatteso, che porta come biglietto da visita la parola incertezza. Un'incertezza prolungata a data da destinarsi che si accompagna a stanchezza, che ci obbliga a vivere un presente immobile, che blocca la possibilità di fare progetti di guardare in avanti e, il cui effetto è o uno stato di chiusura, di resa (pensiamo ai sintomi preoccupanti lamentati dagli adolescenti quali sconforto, scarsa motivazione, concentrazione, sfiducia nel futuro, sintomi depressivi eccetera) o uno di perenne allerta, agitazione interna (i dati in letteratura confermano l’aumento di disturbi del sonno, ansia, irrequietezza, attacchi di panico senza dimenticare chi già soffriva di questi disturbi e che ha visto un peggioramento del proprio stato di salute proprio a seguito della pandemia) uniti a comportamenti immotivati e/o irrazionali”. (photo Pixabay)

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Smarrimento, disorientamento, confusione “sono tentativi sani di proteggersi dalla possibilità di sprofondare nel non senso” chiosa la psicologa Falduto. Tra paure attese e inaspettate c’è, però, una lezione che questo trauma ci ha lasciato impresso nella mente e nel corpo: “nessuno si salva da solo”. E la dottoressa Falduto parla di “solidarietà responsabile e condivisa”. 

“Quello che oggi ci può far sentire veramente liberi è il sentirsi vicini e partecipi verso una sorta di missione comune: iniettarci la speranza, aprirci al nuovo anziché rifugiarci nel chiuso, perché è nel mare aperto pur dell’incertezza, che si schiude la possibilità della ripresa, in cui il soggetto esiste, vive come nome e viene riconosciuto perché nominato dalla presenza di un altro, perché può incontrare l’altro, rispetto al chiuso in cui il soggetto subisce la vita, ridotto a numero, disancorato dell'alterità”.

Un’altra parola che la dottoressa Falduto prende in considerazione in questo percorso verso la salvezza è impotenza. “Difficile fidarsi e affidarsi nel tempo dell’incertezza a qualcosa di incerto che dovrebbe salvarci la vita, per questo motivo assistiamo a diverse posizioni in merito alla vaccinazione per quanto rappresenti attualmente l’unica alternativa, l’unico rimedio, l’unico antidoto al virus”. (foto Pixabay)

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Ma c’è un dato ancora più preoccupante denunciato da The Lancet, tra le più importanti riviste scientifiche in ambito medico al mondo. "Mai prima d’ora un numero elevato di cittadini ha avuto un accesso così ampio all'informazione e, allo stesso tempo, ha protestato contro le raccomandazioni per la tutela della salute pubblica, negando con tanta veemenza le evidenze cliniche. I media hanno parlato di diniego psicologico come di una delle cause della mancata aderenza alle raccomandazioni sulla salute pubblica per il Covid-19.

La non aderenza medica costa ogni anno un numero di vite indescrivibile e una spesa sanitaria pubblica importante” , ha ribadito The Lancet. “Dobbiamo evitare che oltre al virus dilaghino violenza, rabbia e comportamenti irrazionali e immotivati - ribadisce la dottoressa Falduto - pochi hanno consapevolezza delle proprie difese ed è questa la sfida, lo sforzo che dobbiamo praticare per evitare che alcuni movimenti interni si trasformino in rigide chiusure, comportamenti irrazionali, fin anche in esacerbazioni di massa di movimenti animati da rabbia e violenza.

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Tra questi meccanismi di difesa, il diniego è uno dei più pericolosi, assieme alla scissione, la proiezione, il controllo onnipotente, rimangono le modalità difensive "primitive" per spiegarsi (dare una ragione a se stessi) esperienze complesse, dolorose, ambigue o minacciose che altrimenti risulterebbero insopportabili! Per questo motivo oggi, che i nostri sistemi di difesa sono pesantemente provati e messi continuamente a dura prova - stigmatizza ancora l’esperta - è necessario inserire al più presto gli psicologi e i professionisti della salute mentale nei piani di intervento di questa nuova fase dell’emergenza perché possano creare un cuscinetto, un cordone protettivo supportivo soprattutto attorno alle fasce più deboli (pensiamo al massiccio aumento dei suicidi durante
questo periodo)”.

Una fondamentale indicazione sostenuta anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e rafforzata dall’affermazione “non c’è salute senza salute mentale”. Incertezza, stanchezza, impotenza, diniego, parole che tracciano il percorso della paura in tempi di pandemia. La conclusione, però, è affidata al dono e alla cura.

“Possiamo dire che nonostante la dimensione pervasiva della restrizione c'è uno spazio altrettanto dilagante e perturbante in espansione: è lo spazio etico, sconfinato della solidarietà, del ritorno all'essenza della dimensione del dono, come postura dell’essere, come atto costitutivo della cura - afferma Maria Laura Falduto - ne abbiamo fatto largamente esperienza in questo tempo in cui abbiamo rinunciato a libertà individuali per il bene collettivo, in questo mare in tempesta finalmente forse vediamo quella sponda che tanto cercavamo per non sprofondare nell’abisso della disperazione.

Il vaccino è una sponda cui approdare, una terra madre, braccia di madre che accolgono che rispondono al pianto, dall’humus umano che richiamano fratellanza e uguaglianza. Siamo chiamati ad accogliere ancora una volta a ciò che non possiamo controllare con tolleranza e fiducia -sottolinea ancora la psicologa - riconoscendo le nostre stesse parti straniere nelle nostre parti estranee, intruse, in cerca di un “altro” che ci ospiti, di una terra madre che ci accolga. Ciò che è straniero, come il vaccino, porta con sé un che di "intruso" che, altrimenti, perderebbe la sua caratteristica di estraneità”.

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Ed a proposito di “intruso”, la dottoressa Falduto cita il filosofo francese Jean-Luc Nancy "Questo è quel che accade: identità equivale a immunità, l'una s'identifica con l'altra. L'estraneità e l'essere straniero diventano comuni e quotidiani. Questo si traduce in una costante esteriorizzazione di me: è necessario misurarmi, controllarmi, testarmi. Ci vengono fatte mille raccomandazioni riguardo il mondo esterno: le folle, i negozi, le piscine, i bambini, i malati. Ma i nemici più pericolosi sono all'interno: i vecchi virus da sempre nascosti all'ombra dell'immunità, gli intrusi di sempre, perché ce ne sono sempre stati. L'intruso non è nessun altro se non me stesso e l'uomo stesso. Non è nessun altro se non lo stesso che non smette mai di alterarsi, insieme acuito e fiaccato, denudato e bardato, intruso nel mondo come in se stesso, inquietante spinta dello stesso, conatus di una infinità escrescente".

“Ed è proprio dallo stato di necessità, o negli stati borderline - si avvia alla conclusione l’esperta - che l'unica stampella che ci sorregge, che non ci lascia al "bordo", è la presenza di un “altro” che tenda la mano, che ci stia vicino, che plachi il rumore assordante della solitudine, della disperazione, dell’isolamento. Questo “altro” amorevole oggi si chiama vaccino.

Contagiamoci reciprocamente in questa campagna - è l’appello della dottoressa Falduto - un atto d’amore collettivo, un “rischio” per conservare il ricordo di questo tempo e tornare a vivere per "tendere al Bene", una questione di sopravvivenza, di aristotelica memoria”. Il virus ha fatto saltare modelli di comportamento e relazioni, ma c’è un forte richiamo alla responsabilità per sé e per gli altri. Come ha scritto Paolo Giordano nel suo libro “Nel contagio”, il solo vaccino a nostra disposizione è una forma un po’ antipatica di prudenza.

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