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Cronaca

Dia, relazione semestrale: 'ndrangheta sempre più radicata anche all'estero

La spiccata vocazione imprenditoriale fa affidamento su diverse attività illecite: narcotraffico internazionale, infiltrazione negli appalti pubblici, estorsioni, giochi e scommesse

L’organizzazione della ‘ndrangheta, anche nel periodo preso in esame, mostra le connotazioni di una consorteria fortemente strutturata su base territoriale, ancorata ai tradizionali vincoli familiari e articolata su più livelli facenti capo ad organismi di vertice, che riescono ad orientare le linee strategiche, dirimendo al contempo eventuali controversie interne: un fenomeno risalente nel tempo, ma rivelatosi, dopo decenni di mediatica disattenzione, sicuramente al passo con i tempi, in grado di coglierne tutte le opportunità e capace di produrre potere e ricchezza. La sua spiccata vocazione imprenditoriale è favorita dalle ingenti risorse economiche di cui dispone, tenendo conto che può fare affidamento su diversificate attività illecite, che spaziano dal narcotraffico internazionale (gestito in posizione egemonica, come di seguito spiegato), all’infiltrazione negli appalti pubblici, dalle estorsioni al settore dei giochi e delle scommesse, i cui proventi vengono riciclati in attività legali. Importanti inchieste giudiziarie degli ultimi tempi hanno consentito di acquisire l’esatto “organigramma criminale” della ‘ndrangheta, con l’individuazione dei locali dislocati sia nel territorio di origine, ma anche attestati fuori Regione e all’estero.

Questa capacità operativa capillare della criminalità calabrese, tuttavia, è stata efficacemente contrastata con attività investigative che hanno portato a condanne definitive dei responsabili. Proprio nel corso del semestre si è concluso l’iter giudiziario della nota operazione “Aemilia” del 2015: il 24 ottobre 2018, la Corte di Cassazione ha confermato, per gli imputati che avevano richiesto il rito abbreviato, l’impianto accusatorio emerso nel corso del processo, emettendo 40 condanne definitive e comminando un totale di oltre 230 anni di reclusione. Inoltre, il 31 ottobre, il Tribunale di Reggio Emilia ha condannato, in primo grado, 125 dei 148 imputati all’esito del rito ordinario. Un punto di forza delle famiglie calabresi risiede ancora oggi, nel rigido rispetto di usanze e ritualità tradizionali, che non si risolvono in mero formalismo, ma rappresentano un momento peculiare di sostanziale adesione ai precetti mafiosi. 

Non è un caso se risale agli inizi del ‘900 la rituale riunione che si svolge nel Comune di San Luca (RC), all’interno del Santuario della Madonna di Polsi in occasione della festa della Madonna della Montagna, nel mese di settembre: vi partecipano i rappresentanti di tutti i capi locali di ‘ndrangheta, nonché i vertici delle formazioni mafiose in proiezione extraregionale ed estera, nell’intento di pianificare affari, conflittualità, definire alleanze e dirimere controversie. San Luca, infatti, è da sempre considerata la mamma dei locali di ‘ndrangheta, custode della tradizione, della saggezza, delle regole istitutive che costituiscono il patrimonio identitario di tutte le cosche. Le cerimonie di iniziazione e di passaggio di grado nell’affiliazione, ancora una volta riscontrate ad esempio nell’operazione “Theorema-Roccaforte”, condotta sul territorio reggino nel luglio 2018, non esprimono puro folklore, ma rappresentano un punto di forza dell’organizzazione, dotata di un senso di identità e di appartenenza che rende il modello calabrese poco permeabile dall’esterno. In tale contesto, un punto di forza è rappresentato anche dalla posizione ricoperta dalle donne delle cosche, il cui “prestigio” viene confermato dalle inchieste concluse nel semestre: l’operazione “Quieto vivere” del mese di dicembre ha fatto emergere la posizione di alcune donne all’interno di un clan reggino, sia nella gestione del denaro che nel veicolare i messaggi dei capifamiglia detenuti verso l’esterno. Nel provvedimento restrittivo vengono qualificate non come “figure ‘subalterne’ al capo, ma semplicemente subordinate, in una rigida gerarchia, quasi di tipo militare, che connota le organizzazioni criminali di stampo mafioso residenti in Calabria”. Una forte coesione - saldamente fondata sui vincoli familiari – che si traduce in un numero sostanzialmente inferiore di collaboratori di giustizia rispetto alle altre organizzazioni criminali di stampo mafioso, ulteriore segnale di solidità strutturale delle consorterie calabresi. Un aspetto, quest’ultimo, che ha favorito l’espansione extraregionale della ‘ndrangheta, attraverso proprie strutture di base in territori in passato non contaminati dalle dinamiche di mafia.

Sul punto, meritano un accenno due recentissimi provvedimenti : l’ordinanza di custodia cautelare eseguita a gennaio 2019, a conclusione dell’operazione “Geenna”, che ha portato alla luce, per la prima volta, l’operatività di un locale di ‘ndrangheta attivo ad Aosta; una decisione, adottata a marzo, con la quale la Corte Superiore di Giustizia dell’Ontario canadese, nel condannare, tra gli altri, un sodale della famiglia Ursino a 12 anni e mezzo di reclusione per traffico di sostanze stupefacenti ed estorsioni, ha riconosciuto per la prima volta la struttura gerarchico mafiosa della ‘ndrangheta calabrese con ramificazioni in Canada. Le cosche calabresi sono alla ricerca continua di un indebito accesso ai circuiti finanziari legali, utili al riciclaggio dei capitali illeciti, insinuandosi prima nelle dinamiche relazionali degli enti locali e degli imprenditori, per riuscire così a condizionarne le scelte. Le aree più floride del Paese e diversi Stati esteri (Germania, Canada, Australia ne sono solo un esempio) hanno rappresentato, e costituiscono ancora oggi, un motivo per avviare un processo di proiezione della struttura criminale, replicandone l’organizzazione, spesso facendo leva sulle capienti disponibilità economiche e sulla spiccata vocazione imprenditoriale dei propri clan. A tal proposito, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, nella sua relazione sull’attività svolta nel periodo 1 luglio 2017-30 giugno 20186 , ha posto in risalto “…la propensione delle cosche ad assumere il controllo di contesti criminali nei paesi del Nord Europa, ove da tempo esponenti delle cosche ionico-reggine si sono inseriti nei settori economici ed imprenditoriali… In tal senso, intere aree di Olanda, Belgio e Germania si sono progressivamente caratterizzate per la presenza stabile di “locali” di ‘ndrangheta, dirette propaggini delle strutture originarie, operative in Calabria…”.

