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Cronaca

Vaccini anti Covid, le camere penali calabresi chiedono conto al Ministro e al Commissario

I rappresentanti degli avvocati di tutta la regione hanno preso carta e penna e chiesto alle istituzioni competenti quali sono stai i criteri di selezione delle categorie da vaccinare con priorità rispetto alle altre nel mondo della giustizia

“Occuparsi dell’argomento del vaccino contro il morbo pandemico, significa affrontare i temi sensibilissimi. Il diritto alla salute, alla vita, la sofferenza della malattia e della perdita degli affetti. Basterebbe riflettere su questo per avvertire il disagio su quanto si racconta a proposito dell’affannosa rincorsa per categorie professionali o ritenuta rilevanza del servizio reso”. E’ questo la denuncia avanzata dai rappresentanti del coordinamento delle camere penali calabresi.

“Si legge che avvocati, magistrati e anche giornalisti - scrivono - rivendicano l’essenzialità del loro ruolo nella società ed aspirano all’immunità anticipata. Osserviamo che tale esibizione di particolarismi in competizione, sollecitati dal demone della paura che si è impadronito di ciascuno di noi, non è casuale. La corsa al vaccino mette in evidenza la mancanza di un piano di distribuzione basato su regole chiare”.

Una corsa rischiosa che, per i rappresentanti del coordinamento delle camere penali calabresi, potrebbe portare come effetto negativo ciò che così viene spiegato: “inevitabile che trafficanti d’influenza per conto proprio o della categoria d’appartenenza, siano scatenati. In tale desolante quadro diamo conto della situazione calabrese in cui il servizio  pubblico essenziale della giustizia, a braccetto con le Prefetture, smarcandosi da altri,  è riuscito ad ottenere il suo stock di Astrazeneca. Diamo conto che il commissario Longo ha scartato gli avvocati concelebranti la liturgia quotidiana dei processi alle moltitudini di imputati nonché obbligati assembratori di corridoi e atrii davanti ad aule ed ingressi di cancellerie semideserte. Niente di particolarmente sorprendente anche in questo caso”.

Per gli avvocati, poi, nel quadro di sostanziale “alegalità è assai probabile che le risorse limitate siano distratte verso chi ha potere e influenza. Ma nel caso specifico si tratta di organizzare la distribuzione di utilità essenziali per la salvaguardia della salute e della vita delle persone. Beni rispetto ai quali non può discriminarsi per categoria di appartenenza. E si tratta, per altro verso, di stabilire quale Servizio Pubblico essenziale debba funzionare e a quali condizioni. Secondo il Commissario Longo il servizio giustizia funzionerebbe scartando la categoria professionale che esercita la funzione difensiva nei procedimenti giudiziari”.

Per evitare questa deriva, infine, gli avvocati calabresi, riuniti nel coordinamento delle camere penali, hanno scelto di rivolgersi al Ministro che ha la responsabilità del buon andamento della amministrazione della giustizia perché con chiarezza faccia intendere che non è affare del Commissario della sanità della Calabria far funzionare un servizio scegliendo di garantire coperture vaccinali ad alcuni soltanto delle parti essenziali del sistema; al commissario Longo perché renda noto il criterio in base al quale ha ritenuto di assegnare priorità a aagistrati e personale amministrativo e dipendenti di aziende a contratto col ministero e al ministro e al Commissario per conoscere le ragioni per le quali non è stato avviato un piano di vaccinazioni nelle carceri. Ricordando che gli oltre 60 mila detenuti italiani sono stati privati di diritti essenziali da quando il carcere è stato isolato, recidendo ogni canale di significativo contatto con la realtà esterna. Se c'è una categoria che merita priorità, eccola”.

“Da avvocati penalisti - si legge infine nella missiva - abbiamo il dovere di sostenere chi arriverà ultimo ed in ritardo anche per il danno prodotto dalla mancanza di un piano serio e per l'opacità delle scelte dei responsabili della distribuzione”.

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