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Cronaca

Anno giudiziario, il documento unitario delle camere penali del Reggino

Per Armando Veneto, Pasquale Foti ed Eugenio Minniti: “L’emergenza da Covid-19 ha imposto molti cambiamenti; taluni necessari per consentire il prosieguo dell’attività giudiziaria, altri accettabili sono in un’ottica emergenziale"

In occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021 le Camere penali del distretto della Corte di appello hanno inteso partecipare al dibattito con un documento congiunto.

“Si avvicina - si legge nella nota firmata dagli avvocati Armando Veneto, Pasquale Foti ed Eugenio Minniti - accompagnata da un clima sicuramente dimesso, l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021, segnata dalla profonda cicatrice lasciata dalla pandemia che ha travolto il 2020 e che lascerà il segno per gran parte dell’anno in corso. Gli avvocati penalisti, come sempre, hanno dimostrato grande spirito di abnegazione e adattamento e sono stati pronti a dare l’esempio in un momento di difficoltà che non si riscontrava dal secondo conflitto mondiale. L’augurio è che il 2021 porti a delle soluzioni condivise, in particolar modo per il buon andamento della giustizia”.

Per Armando Veneto, Pasquale Foti ed Eugenio Minniti: “L’emergenza da Covid-19 ha imposto molti cambiamenti; taluni necessari per consentire il prosieguo dell’attività giudiziaria, altri accettabili sono in un’ottica emergenziale, fortemente legata alle criticità del momento ma impossibili da condividere come scelte definitive. Non è possibile immaginare il sacrificio di diritti fondamentali, riconosciuti dalla Costituzione e tanto faticosamente conquistati, neppure in presenza di un’emergenza sanitaria. Non è possibile accettare che l’attenuazione di certe garanzie, causata dalla necessità di riconoscere, in un momento così delicato, la più ampia tutela del diritto alla salute, possa diventare la regola”.

Su questo fronte l’avvocatura darà battaglia, “con tutte le proprie forze, affinché il processo penale non venga snaturato. Le camere penali, attraverso il proprio organo di rappresentanza, hanno sostenuto e continuano a proporre al Ministro della Giustizia delle soluzioni ragionevoli, riconoscendo l’importanza e soprattutto l’efficacia della informatizzazione della fase delle indagini preliminari, dell’accesso e del deposito degli atti in via telematica; anche mediante delle procedure più snelle e meno formali rispetto a quanto previsto per il processo civile telematico, geneticamente diverso rispetto al processo penale”.

Per i rappresentanti delle camere penali reggine: “Nemmeno un’emergenza sanitaria così grave può fare dimenticare che al centro del processo penale c’è l’uomo. È buona ogni riforma che consenta di snellire le procedure, di velocizzare ed ottimizzare le risorse del sistema giustizia, in un’ottica di miglioramento ed efficienza che è utile per tutti. Non è buono l’intervento che, per raggiungere un siffatto risultato, in qualsivoglia modo, sacrifichi, comprima, o riduca a mera enunciazione formale i diritti e le garanzie del giusto processo”.

Gli avvocati, poi, bocciano “la dematerializzazione del processo”. “Già la consapevolezza che una parte consistente della Magistratura abbia fatto fronte comune con l’Avvocatura, affinché il processo penale non vada a subire un offuscamento che, ove dovesse accadere, non potrà che andare incontro a feroci censure di carattere costituzionale, fa ben sperare per il futuro. La decretazione d’urgenza, in materia di giustizia – e di processo in particolare – ha, nel tempo, sempre dimostrato lacune e criticità, accettabili solo in un’ottica di assoluta provvisorietà, dovuta in questo caso all’incedere del fenomeno pandemico”.

“Si, dunque al deposito degli atti difensivi tramite Posta certificata e alla informatizzazione dell’attività di indagine, si alla formazione degli atti di indagine da remoto solo se vi è consenso del difensore; no alla formazione della prova e alla discussione a distanza in ogni fase del processuale.La pandemia ha aperto, altresì, il fronte dell’agevolazione all’accesso alle misure alternative alla detenzione nella fase esecutiva, quale risposta mirata al contrasto del sovraffollamento carcerario e quindi a limitare il rischio contagio. Il sovraffollamento rappresenta da molti anni ormai un problema per l’Italia, troppo spesso destinataria di provvedimenti di condanna della Cedu proprio in ragioni delle inadeguate condizioni di carcerazione. In questo caso le misure adottate, per scongiurare il pericolo del contagio incontrollato all’interno degli Istituti Penitenziari, potrebbe diventare la regola. Una regola buona, che consenta, in armonia con la finalità rieducativa della pena, di ridurre la popolazione carceraria, migliorando le condizioni dei detenuti".

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