Le consorterie calabresi radicate oltre i confini regionali annoverano affiliati di “ultima generazione” in grado di consolidare relazioni affaristico-imprenditoriali, condizionando gli ambienti politico-amministrativi ed economici locali. Talune inchieste condotte negli ultimi anni nel nord Italia hanno dato conto anche del livello di omertà che pervade alcuni territori. In proposito, si richiamano le recenti vicende registrate nel Comune di Cantù, di cui si parlerà diffusamente nel paragrafo dedicato alla Regione Lombardia. Inoltre, altre importanti evidenze investigative hanno registrato l’avvicinamento del politico di turno o di imprenditori ai mafiosi calabresi per soddisfare un proprio interesse contingente. 

La mappa accanto rappresentativa dei locali di ‘ndrangheta emerse nel Nord Italia, nel corso degli anni, in attività giudiziarie, è emblematica della forza espansionistica delle cosche e della capacità di queste di riprodursi secondo lo schema tipico delle strutture calabresi.

Una forma di espansione che continua a rivolgersi anche all’estero

Le consorterie calabresi, ad esempio, dimostrano, da tempo, un profondo interesse nel business del gioco illegale e delle scommesse tenuto conto dei rilevanti profitti in tal modo generati. L’entità delle somme movimentate nello specifico comparto costituisce una forte attrattiva per la criminalità organizzata sia sotto il profilo dell’ingerenza nella gestione delle stesse attività ludiche, legali e non, sia per i risvolti legati a condotte di riciclaggio di proventi derivanti da altre attività illecite. L’operazione “Galassia” (novembre 2018), condotta a Reggio Calabria dalla DIA e dalla Guardia di finanza, ha portato al sequestro di un ingente patrimonio, in Italia e all’estero (Austria, Malta, Romania, Svizzera ed Antille Olandesi), per un valore complessivo stimato in oltre 723 milioni di euro, dimostrando il forte interesse delle consorterie criminali, oltre che nel traffico internazionale di stupefacenti, anche nel reimpiego di capitali illeciti nel settore del gioco e delle scommesse on line.

Cooperazione tra matrici mafiose

Le indagini hanno confermato, peraltro, la tendenza dei gruppi calabresi a instaurare forme di utilitaristica interazione con consorterie di diversa matrice mafiosa, nella fattispecie con Cosa nostra. Una cooperazione tra matrici mafiose che, in linea generale, è giustificata da specifiche contingenze più che da una costante condivisione di interessi criminali. In tal senso si rammentano anche gli esiti dell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria, denominata “‘Ndrangheta stragista”, eseguita nel mese di luglio 2017 dalla polizia di Stato con l’arresto di un esponente di vertice della criminalità organizzata di Melicucco indicato dagli inquirenti come colui che, per conto della cosca Piromalli di Gioia Tauro, teneva i rapporti con la destra eversiva e la massoneria occulta, e di uno storico elemento apicale del mandamento palermitano di Brancaccio, gravato da diverse condanne all’ergastolo e da lunghi anni detenuto in regime differenziato.

Omicidi, uomini dell'Arma e del giudie Antonino Scopelliti 

Secondo l’ipotesi accusatoria le indagini hanno ricostruito l’esistenza di un patto tra la ‘ndrangheta e cosa nostra che avrebbe fatto da cornice agli attentati consumati in danno di appartenenti all’Arma dei carabinieri in provincia di Reggio Calabria, tra il dicembre del 1993 ed il febbraio del 1994. Commessi nella stagione degli attacchi mafiosi allo Stato, i citati fatti di sangue, secondo la Dda reggina, sarebbero stati pianificati nell’ambito di un più ampio disegno criminoso “ideato, voluto ed attuato - scrivono gli inquirenti - dai soggetti di vertice delle organizzazioni di tipo mafioso denominate cosa nostra e ‘ndrangheta”. In relazione a taluni atti dell’inchiesta, rileva ricordare che il 9 agosto 1991 venne ucciso a Villa San Giovanni il magistrato Antonino Scopelliti. In ordine a tale omicidio, si segnala il rinvenimento, nel mese di agosto 2018, in un fondo agricolo del catanese, dell’arma con cui il Magistrato venne ucciso, un fucile calibro 12. Tale rinvenimento confermerebbe l’ipotesi secondo cui la mafia siciliana avrebbe avuto un ruolo nell’assassinio di Scopelliti, che all’epoca dell’omicidio si accingeva a sostenere la pubblica accusa nel processo ai vertici di Cosa nostra.
Forme di cooperazione sono da anni rilevate anche nel settore del narcotraffico internazionale. Il prestigio acquisito, in tale ambito, dai sodalizi calabresi consente loro di trattare direttamente con i più solidi cartelli sudamericani, senza intermediari, potendo, all’occorrenza far da garante anche in favore di trafficanti italiani appartenenti a sodalizi mafiosi siciliani. In tal senso, già nel 2003, gli esiti investigativi dell’operazione “Igres” avevano evidenziato come le cosche del trapanese, nel corso di una trattativa con alcuni colombiani per l’acquisto di una partita di stupefacente, abbiano avuto la necessità di farsi “accreditare” dai reggini.

Riprova di tali forme di cooperazione si sono avute anche nell’ambito di un’altra inchiesta, l’indagine “PollinoEuropean ‘ndrangheta connection” del mese di dicembre, ove le cosche di ‘ndrangheta coinvolte sono risultate in affari con il clan Cappello di Catania e con due soggetti casertani. L’attività, coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, ha visto impegnate autorità giudiziarie e jorze di polizia italiane (polizia di Stato e guardia di finanza) e straniere (Paesi Bassi e Germania), in un’azione comune contro la ‘ndrangheta e le sue proiezioni in Europa e nel Sud America, nell’ambito di una Squadra Investigativa Comune (Joint Investigation Team) costituita nel 2016 presso Eurojust. Le indagini, inoltre, hanno mostrato la tendenza delle cosche calabresi di avvalersi di strumenti innovativi per la gestione dei flussi finanziari, in particolare proponendo ai referenti sudamericani di pagare i carichi di droga con i Bit Coin. L’ampia disponibilità di capitali da investire, le basi logistiche dislocate nei punti chiave del pianeta (quali il Nord, Centro e Sud America, ove, talvolta, i propri sodali hanno trovato appoggio per la latitanza) e la capillare ramificazione oltre confine, specie negli scali portuali che costituiscono le nuove rotte dei traffici di stupefacenti (Rotterdam, Anversa ed Amburgo), sono elementi che rendono, attualmente, la ndrangheta, l’interlocutore necessario per le altre organizzazioni criminali italiane ai fini dell’approvvigionamento di cocaina. Se il porto di Gioia Tauro ha rappresentato per un lungo periodo lo scalo marittimo privilegiato per l’ingresso della cocaina proveniente dal Sud America in Europa, attualmente sembra aver perso tale primato, cedendo il passo ad altri terminal sul Mediterraneo e a quelli del Nord Europa. Verosimilmente ciò potrebbe essere dovuto ad un duplice ordine di fattori: l’aumento, rispetto agli anni precedenti, dei controlli svolti nei porti dei Paesi di provenienza da parte delle locali autorità e nello stesso scalo calabrese; la diminuzione dei volumi commerciali diretti verso Gioia Tauro.

Scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose

Nel periodo di riferimento si è assistito allo scioglimento di 4 amministrazioni comunali calabresi per infiltrazioni mafiose: i consigli comunali di Delianuova e Siderno per la provincia di Reggio Calabria e quelli di Casabona e Crucoli in provincia di Crotone. Al momento della redazione della presente relazione, la Regione Calabria annovera ben 28 enti la cui gestione è affidata ad una commissione straordinaria ex art. 143 TUEL. Tutto ciò dà conto di quanto l’attenzione degli investigatori debba continuare a rivolgersi verso quell’area grigia, quello spazio di sovrapposizione tra i sodalizi criminali ed ambienti non solo istituzionali, ma anche imprenditoriali, funzionali alle diverse esigenze delle cosche. Proprio tale compromissione conferma ulteriormente come la ‘ndrangheta costituisca il principale ostacolo a qualsiasi forma di sviluppo sociale, economico e culturale della Regione, già penalizzata da una depressione economica che si traduce, tra l’altro, in un tasso di disoccupazione pari a circa il 20% della popolazione.

Ne è ulteriore testimonianza l’operazione “Lande desolate” del mese di dicembre, nel cui ambito gli agenti della guardia di finanza hanno individuato un sistema criminoso finalizzato a distrarre risorse pubbliche, in violazione delle prescrizioni, nell’ambito della gestione degli appalti per l’ammodernamento dell’aviosuperficie di Scalea e degli impianti sciistici di Lorica (CS). Proprio il dato relativo alla crisi socio-economica della Regione, induce a riflettere in ordine alla potenziale attrattiva che le consorterie di ‘ndrangheta sono in grado di suscitare sulle nuove leve, così come emerso da recenti indagini di polizia. La ‘ndrangheta, infatti, sembra continuare a far leva sul bisogno di lavoro delle nuove generazioni anche per consolidare il controllo del tessuto socio-economico, offrendosi come sistema istituzionale alternativo. Non bisogna, pertanto, trascurare qualsivoglia iniziativa utile a far comprendere alle nuove generazioni quanto il sistema mafioso annulli ogni possibilità di sviluppo della società, favorendo, di contro, il benessere di pochi. Appare emblematico, in proposito, il lancio, nel febbraio 2019, sui canali Youtube di un video musicale del genere trap, interpretato da un giovane del reggino inneggiante alla supremazia della ‘ndrangheta sul territorio calabrese. Nella complessiva azione di contrasto svolta nel semestre in esame, hanno continuato a rivestire un ruolo di rilievo le attività volte sia all’aggressione ai patrimoni illeciti - da parte della Dia e delle forze di polizia - che all’adozione di provvedimenti interdittivi ad opera delle Prefetture calabresi, verso imprese considerate non affidabili, impegnate in vari settori: dall’edilizia allo smaltimento dei rifiuti, dall’erogazione energetica da fonti rinnovabili alla gestione delle sale gioco e scommesse on line, dalla ristorazione e gestione alberghiera al trasporto di merci su strada, dal commercio all’ingrosso ed al dettaglio ai servizi offerti al pubblico etc. 

Provincia di Reggio Calabria

Le analisi di settore e le pronunce giudiziarie degli ultimi anni consentono di confermare la ripartizione della presenza criminale reggina secondo le macro-aree del “Mandamento centro”, “Mandamento tirrenico” e “Mandamento ionico”. 

ndrangheta mandamento centro-2Mandamento Centro. Nel mandamento centro si osserva l’egemonia delle cosche Libri, Tegano, Condello e De Stefano, peraltro, confermata da importanti pronunciamenti giudiziari. Emblematici, in tal senso, gli esiti del processo “Gotha”19, che hanno fatto emergere, tra i vari aspetti criminali, l’operatività di un’”area grigia” funzionale al condizionamento del voto. Nel corso del semestre il centro cittadino è stato caratterizzato da una recrudescenza di atti criminosi, tuttora oggetto di indagine, che hanno suscitato notevole allarme nell’opinione pubblica.

Nell’area nord del capoluogo, ove da tempo risulta operativa la cosca Condello, nel quartiere Gallico, già nei primi mesi del 2018 sono stati registrati alcuni agguati, attentamente vagliati dalle forze dell’ordine con attività info-investigative. Nel semestre in esame è arrivata una risposta giudiziaria: nel mese di luglio, la Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 4 persone nell’ambito dell’operazione “De Bello Gallico”, i cui esiti hanno fatto luce sul possibile nesso tra l’omicidio di Pasquale Chindemi e l’omicidio di Fortugno del 16 marzo 201824. Gli indagati sono ritenuti componenti di un nuovo gruppo criminale, intenzionato ad affermare la propria leadership nel territorio di Gallico anche con l’uso delle armi, attraverso la pianificazione di azioni delittuose volte ad assumere il controllo delle attività estorsive in danno di imprenditori e commercianti del luogo e ad eliminare esponenti delle fazioni contrapposte.

Le indagini concluse nel semestre hanno fatto luce anche su altri episodi criminali risalenti ad anni passati. Nel mese di luglio, sempre a Gallico e a Vibo Valentia, i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 3 affiliati ai Condello, ritenuti responsabili dell’omicidio avvenuto il 12 agosto 201126, nel citato quartiere reggino, di Giuseppe Canale, pluripregiudicato affiliato al clan Rodà. Nei confronti della cosca è proseguita anche l’azione di aggressione ai patrimoni illeciti. Nel mese di ottobre, a Reggio Calabria, i carabinieri hanno eseguito un decreto di sequestro di beni, per un valore di circa 1 milione di euro, nei confronti di un esponente dei Condello, imputato nell’ambito del processo “Gotha”, con l’accusa di associazione di tipo mafioso. Dall’analisi delle inchieste giudiziarie degli ultimi anni emerge, poi, come le cosche maggiormente strutturate della ‘ndrangheta reggina, al pari di altre organizzazioni mafiose di diversa matrice, non si siano lasciate sfuggire il lucroso settore dei giochi.

