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Il rapporto

Covid-19 e infortuni sul lavoro, sono le donne le più contagiate

E' quanto emerge dallo studio "Diritti delle donne lavoratrici, rischi infortunistici e tutela del lavoro', realizzato in occasione della giornata internazionale della donna

Il Covid-19 si è abbattuto su tutte le componenti del mondo del lavoro, ma a farne le maggiori spese sono state le donne. E' quanto emerge dallo studio "Diritti delle donne lavoratrici, rischi infortunistici e tutela del lavoro', realizzato in occasione della giornata internazionale della donna. Se da una parte il calo della produzione e delle ore lavorate ha comportando una netta riduzione degli esposti al rischio di infortunio e, di conseguenza, un effetto 'benefico' sul fenomeno infortunistico riducendone il numero, dall'altra parte questa stessa riduzione è stata in gran parte compensata da una nuova tipologia di infortuni sul lavoro: quelli da infezione da Covid in ambito lavorativo che sono stati equiparati agli infortuni strettamente lavorativi dal dl 18/2020 del 17 marzo 2020.

Dai dati elaborati dall'Inail, con riferimento al consuntivo 2020-2021, si rileva che nel biennio sono stati denunciati complessivamente circa 191.000 infortuni da infezione da Covid in ambito lavorativo; di questi ben 130.000, pari al 68,3% del totale, hanno colpito la componente femminile, contro il 31,7% di quella maschile. La situazione si capovolge nel caso di infortuni mortali: 811 casi in complesso, di cui 669 hanno colpito gli uomini (82,5%) e 142 le donne (17,5%). Da segnalare che gli infortuni da infezione da Covid sono stati rilevati da Inail al 31 dicembre di ciascun anno e pertanto sono da considerare del tutto provvisori e quindi suscettibili di ulteriori incrementi, anche di un certo rilievo.

La classe di età maggiormente coinvolta è quella delle lavoratrici anziane (50-64 anni) che rappresenta oltre il 42% del totale infortunate; segue la classe di età centrale (35-49) con circa il 38%, mentre molto più limitati gli infortuni della classe di lavoratrici più giovani (fino a 34) con il 18,1% e quella più anziana (65 e oltre) con 1,3%. La stessa classe di età (50-64 anni) è nettamente prevalente tra le donne infortunate con esito fatale (oltre 2/3 del totale). L'età media delle donne infortunate è di 46 anni (la stessa degli uomini), mentre l'età al decesso è di 57 anni per la componente femminile e di 59 per quella maschile. A livello territoriale, la pandemia da Covid ha colpito molto duramente soprattutto le aree del Nord del Paese, dove nel biennio 2020-2021 si sono registrati poco meno di 94.000 infortuni femminili, pari al 72% del totale nazionale (45,7% nel Nord-ovest e 26,3% nel Nord-est).

La regione con il più alto numero di infortuni femminili è in assoluto la Lombardia, con quasi 35.000 casi pari al 26,7% del totale nazionale; seguono in graduatoria le regioni del nord più importanti, sia dal punto di vista demografico che produttivo: Piemonte (14,4%), Veneto (11,3%) ed Emilia Romagna (8,9%). Quote significative si registrano anche al Centro, in particolare Lazio (6,0%) Toscana (5,7%) e Marche (2,4%). Al Sud le regioni con il più alto numero di infortuni femminili da Covid sono la Campania (circa 5.000 infortuni pari al 3,8% del totale nazionale) e la Puglia (2,9%). Nelle Isole, la Sicilia e la Sardegna contano rispettivamente il 2,3% e l'1,5% del totale nazionale.

Poche centinaia di casi con valori percentuali inferiori all'unità si registrano, infine, nelle regioni di minori dimensioni demografiche: Umbria (0,7%), Calabria (0,6%), Valle d'Aosta (0,5%), Basilicata (0,4%) ed ultimo il Molise con poco più di 300 infortuni femminili denunciati ed una quota di appena lo 0,2%. Per quanto riguarda i casi mortali l'Inail non ha diffuso i dati a livello regionale distinti per genere; tuttavia, riteniamo che la ripartizione per genere degli infortuni mortali regionali non si discosti molto da quella relativa agli infortuni in generale. In generale, gli operatori della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili) sono di gran lunga i lavoratori più colpiti con il 64,6% di infortuni (circa 123.400) sul totale generale.

Questo settore, che si è trovato sempre in prima linea nel corso della pandemia, è caratterizzato da una forte presenza femminile: circa il 70% del personale sanitario è donna; non è pertanto da escludere che la componente femminile rappresenti almeno la metà degli infortunati del settore (nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di infermiere). Se la gran parte degli infortuni da Covid ha riguardato innanzitutto gli operatori sanitari, che sono esposti a un elevato rischio di contagio, ci sono anche altre attività lavorative a rischio, in particolare quelle che comportano un contatto costante e diretto con il pubblico o l'utenza (lavoratori che operano in front-office, alla cassa, agli sportelli, addetti alle vendite, ecc.).

Ed infatti, al secondo posto di questa triste graduatoria troviamo i lavoratori della Pubblica amministrazione con il 9,2% di infortuni (circa 17.600); anche in questo settore (in particolare gli operatori di organismi preposti alla sanità, alle asl e alle amministrazioni locali) la componente femminile ha una presenza molto consistente.

A seguire: il settore dei servizi di supporto alle imprese (servizi di vigilanza, pulizia, call center,...) con il 4,4% (circa 8,400 infortuni), anch'esso a forte vocazione femminile; il settore manifatturiero (tra le prime categorie coinvolte ci sono gli addetti alla lavorazione di prodotti alimentari, di prodotti farmaceutici, di metalli, di macchinari e di pelli) con il 3,2% (circa 6.100 infortuni); il settore dei servizi di alloggio e ristorazione con il 2,5% (circa 4.800 infortuni); il settore del commercio all'ingrosso e al dettaglio con il 2,3% (circa 4.400 infortuni); il settore Altre attività di servizi (che comprende pompe funebri, lavanderie, riparazione di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere, ecc.) con l'1,9% (circa 3.600 infortuni). Per quanto riguarda, infine, i casi mortali, gran parte dei 142 decessi femminili da infezione da Covid si è verificato nel settore della sanità (ben oltre la metà); in misura molto minore nella Pubblica amministrazione, nel commercio, nell'industria manifatturiera e nei servizi di supporto alle imprese.

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