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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

La preghiera e il virus, Giosuè racconta il suo calvario per sconfiggere il Covid-19

A 46 anni l'imprenditore reggino ha rischiato di perdere la vita, il pensiero del figlio e la fede lo hanno sostenuto nella battaglia contro l'infezione: "Non si deve sottovalutare la malattia, non è una semplice influenza. Restare a casa è la scelta giusta"

Giosuè Insinga è un ragazzone reggino di 46 anni, solare e sostenuto da una forte dose di positività addosso, che ha lottato e sconfitto il Coronavirus. Lo ha fatto affidandosi alla preghiera, lui che è pastore evangelico, e sostenuto dall’idea di non poter abbandonare suo figlio Gionathan, che sta per diventare maggiorenne, di doverlo accompagnare lungo il percorso della vita, di ridere con lui, di abbracciarlo forte per fargli superare le paure.

Il figlio Gionathan e la voglia di vivere

giosue' insinga-2“Dopo qualche giorno in ospedale mi stavo per arrendere - ci racconta Giosuè Insinga, bovalinese di nascita e reggino di adozione - mi sentivo mancare l’aria, il casco per la ventilazione forzata mi impediva qualsiasi movimento, da giorni come conseguenza del virus ero inappetente e debilitato, in quel momento mi è venuto davanti mio figlio e mi sono detto: non posso mollare, devo lottare per lui, devo continuare ad aiutarlo nella sua crescita”. Quel pensiero è stato come una scossa per il giovane programmatore informatico. Giosuè Insinga è ritornato alla vita, ha accolto i suggerimenti di un infermiere e si è messo a respirare profondamente per calmare l’ansia , come non aveva mai fatto prima. 

"Per vincere il virus ci vuole forza"

“Quelle che ho vissuto non sono state belle sensazioni. Inizialmente accetti la malattia, ti dici prima finisco e prima torno a casa. Dopo qualche giorno però tutto cambia. Le crisi respiratorie si susseguono, passi da un reparto all’altro. Non è stato per nulla facile. Per superare questa prova - continua Giosuè Insinga - ci vuole una grande forza, hai bisogno di aggrapparti a qualcosa, a qualcuno, per non farti vincere dalla disperazione. A me l’aiuto è arrivato dal cielo, ogni sera passavo il mio tempo a pregare”.

Preghiera e medici professionali

La preghiera è stato come il giubbotto di salvataggio per un naufrago, ma la competenza dei medici che lo hanno curato, prima nel reparto di Malattie infettive del Gom e, subito dopo, presso la Terapia intensiva, è stato il porto sicuro dentro cui ripararsi dai marosi della malattia. “Non finirò mai di ringraziare abbastanza - ci confida Giosuè - il personale del Gom. Quello di Malattie infettive e quello della Rianimazione. Non solo per la grande professionalità ma, soprattutto, per quella umanità che non è mai mancata. E’ anche grazie a loro se, nei giorni più duri della mia degenza in ospedale, ho resistito alla tentazione di gettare la spugna”. 

In Terapia intensiva "grande umanità"

nuccio macheda-2Per tirarlo fuori dalla Terapia intensiva, (nella foto il dottor Macheda), reparto dentro il quale per dieci giorni Giosuè è stato l’unico paziente sveglio, i medici del Grande ospedale metropolitano hanno usato tutti i protocolli attualmente conosciuti, dal farmaco anti artrite alla vitamina D, ma soprattutto hanno circondato il giovane reggino di un “grande affetto”, hanno rafforzato le sue difese immunitarie con grandi dosi di umanità. 

Il ritorno a casa 

Adesso Giosuè Insinga è tornato a casa, è tornato ai suoi affetti, alla sua famiglia che il Coronavirus ha diviso e messo a dura prova: quattro, infatti, sono stati i contagi fra le relazioni più strette. Giosuè è stato dimesso, sta seguendo un regime di quarantena obbligatoria, non ha più sintomi evidenti, i suoi polmoni non sono più “inguardabili” come quando sono stati fotografati dai sanitari del Gom di Reggio Calabria, ma il tampone non è ancora negativo. La guerra non è stata ancora vinta dopo oltre venti giorni di cure. Il Covid-19 è un avversario subdolo e pericoloso, Giosuè Insinga l’ha capito a proprie spese e, per questo, vuole mandare un messaggio ai suoi concittadini.

Il messaggio ai reggini

“Non bisogna prendere sotto gamba l’infezione - ci spiega infine - si può morire. Non è una semplice influenza, non bisogna farsi ingannare. Io avevo in corso una forte polmonite virale e non mi ero accorto di nulla. Bisogna essere tempestivi, non esitare nell’andare in ospedale, un esame ti può salvare la vita. Oggi, poi, rimanere in casa è la cosa giusta da fare”.

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