Proprio la recente operazione “Galassia” ha colpito gli interessi delle cosche Tegano, De Stefano, Piromalli, Pesce e Bellocco, rivolti, tra l’altro, anche alla gestione delle attività illecite connesse al settore del gioco e delle scommesse. L’indagine è stata conclusa nel mese di novembre 2018 dalla Dia e dalla Guardia di finanza, sotto il coordinamento delle Dda di Reggio Calabria, Catania e Bari, con il fermo di indiziato di delitto di 18 persone e il sequestro di un ingente patrimonio composto da 15 società italiane e 23 società estere, con sede in Austria, Malta, Romania, Svizzera ed Antille Olandesi (Curacao), operanti nel settore dei giochi e delle scommesse. Sono stati inoltre sequestrati 24 immobili, 7 automezzi, 33 siti nazionali e internazionali di “gambling on line” ed innumerevoli quote societarie e conti correnti nazionali ed esteri, per un valore complessivo stimato in oltre 723 milioni di euro. Gli indagati promuovevano, mediante siti web, una vera e propria attività di “bookmaker”, effettuando una raccolta illegale di denaro nei punti scommesse attestati in Toscana, Liguria, Lombardia e nelle province di Siracusa, Catania e Crotone. Nel corso delle indagini - indirizzate verso società maltesi che avevano strutturato sul territorio italiano una ramificata rete commerciale - è stato, altresì, rilevato l’esercizio abusivo di attività creditizia, l’organizzazione di corse clandestine di cavalli, l’allestimento di “bische clandestine”, il riciclaggio e il traffico di sostanze stupefacenti.

Nell’ambito del mandamento centro, oltre ai menzionati De Stefano, Condello, Libri e Tegano, si registra l’operatività della ‘ndrina Serraino, attiva nei quartieri reggini di San Sperato e nelle frazioni di Cataforio, Mosorrofa e Sala di Mosorrofa e nel comune di Cardeto. Nel mese di luglio, nell’ambito dell’operazione “Theorema Roccaforte”, la polizia di Stato e i carabinieri hanno eseguito una misura restrittiva nei confronti di 14 esponenti della cosca Libri, a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni e violenza privata. Il provvedimento scaturisce dagli esiti di due distinte ed articolate indagini, che hanno consentito di documentare le estorsioni imposte dalla cosca nei quartieri di Cannavò, San Cristoforo, Vinco Pavigliana, Mosorrofa, Gallina, Modena, Ciccarello, San Giorgio, Reggio Campi. Inoltre, sono stati acquisiti elementi circa le modalità di affiliazione, con particolare riferimento a “gradi” e “doti” tipiche dell’ordinamento ‘ndranghetista, acclarando le procedure di reimpiego delle risorse della “cassa comune”, i cui proventi venivano usati per il sostentamento delle famiglie degli affiliati detenuti o reinvestiti attraverso la costituzione di società operanti in diversi attività commerciali, fittiziamente intestate a soggetti compiacenti, ma di fatto gestite dai vertici della consorteria. Nel medesimo contesto operativo è stato eseguito un sequestro preventivo di 6 imprese operanti nel settore edile e commerciale, per un valore di circa 1 milione di euro.

Nel quartiere di Santa Caterina si registra l’operatività della cosca Lo Giudice, a sud della città risultano attivi i Ficara-Latella, mentre nei rioni Modena e Ciccarello insistono i gruppi Rosmini e Borghetto-Zindato-Caridi. Nel mese di agosto, a Reggio Calabria, la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di confisca di beni nei confronti di un imprenditore del settore edile, ex sorvegliato speciale di P.S., ritenuto intraneo alla cosca Rosmini. Il complesso dei beni colpiti dal provvedimento (un’impresa individuale esercente l’attività di commercio all’ingrosso di materiale da costruzione, 6 immobili, 2 veicoli, rapporti bancari/assicurativi e disponibilità finanziarie) è stato stimato in circa 2,5 milioni di euro.

A sud della città, nel quartiere Gebbione, è attiva la cosca Labate, anch’essa colpita da provvedimenti ablativi. Nel mese di luglio, infatti, la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di confisca di 34 beni avente ad oggetto un ingente patrimonio, costituito da imprese commerciali, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, riconducibile a 3 soggetti collegati alla citata cosca. Il provvedimento ha riguardato il patrimonio e le quote sociali di 5 complessi aziendali, 62 beni immobili (fabbricati e terreni) siti in Reggio Calabria, 3 autoveicoli e rapporti finanziari/assicurativi e disponibilità finanziarie, per un valore di circa 33 milioni di euro.

Altrettanto ingente il provvedimento di confisca, eseguito ad ottobre dalla Dia, che ha riguardato 35 beni di un imprenditore reggino operante nel settore del commercio di prodotti casalinghi ed alimentari, anch’egli vicino ai Labate. Il provvedimento ha interessato 4 società di capitali ed una ditta individuale, tutte con sede a Reggio Calabria, 7 immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 25 milioni di euro. Nei confronti dell’imprenditore è stata disposta anche la misura della sorveglianza speciale.

Nella frazione cittadina di Trunca sono tuttora attivi gli Alampi, alleati con la cosca Libri anch’essi colpiti, nel semestre, dall’azione ablativa. Ad ottobre 2018, la Guardia di finanza ha eseguito due decreti di sequestro di beni nei confronti di due affiliati, aventi ad oggetto unità immobiliari, terreni, rapporti finanziari e assicurativi, per un valore complessivo di 1,6 milioni di euro. Il successivo dicembre 2018, i Carabinieri hanno eseguito un decreto di sequestro di beni38 a carico di un altro soggetto contiguo sempre agli Alampi. A Melito di Porto Salvo permane la presenza della cosca Iamonte, che esprime la tendenza a conseguire i propri affari anche fuori regione, come emerso nell’ambito dell’operazione “Nebbia calabra“, conclusa nel mese di novembre dalla Guardia di finanza e più diffusamente descritta nel paragrafo dedicato all’Emilia Romagna.

