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Venerdì, 29 Marzo 2024
L'iniziativa

L'Anassilaos e la lotta alla mafia nel ricordo di Emanuela Loi

Rosella Crinò: "Era una di noi, una nostra sorella,  un’eroina suo malgrado e oggi un esempio"

Trenta  anni fa, il 19 luglio 1992,  moriva insieme a Paolo Borsellino e agli altri colleghi della scorta, Emanuela Loi. All’agente della polizia, alla quale l’associazione culturale Anassilaos ha intitolato fin dal 2005 la propria sezione femminile, la responsabile della sezione, Rosella Crinò ha dedicato una breve commemorazione  nel corso dei periodici  incontri organizzativi promossi dal sodalizio reggino presso la propria sede. 

"Emanuela – ha esordito la Crinò - era una ragazza e una donna come noi. So che è pericoloso lavorare qui, ma faccio il mio mestiere era solita dire  e aggiungeva Se ho scelto di fare la poliziotta non posso tirami indietro. So benissimo che fare l’agente di polizia in questa Città (Palermo) è più difficile che nelle altre, ma a me piace. Non esistono forse migliori parole per manifestare un eroismo così antieroico che nasce - come ebbe a dire il ministro dell’Interno Pisanu nella commemorazione del 2002 - dall’esercizio coerente e consapevole della virtù”.

Desiderava fin da ragazzina di fare il poliziotto e c’era riuscita. Era nata a Sestu, un piccolo centro in provincia di Cagliari, il 9 ottobre del 1967, e come tanti giovani del nostro Mezzogiorno aveva coronato una vocazione e scelto una professione. Sognava una vita normale ed era prossima al matrimonio ma aveva scelto un lavoro difficile e pericoloso quale poteva essere quello di agente di scorta, un servizio al quale era stata chiamata da poco. 

Tra i servizi di un agente delle forze dell’ordine è forse quello più delicato e rischioso poiché “La scorta – ha scritto  Rita Borsellino – non è un contenitore vuoto ma è fatta da persone con un compito straordinario: proteggere la vita di un altro anteponendola alla loro”  e nella calda distratta estate di quella  Palermo di cui così parlava  il giudice Paolo Borsellino “Non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla; perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non piace, per poterlo cambiare” ella  andava incontro al suo destino tragico.

I suoi sogni di donna, di sposa e di poliziotta si infransero per lei nella tragica estate del 1992, un anno difficile per il Paese  da poco scosso dalla strage di Capaci nella quale avevano trovato la morte Giovanni Falcone, la moglie e la scorta. Erano le 13,45 del 19 luglio. Con lei oltre a Paolo Borsellino caddero anche gli agenti  Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli,  ai quali tutti va il nostro grato ricordo.

Emanuela Loi – ha proseguito  la responsabile donna di Anassilaos -era consapevole dei pericoli  ma faceva parte del suo lavoro accettare il rischio e questo ne fa “una eroina moderna”, come ebbe a definirla il Ministro Pisanu nel 2002. Qualche mese prima Don Luigi Ciotti, Presidente di Libera, ricordandola aveva così affermato “Emanuela non è stata un’eroina ma una ragazza fedele a Dio e agli uomini, una operatrice di giustizia”.

Contraddizione solo apparente se ci si intende bene sull’eroismo. Eroe infatti non è chi, o non è solo chi, spavaldamente compie dei gesti eclatanti  manifestando sprezzo per la vita, ma colui che in silenzio compie il proprio dovere ben conscio dei rischi e dei pericoli che comporta tale esercizio.

In questo senso Emanuela Loi è ben a ragione una eroina come eroi sono tutti quegli uomini, magistrati illustri o semplici graduati, agenti delle forze dell’ordine,  generali o soldati che hanno sacrificato la loro vita nell’esercizio del proprio dovere.  “Eroi del quotidiano”, “eroi di tutti i giorni” per le strade, di giorno e di notte, al caldo o al freddo, a difendere la nostra libertà, a tutelare la nostra sicurezza, a darci fiducia.

"Emanuela Loi – ha concluso la Crinò - era una di noi, una nostra sorella,  un’eroina suo malgrado e oggi un esempio. E’stata la prima, per fortuna l’unica, donna delle forze dell’ordine a cadere in un agguato di mafia e noi – scrive la Crinò - non potevamo ignorare la sua vita e soprattutto la sua morte".

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