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L'inchiesta

Per fuggire dall'Italia e arrivare in Germania servivano 1500 euro

I carabinieri e la Dda di Reggio Calabria, in tre anni di indagini, ha ricostruito tutti i meccanismi della rete di favoreggiatori dell'immigrazione clandestina

Tre anni di indagini, è questo il tempo che ci hanno messo gli investigatori dell'Arma del comando provinciale reggino ed i magistrati della Direzione distrettuale antimafia, guidati dal procuratore Giovanni Bombardieri, per ricostruire la rete dei favoreggiatori dell'immigrazione clandestina e arrivare, all'alba di oggi, a portare a compimento l'operazione "Parepidemos" che ha portato in carcere quattro cittadini afghani. Un gruppo che chiedeva 1500 euro ad ogni migrante per gli spostamenti dei migranti verso la Francia e la Germania.

La genesi dell'indagine

È il 2020 quando, a seguito dell’innalzamento del numero di sbarchi di migranti registrato sul litorale reggino, in particolare sulla costa ionica, i Carabinieri avviano una manovra informativa, finalizzata a verificare gli elementi di convergenza di tale fenomenologia, attesa la probabile sussistenza di una rete di trafficanti di esseri umani.

L’attenzione dell’Arma, attraverso le stazioni territoriali, si è concentrata sui movimenti dei migranti successivi allo sbarco, allorquando – in ragione dell’allora vigente emergenza epidemiologica – venivano posti in isolamento fiduciario presso i centri di contenimento sanitario temporaneo.

Il furgone 

Ed è proprio dall’osservazione sul campo che i militari notano un 40enne afgano, residente in Francia, del quale viene registrata la presenza a bordo di un furgone con targa transalpina a Bova Marina.

Le indagini, avviate sotto il coordinamento della Dda reggina, hanno consentito di registrare i movimenti dell’afgano che, dopo avere fatto salire a bordo 10 connazionali, percorre l’intero territorio nazionale, facendo tappa in Abruzzo, in Lombardia e in Liguria, uscendo successivamente dal territorio nazionale dal valico del Frejus.

Gli spostamenti oltre confine

A seguire, lo straniero varca più volte nuovamente il confine, non dopo essere stato controllato dai Carabinieri di Susa prima di fare ingresso nel traforo del Frejus, circostanza questa che ha cristallizzato in maniera univoca l’intenzione del conducente di lasciare l’Italia per far accesso in Francia.

Nel corso del controllo, i militari operanti avevano modo di constatare come l’indagato fosse l’unico occupante del mezzo anche se, da una successiva ispezione, veniva accertata la presenza sui sedili posteriori di alcuni bagagli, dentro i quali venivano rinvenuti pannolini per bambini ed altri vestiti chiaramente non appartenenti all’indagato. Inoltre, è stata censita la presenza di un vano, creato ad hoc nella parte posteriore del mezzo per nascondere le persone.

Le aggravanti

Proprio le circostanze con cui i migranti hanno raggiunto la destinazione agognata ha portato la procura reggina a contestare le aggravanti, confermate nel provvedimento del giudice per le indagini preliminari, di avere esposto le persone trasportate a pericolo per la loro vita (avendoli abbandonati in una zona di montagna, al freddo ed alle intemperie, su sentieri scoscesi ed impervi) e quella di aver commesso il fatto sottoponendo i trasportati a trattamento inumano e degradante (nascondendoli nel furgone).

La segnalazione

A questo punto, in ragione di una segnalazione inserita nella Banca dati Schengen viene tratto in arresto dalla Polizia francese a Montgeneve (nel lato transalpino della località di frontiera) sorpreso nel valicare il confine con sei connazionali clandestini.

Le indagini, proseguite con l’ausilio dei canali Eurojust ed Europol, al fine di ricostruire i contatti e ulteriori componenti della catena di trasbordo dei migranti, hanno consentito di definire una filiera criminale di immigrazione clandestina localizzata in Turchia, Italia, Francia e Germania.

I ruoli degli arrestati

Sono stati infatti ricostruiti dettagliatamente i ruoli degli altri soggetti coinvolti, tutti di origine afgana: il primo, di cui è stato ampiamente detto, quale promotore, organizzatore e autista; un secondo uomo, con il ruolo di intermediario tra il passeur e i parenti dei trasportati; un sodale, localizzato a Marsiglia, preposto all’accoglienza dei migranti e un ulteriore soggetto, stanziale in Germania, individuato quale terminale delle somme erogate a titolo di compenso per il viaggio.

In definitiva, gli esiti investigativi evidenziano come gli odierni indagati rappresentino la cellula localizzata sul territorio continentale che, attraverso modalità operative ben pianificate, era addetta a consentire ai migranti, una volta giunti nel reggino, dopo l’arrivo in Italia a bordo di natanti e a seguito della collocazione in centri di accoglienza, di allontanarsi e partire verso località del centro Europa.

Il canale di pagamento

È stato inoltre individuato il canale finanziario per le transazioni economiche, che utilizza il metodo informale noto come hawala. Si tratta di un sistema di trasferimento di denaro basato sul brokeraggio informale e su relazioni non contrattuali che prevede che il soggetto che intende trasferire una somma di denaro a un altro soggetto, di norma residente in un diverso paese, contatti un broker intermediario (c.d. hawaladar) e gli versi la somma da inviare; l’intermediario locale contatta quindi un suo omologo nel paese ricevente, dandogli ordine di pagare al soggetto destinatario la somma indicata, trattenendo una commissione.

Il costo del viaggio

La somma versata al destinatario (nell’odierna indagine quantificata in 1500 euro per ogni migrante per il servizio di trasporto), verrà successivamente rimborsata dal primo al secondo intermediario, con tempi e mezzi variabili, secondo le circostanze.

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