Nel mese di agosto, inoltre, la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di sequestro di beni, per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro, nei confronti di un imprenditore attivo nel settore degli autotrasporti e contiguo con la menzionata cosca Iamonte e con quella dei Piromalli. Sempre nei confronti di un affiliato alla cosca Iamonte, già condannato nell’ambito dell’operazione “Ada”, militari dell’Arma dei carabinieri hanno eseguito, nel mese di dicembre, a Melito di Porto Salvo, un consistente sequestro di beni. Nel comune di Scilla risulta attiva la cosca Nasone-Gaietti, colpita, a luglio 2018, da 2 decreti di sequestro di beni, sempre ad opera dell’Arma dei carabinieri, nei confronti di due fratelli esponenti del sodalizio in parola. Il provvedimento ha interessato 2 abitazioni, 2 fabbricati e conti correnti, per un valore complessivo di circa 650mila euro. A Villa San Giovanni risultano egemoni gli Zito-Bertuca-Buda-Imerti, mentre a Bagnara Calabra prevalgono gli Alvaro-Laurendi, nei comuni di Roghudi e Roccaforte del Greco risultano operativi i Pangallo-Maesano-Favasuli e Zavettieri, e a S. Lorenzo, Bagaladi e Condofuri si conferma la presenza della cosca Paviglianiti, legata alle famiglie Flachi, Trovato, Sergi e Papalia. La spiccata capacità di inquinamento dell’economia legale da parte di questi gruppi è emersa, nello scorso mese di luglio, nell’ambito dell’operazione “Via col vento”, eseguita dai Carabinieri con la cattura di 13 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, illecita concorrenza con violenza o minaccia e danneggiamento, aggravati dal metodo mafioso, e induzione indebita a dare o promettere utilità.

L’indagine, avviata nel 2012, ha documentato una sistematica infiltrazione, da parte dai sopracitati Paviglianiti, ma anche dei Mancuso di Limbadi (VV), dei Trapasso di Cutro (KR) e degli Anello di Filadelfia (VV), nel complesso delle opere necessarie alla realizzazione dei parchi eolici nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, esercitando un condizionamento anche attraverso attività di natura estorsiva, per cui le imprese appaltatrici non colluse si vedevano costrette a corrispondere alle cosche una percentuale sull’importo delle opere da realizzare. Nel medesimo contesto operativo è stato eseguito un sequestro preventivo di 6 società riconducibili agli indagati (una delle quali con sede nella provincia di Reggio Calabria) con relativi patrimoni aziendali, quote sociali e conti correnti, per un valore complessivo stimato in circa 42 milioni di euro. Su Condofuri opera il locale di Gallicianò. Nel mese di novembre, la Dia ha eseguito un provvedimento di confisca di beni nei confronti del capo del predetto locale, che ha riguardato 6 unità immobiliari site in Reggio Calabria e disponibilità finanziarie per un valore di 500mila euro. Contestualmente, il Tribunale reggino ha disposto la sottoposizione del soggetto alla misura della sorveglianza speciale di P.S con obbligo di soggiorno per anni 4, in quanto ritenuto socialmente pericoloso perché indiziato di appartenenza ad un’associazione mafiosa.

ndrangheta mandamento tirrenico-2Mandamento Tirrenico. Le cosche del mandamento tirrenico continuano ad esprimere una spiccata propensione imprenditoriale. Peraltro, negli ultimi anni si sono registrati mutamenti strutturali ed organici negli storici casati di ‘ndrangheta, con nuove alleanze strategiche tra gruppi finalizzate al controllo delle attività illecite o al mantenimento degli equilibri criminali dell’area. Particolarmente incisiva, anche nel semestre, è risultata l’azione di contrasto e di aggressione ai patrimoni da parte della Magistratura e della polizia giudiziaria, soprattutto con riguardo all’area della Piana di Gioia Tauro. Proprio in questo territorio si continua a registrare l’operatività dei gruppi Piromalli e Molè, in ultimo proiettati anche nel controllo del settore dei giochi e delle scommesse, come emerso nell’ambito della già richiamata operazione “Galassia”. Nel mese di luglio, a Gioia Tauro, all’esito dell’operazione “Building”, la Guardia di finanza ha eseguito il sequestro di beni nei confronti di 4 esponenti della famiglia Bagalà (collegata ai Piromalli), già emersi nell’ambito delle operazioni “Ceralacca”, “Cumbertazione” e “Martingala”.

Le investigazioni economico/patrimoniali hanno evidenziato la sproporzione dei patrimoni nella loro disponibilità e permesso di individuare le fonti illecite dalle quali avevano tratto le risorse. Il provvedimento ha interessato l’intero capitale sociale di 5 imprese operanti nel settore delle grandi opere edili ed infrastrutture, nonché quote societarie di altre 6 imprese, 161 immobili (tra fabbricati e terreni), 7 autovetture e beni di lusso, rapporti finanziari ed assicurativi, nonché disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di 115 milioni di euro. Nel mese di agosto, sempre a Gioia Tauro, un altro consistente sequestro è stato eseguito dalla Polizia di Stato a carico di un esponente della cosca Piromalli, cui sono stati sottratti diversi terreni – alcuni dei quali all’interno di un complesso turistico avente sede a Parghelia (VV) - per un valore stimato di circa 1,5 milioni di euro. Sul piano generale, resta sempre attuale la vocazione delle cosche della Piana a rivolgere i loro interessi criminali anche fuori regione. Ne è un esempio l’operazione “Gioia Tauro ai Castelli59“, conclusa dalla polizia di Stato nel mese di luglio - meglio descritta nel paragrafo dedicato alla regione Lazio - che ha portato all’arresto di 3 esponenti della cosca Molè, attivi nel settore turistico/ricettivo e responsabili di intestazione fittizia di beni e trasferimento fraudolento di valori.

All’esito dell’attività sono stati sequestrati società ed immobili situati a Rocca di Papa (RM) e a Gioia Tauro, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro. Anche nei confronti della cosca dei Piromalli, nel corso mese di novembre, si è concretizzato, sul piano giudiziario, quanto accertato, nel 2017, con l’operazione “Provvidenza”: il Tribunale di Reggio Calabria ha condannato 11 imputati, esponenti del clan, che avevano scelto il rito abbreviato, comminando pene per un totale di oltre 150 anni di reclusione. L’analisi delle dinamiche geo-criminali dell’area mostra, ancora una volta, come il porto di Gioia Tauro rappresenti una delle rotte preferite dai trafficanti internazionali di stupefacenti.

Continuano a riscontrarsi ingerenze delle cosche Pesce e Bellocco nelle varie attività illecite nel comprensorio di Rosarno-San Ferdinando, dal traffico di armi e stupefacenti all’infiltrazione nell’economia locale e nelle attività portuali, dalle estorsioni alla gestione del settore dei giochi e delle scommesse, come riscontrato dalla recente operazione “Galassia”, già descritta in precedenza. Nel mese di luglio, a Rosarno, nell’ambito dell’operazione “Ares”, i Carabinieri hanno eseguito il fermo di indiziato di delitto nei confronti di 39 soggetti appartenenti o contigui alle famiglie Cacciola e Grasso, radicate nella Piana di Gioia Tauro e riconducibili alla società di Rosarno. Costoro devono rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, tentato omicidio, estorsione, detenzione di armi, danneggiamento, minaccia, intestazione fittizia e rimpiego di denaro di provenienza illecita. Il provvedimento ricostruisce, tra l’altro, l’evoluzione degli assetti della cosca Cacciola, che nel 2013 si era scissa nei due rami contrapposti dei Cacciola-Grasso e dei Cacciola, a seguito dell’uccisione, decisa proprio dal clan, di un suo esponente cha aveva avuto una relazione extraconiugale.

