Vitamina D e nuovi scenari per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico
Il medico fisiatra Fabiola Branca spiega l’incidenza della vitamina nell’autismo e nelle infezioni da Covid-19
Vitamina D panacea per tutti i mali o quasi. Immediatamente associata all’osteoporosi, la vitamina D è correlata in realtà a diverse patologie, malattie autoimmuni e tumorali in primis, che hanno alla base un'infiammazione e che toccano il sistema immunitario.
Questa vitamina (in realtà si tratta di un ormone), da qualche anno gioca un ruolo chiave anche nell’ambito dell’autismo. A riferirlo è la dottoressa Fabiola Branca, fisiatra reggina che tratta patologie riabilitative con una particolare formazione per le malattie autoimmuni. La specialista fa riferimento ad uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Child Psychology and Psychiatry e ne rivela i primi importanti e incoraggianti risultati.
“L’autismo è uno spettro di anomalie comportamentali caratterizzato fondamentalmente da ridotta interazione sociale e dalla messa in atto da partedei bambini, di comportamenti ripetitivi e stereotipati e anche dalla compromissione della comunicazione e della relazione sociale - esordisce la professionista - è una patologia che si manifesta intorno ai tre anni di età per durare tutta la vita dell’individuo. Non esiste una cura vera e propria perché ad oggi non si conosce la causa.
Tra le varie ipotesi, emerge una alterazione del sistema immunitario, che può essere considerata sia come una iperattività, associata ad elevati livelli di interleuchina 17 (molecola pro-infiammatoria, ndr),
nella maggior parte dei casi legata a tutte le patologie autoimmuni, ma vi è un filone scientifico che invece vede nell’alterazione del sistema immunitario una sua carenza. Oggettivamente - chiarisce la dottoressa Branca - quello che si nota in tutti i bambini con spettro autistico è un deficit importante di serotonina e tutti quei meccanismi di regolazione che possono essere interessati nelle alterazioni del sistema immunitario”.
La recente scoperta di cui parla la studiosa correla in maniera strategica entrambe le cose, sia la carenza di serotonina che di vitamina D. “Sembra che le due sostanze siano carenti in misura importante in tutti i bambini con autismo. Per cui si è cercato di capire se aumentando i livelli di queste due elementi, è possibile avere un qualche risultato sui segni e sui sintomidell’autismo”.
La dottoressa Branca oltre ad operare in città, svolge la sua professione anche a Roma ed a Milano. Ferma restando la specifica competenza del neuropsichiatra infantile in questo ambito, l’esperienza del fisiatra con i bambini autistici, che per motivi sia traumatici sia di ritardo psicomotorio devono essere trattati dal fisioterapista, è in relazione al trattamento riabilitativo.
“Il trattamento riabilitativo che si fa, va fondamentalmente ad aiutare il bambino nel cercare di instaurare una relazione con l’altro, la caratteristica di questi bambini è che non riescono a relazionarsi, hanno uno sguardo sfuggente, non sostengono proprio lo sguardo di chi sta loro di fronte, anche dei familiari stessi, non solo degli sconosciuti”.
Alterazione del sistema immunitario e carenza dell’ormone del benessere sono due elementi chiave presenti nella quasi totalità dei bambini con spettro autistico. “La medicina dovrebbe chiedersi perché manchi la serotonina. Sembrerebbe, a tal proposito, che una delle cause sia la presenza di
autoanticorpi che il corpo sviluppa contro il recettore della serotonina, quindi come se il corpo facesse un sabotaggio e questo è tipico delle malattie autoimmuni.
Il nostro sistema immunitario, che deve proteggere dalle infezioni esterne e dagli attacchi delle cellule estranee al corpo, in un soggetto autoimmune aggredisce anche le cellule del corpo stesso, ed in questo caso vi è un attacco al recettore della serotonina provocando una riduzione della produzione di serotonina stessa”.
E la vitamina D che ruolo ha? “La chiamiamo vitamina ma la svalorizziamo definendola così, perché è un vero e proprio ormone e come tale entra in interazione con queste cellule e si comporta proprio influenzando la differenziazione neuronale, gli assoni, la connettività tra gli assoni e la struttura della funzione cerebrale - chiarisce l’esperta - si capisce bene quanto sia importante nella costruzione di un cervello, sia che si parli di feto sia di un bambino nato, il cui sviluppo neurocognitivo cammina a prescindere finchè non raggiunge il pieno sviluppo.
La carenza della vitamina D, e quindi un eventuale disturbo di spettro autistico, è una patologia che può essere in qualche modo prevenuta quando la mamma inizia la gravidanza, già da quel momento si può fare qualcosa, assumendo vitamina D”. Centinaia di studi scientifici correlano uno stato carenziale della madre ad un disturbo di spettro autistico nel bambino e la dottoressa Branca è una grande sostenitrice dell’assunzione della vitamina D; gli studi che ha compiuto con il neurologo brasiliano Cicero Galli Coimbra, autore del noto “protocollo Coimbra” (che sfrutta le enormi potenzialità della D nel riequilibrio del sistema immunitario), testimoniano la valenza di questo ormone nel trattamento delle
patologie autoimmuni. (photo vitamina e alimenti Pixabay)
“Nel 2016 ho fatto uno stage a San Paulo in Brasile accanto al professor Coimbra, con il quale continuo a collaborare - racconta Fabiola Branca - ed ho approfondito i miei studi sulla vitamina D. Oltre il ruolo cruciale per le ossa, è proprio un regolatore del sistema immunitario, se si è carenti, questo è completamente sregolato e può esprimersi con l’insorgenza di patologie tumorali o autoimmuni”.
Vitamina D e pandemia, un altro capitolo che apre scenari importanti. “Un sistema immunitario deficitario rischia di subire tutti gli effetti legati all'infezione - spiega Fabiola Branca - un buon valore di vitamina D, in un soggetto con il virus, fa la differenza. Il paziente si può infettare ma non sviluppa tutti quegli effetti collaterali che svilupperebbe qualora fosse carente di vitamina D. (photo Ansa)
In Gran Bretagna questo ormone viene distribuito gratuitamente ai soggetti fragili perché è stato dimostrato che entra in gioco nella famosa cascata attivata dall’interleuchina 6, una proteina infiammatoria e la vitamina D la blocca. Frenando l’infiammazione, si limita il danno”.
A conferma di ciò, vi è uno studio elaborato all’inizio della pandemia e pubblicato dall’Università di Torino, “in cui si evince la fondamentale importanza della vitamina D e contemporaneamente correlata a questa, la problematica nei soggetti che, avendo contratto una infezione covid, si sono mostrati carenti della stessa”.
Vitamina D, quindi, come il più potente immunomodulante del sistema immunitario. “La natura ci aiuta in questo, ma l’esposizione al sole non basta. Inoltre, c’è ancora una resistenza a prescriverla legata ai dogmi che ci hanno trasmesso all’università, c’è lo spauracchio che provochi calcoli ai reni - spiega ancora Fabiola Branca - e viene prescritta una volta a settimana piuttosto che una volta ogni 15 giorni o, ancora peggio, una volta al mese.
Questo è sbagliato perchè la vitamina D ha un'emivita di 18 ore, ciò vuol dire che si disperde con il passare dei giorni. Non bisogna eccedere - conclude la dottoressa Branca - ma è peggio esserne carenti”.