Sul versante del narcotraffico internazionale, vero core business del gruppo, è stato documentato il trasferimento, tra il settembre 2017 e giugno 2018, di circa 300 kg di cocaina partiti dal porto di Puerto Ventura (Colombia) con destinazione finale Anversa (BE). Sono stati altresì accertati fitti rapporti con le organizzazioni criminali della penisola iberica, da dove è stato possibile documentare il trasferimento di almeno 500 chili di hashish, provenienti dal Marocco ed indirizzati alle “piazze di spaccio” del Nord Italia.

Nel corso delle indagini è stata fatta luce, altresì, sulle consolidate cointeressenze tra le cosche in argomento e quelle attive nel Mandamento ionico di San Luca e Platì, nonché con la famiglia mafiosa catanese dei Pillera, per la gestione dell’importazione di ingenti quantitativi di stupefacente. Infine, è stato accertato il ricorso, da parte del gruppo dei Cacciola-Grasso, ad una impresa di fuochi pirotecnici per il confezionamento di ordigni esplosivi. Oltre alle misure cautelari, al termine dell’inchiesta sono state sottoposte a sequestro preventivo 5 attività commerciali, 1 fondo agricolo e 1 autovettura, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro66. Un ulteriore provvedimento67 di sequestro è stato eseguito, nel mese di novembre, dai Carabinieri nei confronti di un esponente della cosca Cacciola-Grasso, coinvolto nell’operazione “Ares”, colpendo esercizi commerciali e agricoli, immobili, terreni e conti correnti, del valore di circa 1 milione di euro.

Tornando alla mappatura criminale dell’area, nel comune di Palmi insistono le cosche Gallico e Parrello Bruzzese. Nel mese di ottobre i carabinieri hanno arrestato a Roma il latitante Filippo, morgante esponente di spicco della ‘ndrina Gallico, ricercato da ottobre 2017, dovendo scontare una condanna definitiva a 18 anni di reclusione68 per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione e detenzione abusiva di armi. Nell’area di Seminara, invece, l’operatività delle cosche Santaiti-Gioffrè (detti “’Ndoli-Siberia-Geniazzi”) e Caia-Laganà-Gioffrè (detti “Ngrisi”) è segnata da un momento di sofferenza, atteso che i principali esponenti risultano, allo stato, tutti detenuti. In tale contesto, nel mese di settembre, a San Ferdinando e Seminara, i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare69 nei confronti di 3 soggetti ritenuti responsabili dell’omicidio di Gioffrè Fabio Giuseppe, esponente di vertice dell’omonima cosca di Seminara, commesso il 21 luglio 2018. Le indagini hanno permesso di risalire all’esecutore materiale, un imprenditore agricolo contiguo ai Grasso di Rosarno, vittima delle mire estorsive avanzate dalle famiglie Laganà e Santaiti.

Nell’area di Rizziconi permane l’operatività della famiglia Crea, con proiezioni anche nel centro e nord Italia, mentre nell’area di Castellace di Oppido Mamertina si rileva la presenza delle cosche Rugolo-Mammoliti, Polimeni-Mazzagatti-Bonarrigo e Ferraro-Raccosta. Nell’area di Sinopoli, Sant’Eufemia e Cosoleto insistono gli Alvaro, i quali, nel mese di settembre, sono stati interessati dagli esiti dell’operazione “Iris”. In particolare, i Carabinieri hanno eseguito, nelle province di Reggio Calabria, Milano e Torino, il fermo di indiziato di delitto di 19 soggetti, ritenuti associati a quel clan, ma anche a vario titolo responsabili di estorsione, truffa aggravata e trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.

L’indagine, avviata nel 2013, ha consentito di delineare gli assetti attuali e gli interessi criminali della cosca Alvaro, documentando le cointeressenze con articolazioni degli altri mandamenti della provincia reggina (in particolare con i Pelle “Gambazza”, i Mollica, i Mazzagatti, i Larosa, i Morabito, i Rugolino ed i Callea di Reggio Calabria) e confermandone il ruolo egemone nell’area compresa tra i comuni di Oppido Mamertina, Sinopoli, Delianuova e Cosoleto. È stata, altresì, comprovata la consolidata capacità degli Alvaro di accaparrarsi importanti appalti pubblici nell’area, nonché finanziamenti regionali e comunitari per il credito sociale e per il sostegno all’agricoltura. Nel medesimo contesto è stato eseguito il sequestro preventivo di 2 società e di conti correnti, per un valore di circa 1 milione di euro. Di particolare rilievo la circostanza che la misura cautelare abbia interessato anche il Sindaco di Delianuova e un consigliere della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Proprio in conseguenza di tali collegamenti tra amministratori e ‘ndrangheta, il Comune di Delianuova è stato sottoposto al provvedimento di scioglimento74. Già nell’ordinanza di custodia cautelare si legge che “…il citato primo cittadino è stato eletto avvalendosi dell’appoggio elettorale della locale cosca criminale con il compito di curare gli interessi della consorteria secondo gli accordi preelettorali precedentemente stilati…”.

L’interesse delle cosche per accaparrarsi le erogazioni pubbliche è stato confermato, nel mese di dicembre, anche dall’operazione “Cerere”, conclusa dai carabinieri con l’esecuzione a Palmi, Seminara e Sinopoli di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 8 persone. Quest’ultime si sono rese responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere, falso e truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, aggravate dalla finalità di agevolare le consorterie mafiose. Il provvedimento scaturisce dalla pervasività mafiosa nel settore agricolo finalizzata al conseguimento, mediante azioni fraudolente, delle erogazioni pubbliche dei “Fondi Europei Agricoli di Garanzia e di Sviluppo Rurale” (F.E.A.G.A. e F.E.A.S.R.). Gli indagati, contigui alle cosche Gallico di Palmi, Alvaro di Sinopoli, Lo Giudice di Reggio Calabria e Caia - Laganà di Seminara – avevano ottenuto, tra il 2010 e il 2018, con la complicità di incaricati di pubblico servizio, l’erogazione di contributi di centinaia di migliaia di euro erogati dall’Agenzia Regione Calabria per le Erogazioni in Agricoltura (AR.C.E.A.). Permane, da ultimo, l’operatività delle famiglie Facchineri e Albanese- Raso-Gullace di Cittanova, Avignone-Zagari-Viola-Fazzalari di Taurianova, alle quali si aggiungono il sodalizio Sposato-Tallarida e, nella frazione San Martino del comune di Taurianova, gli Zappia e i Cianci-Maio-Hanoman. Alcuni segnali rivelano una ripresa delle tradizionali attività estorsive imposte dalle cosche sulle fasce produttive locali. In particolare, nel mese di dicembre, a San Martino di Taurianova, nell’ambito dell’operazione “Quieto vivere” della polizia di Stato, veniva accertato che il capo della cosca Cianci-Maio-Hanoman, ristretto in carcere, avrebbe continuato, nonostante la detenzione, a dirigere le estorsioni del sodalizio perpetrate a danno di proprietari terrieri, imprenditori e commercianti.

L’attività investigativa ha coinvolto 8 soggetti, ritenuti esponenti della predetta cosca, arrestati per associazione di tipo mafioso, estorsione e intestazioni fittizia di beni. Inoltre, gli accertamenti hanno riscontrato il ruolo determinante di alcune donne sia nella gestione del denaro del clan, sia per assicurare le comunicazioni del capo famiglia detenuto con l’esterno, riportando i messaggi ai destinatari. Tuttora attivi risultano i Longo-Versace di Polistena, i Polimeni-Gugliotta di Oppido Mamertina, i Petullà-Ierace-Auddino, Ladini, Foriglio-Tigani di Cinquefrondi e i Larosa di Giffone. Nel mese di novembre, nell’ambito del processo “Saggio Compagno”, il Tribunale di Palmi ha condannato 15 esponenti delle cosche Petullà, Ladini e Foriglio, per un totale di oltre un secolo di reclusione. Il comune di Laureana di Borrello81 vede attivi i sodalizi Lamari e Chindamo- Ferrentino. Nel mese di settembre, a Reggio Calabria, nell’ambito del filone con rito abbreviato del processo “Lex“, il GUP ha pronunciato una sentenza di condanna per un totale di oltre 100 anni di reclusione, nei confronti di 12 imputati appartenenti alle cosche Chindamo- Ferrentino e Lamari.

ndrangheta mandamento tjonico-2Mandamento Ionico. Le cosche del mandamento jonico confermano la loro spiccata propensione per il traffico internazionale di stupefacenti, riuscendo a movimentare grandi quantitativi di droga grazie ai consolidati rapporti di affidabilità con i fornitori stranieri. Per quanto attiene alla mappatura geo-criminale dei sodalizi del mandamento ionico, si richiama, in primo luogo, il locale di Platì, nell’ambito del quale si conferma l’operatività delle cosche federate Barbaro-Trimboli-Marando. Nel locale di San Luca risultano, invece, tuttora egemoni le cosche Pelle-Vottari-Romeo e Nirta-Strangio che, analogamente alle altre compagini ‘ndranghetiste del mandamento jonico non disdegnano, nelle loro proiezioni extraregionali, relazioni con i sodalizi di altra matrice.

Ne è esempio l’operazione “Gramigna”86 - meglio descritta nel paragrafo dedicato al Lazio - conclusa nel mese di luglio dai Carabinieri tra Roma, San Luca e Cosenza, con l’arresto di 31 soggetti, tra i quali esponenti della famiglia Casamonica ed un affiliato alla famiglia Strangio, fornitore di partite di cocaina destinate al sodalizio romano. Da segnalare, inoltre, come nell’area di San Luca abbiano trovato rifugio diversi latitanti. Nel mese di novembre, i Carabinieri hanno arrestato, proprio in quel comune della Locride, Callipari Antonio, legato alla cosca Nirta ”Versu”, ricercato dal settembre 2017 in quanto sottrattosi all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nell’ambito dell’inchiesta “Ignoto 23” della Dda di Milano, in relazione al reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.

La spiccata vocazione delle cosche della Locride ad intessere relazioni funzionali al traffico internazionale di stupefacenti ha trovato, nel mese di dicembre, un’ulteriore conferma nella menzionata operazione “Pollino-European ‘ndrangheta connection”. L’indagine, coordinata dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, ha visto impegnate Autorità Giudiziarie e Forze di polizia italiane (Polizia di Stato e Guardia di finanza) e di altri Paesi, in un’azione congiunta contro la ‘ndrangheta e le sue proiezioni in Europa e nel Sud America. Le attività sono state svolte in provincia di Reggio Calabria, Germania, Paesi Bassi e Belgio, nei confronti di diversi esponenti di famiglie della Locride, quali i Pelle-Vottari di San Luca, gli Ietto di Natile di Careri e gli Ursini di Gioiosa Ionica.

L’operazione è il frutto del lavoro svolto nell’ambito di una Squadra Investigativa Comune (Joint Investigation Team) costituita il 18 ottobre 2016 presso Eurojust, tra Magistratura e forze di polizia di Italia, Paesi Bassi e Germania. Più nel dettaglio, l’indagine si è sviluppata su due filoni investigativi: il primo ha fatto luce su come la ‘ndrangheta si fosse ormai stabilizzata nel Nord Europa, per interessarsi al narcotraffico e al riciclaggio di denaro; l’altro filone ha invece riguardato specificamente il traffico internazionale di stupefacenti. La Squadra Investigativa Comune è riuscita, così, a scoprire un gruppo criminale di stampo ‘ndranghetista, operante in Italia e nel Nord Europa, all’interno del quale un esponente della famiglia Giorgi, originario di Bovalino, rappresentava il principale punto di riferimento delle cosche della Locride, per il reinvestimento di capitali illeciti. Capitali reinvestiti sul territorio olandese e tedesco principalmente nel settore immobiliare e della ristorazione.

Non a caso, è stato scoperto che un ristorante ed una gelateria di Brüggen (nell’area tedesca della Renania settentrionale-Westfalia) venivano utilizzati come supporto logistico ai carichi di cocaina provenienti dall’America Latina, poi stoccati tra Olanda, Belgio e Germania e destinati in diverse regioni italiane. Dalle indagini è emerso, altresì, come alcuni esponenti delle cosche ‘ndranghetiste dei Pelle-Vottari, Romeo – “Stacchi” e Giorgi - “Ciceri” di San Luca, fossero da anni stabilmente residenti nel nord Europa, da dove coordinavano le importazioni di cocaina dall’America Latina, restando pur sempre in contatto con la Calabria. Oltre alle citate cosche, le indagini hanno coinvolto anche esponenti delle famiglie Marando, Mammoliti e Strangio.

È stato evidenziato come i porti maggiormente utilizzati per i traffici internazionali di stupefacenti fossero, oltre quelli di Anversa e Rotterdam, anche quelli di Gioia Tauro e, in misura minore, Genova, Livorno, Napoli e Salerno. Altro aspetto di rilievo emerso dalle indagini, è rappresentato dal tentativo dei calabresi di pagare i carichi di droga ai referenti sudamericani, in particolare brasiliani, con i Bit Coin; operazione non riuscita per l’incapacità dei narcos sudamericani di utilizzare tali strumenti di pagamento innovativi. Per quanto attiene alla rete di distribuzione dello stupefacente, alcuni pregiudicati turchi, da anni trapiantati in Germania, ove gestivano un autonoleggio, erano preposti alla realizzazione di doppifondi nelle autovetture.

Il trasporto del narcotico in Italia era stato, invece, delegato a fidati ed esperti corrieri che raggiungevano la Calabria e la Lombardia, dove la cocaina veniva immessa in commercio. Un altro aspetto significativo attiene ai rapporti, rilevati grazie alla sinergica collaborazione con la D.E.A. americana, tra le cosche di ‘ndrangheta monitorate ed altri soggetti di spessore criminale, tra cui la compagna di un esponente di spicco del clan Cappello di Catania e due soggetti casertani. Mentre quest’ultimi curavano i collegamenti con i cartelli colombiani, la donna manteneva rapporti con le consorterie calabresi, anche al fine di garantire lo “scarico” della cocaina nei porti italiani ed europei. A conclusione delle attività, sono stati arrestati, in contemporanea, in diversi Stati europei e del Sud America, 90 soggetti accusati, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, associazione di tipo mafioso, riciclaggio, fittizia intestazione di beni ed altri reati, aggravati dalle modalità mafiose.

Nel locale di Africo risulta egemone la cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti. In tale contesto, l’azione di contrasto svolta nel semestre ha portato significativi risultati con riguardo alla cattura dei latitanti. Il 7 luglio 2018, nella frazione Migliarino del comune di Vecchiano (PI), la Polizia di Stato ha arrestato il latitante Giovanni Morabito, figlio del capo dell’omonimo sodalizio di Africo. L’uomo, irreperibile dal 22 maggio 201892, deve scontare 5 anni di reclusione per truffa e falsificazione di documenti. Inoltre, il 1° agosto 2018, a Martinengo (BG), i Carabinieri hanno arrestato il latitante Simone Cuppari, originario di Brancaleone, sottrattosi, nel novembre 2017, alla cattura nell’ambito dell’operazione “Banco Nuovo-Cumps”.
Passando al locale di Siderno, si segnala l’operatività della cosca Commisso, in contrapposizione a quella dei Costa-Curciarello. A tal proposito, nel mese di agosto, il Consiglio Comunale di Siderno è stato sciolto per la “fitta rete di rapporti di parentela, di affinità e di frequentazione che legano diversi membri degli organi elettivi e dell’apparato burocratico del comune […] ad esponenti della ndrangheta locale”. Nella proposta a firma del Ministro dell’Interno vengono stigmatizzate “le minacce intimidatorie di cui sono stati destinatari, a febbraio 2016 ed a dicembre 2017, un consulente dell’ente e tre componenti il consiglio comunale, uno dei quali […] a febbraio dello scorso anno aveva anche subito l’incendio della propria autovettura”. Viene, altresì, riportato come la consorteria criminosa locale abbia, in vista delle consultazioni amministrative di maggio 2015, “assicurato il proprio sostegno elettorale in favore di un soggetto candidatosi alla carica di consigliere comunale … poi eletto”.

Nel settore dei contratti pubblici si sarebbe fatto ripetutamente ricorso, non da meno, alla procedura dell’affidamento diretto. Nel locale di Marina di Gioiosa Ionica operano le cosche Aquino-Coluccio e Mazzaferro con proiezioni operative anche sul centro-nord del Paese e all’estero. Per ciò che concerne il locale di Gioiosa Jonica, si segnala la cosca Ursino-Ursini, federata con la menzionata cosca dei Costa-Curciarello di Siderno, nonché la cosca Jerinò. In tale contesto, nel mese di ottobre, a Gioiosa Jonica, la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di sequestro di beni95 a carico di un soggetto ritenuto appartenente al predetto locale, già coinvolto nell’ambito dell’operazione “Typographic-Acero bis“ per i reati di usura ed esercizio abusivo del credito, aggravato dalle modalità mafiose. Il provvedimento ha riguardato il patrimonio aziendale di una ditta, 12 fabbricati e 7 terreni ubicati a Gioiosa Jonica, 4 autoveicoli, 2 motocicli e 3 polizze assicurative, per un valore complessivo di oltre 1,2 milioni di euro. Ancora, nel mese di novembre, a Reggio Calabria ed anche nei territori di Milano, Torino, Alessandria, Agrigento e Novara, la Guardia di finanza ha eseguito 2 decreti di sequestro, rispettivamente nei confronti di un imprenditore edile e di uno operante nel settore degli inerti e del calcestruzzo. Il provvedimento ha interessato imprese commerciali, immobili, veicoli, quote societarie, beni di lusso, rapporti finanziari e assicurativi, nonché disponibilità finanziarie, per un valore complessivo stimato in oltre 212 milioni di euro. I provvedimenti sono scaturiti a seguito dell’operazione “Cumbertazione”, che aveva fatto luce su come i due imprenditori, imputati per associazione di tipo mafioso in quanto contigui alla cosca Ursino di Gioiosa Jonica, si erano dimostrati in grado di orientare le commesse per le forniture di calcestruzzo e di materiali bituminosi in favore delle proprie imprese.

Nell’area di Monasterace ed in quelle limitrofe di Stilo, Riace, Stignano, Caulonia e Camini, si rileva l’operatività della cosca Ruga-Metastasio-Leuzzi, legata ai Gallace della vicina Guardavalle (CZ). Nel comune di Caulonia sono, altresì, presenti i Vallelonga. Le cosche Cataldo e Cordì hanno trovato un equilibrio con la spartizione del comprensorio di Locri, cui si sarebbero attenuti anche i sodalizi Aversa-Armocida, Ursino e Floccari, satelliti delle due principali cosche, così come emerso dall’operazione “Mandamento Jonico”100 del mese di luglio 2017. Nel comune di Sant’Ilario dello Jonio è attiva la cosca Belcastro-Romeo, mentre nel comune di Careri insistono le famiglie Cua-Riziero, Ietto e Pipicella. Nel comune di Bruzzano Zeffirio esercita la propria influenza la cosca Talia-Rodà; nel comune di Antonimina la cosca Romano; ad Ardore la cosca Varacalli; a Ciminà le cosche Nesci e Spagnolo; a Cirella di Platì la cosca Fabiano, mentre a Canolo si segnala la presenza della cosca Raso.

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