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Cronaca

"Sfratto senza passaggio da casa in casa": diffidato Falcomatà

Arriva il provvedimento di Un Mondo dei Mondi a seguito della decisione sulla famiglia Amato a reddito molto basso. L'associazione chiede al primo cittadino di garantire "un alloggio idoneo alla famiglia"

Ancora una volta è il tema del disagio abitativo a far preoccupare la cittadinanza di Reggio Calabria. Chiamato in causa in prima persona, stavolta, il sindaco Falcomatà con una diffida fatta partire dall'associazione Un Mondo di Mondi a seguito dello sfratto della famiglia Amato a reddito molto basso.

Eseguito "senza che il Comune garantisca il passaggio da casa a casa" lo sfratto in questione "costituisce una violazione dei diritti umani sanciti dai trattati internazionali. Tale violazione deve essere contrastata secondo le procedure previste dagli stessi trattati", come specifica lo stesso Un Mondo di Mondi. 

Il sindaco Falcomatà è stato così diffidato "al rispetto dei diritti umani di questi trattati per lo sfratto della famiglia Amato Eugenia, che sarà eseguito il 27 luglio prossimo. La diffida è stata presentata dal legale della famiglia, Francesco Nucara, ed è sostenuta dall’associazione Un Mondo di Mondi con l’appoggio  del sindacato nazionale Unione Inquilini e dall’Alleanza internazionale degli abitanti. Dopo lo sblocco di una parte degli  sfratti dal 1 luglio scorso (Decreto sostegni uno), la famiglia Amato composta da sei componenti di cui due minori, nonostante risulti vincitrice della graduatoria definitiva dell’emergenza abitativa, pubblicata dal Comune il 22 dicembre 2020, non ha ancora avuto assegnato l’alloggio, per cui tra qualche giorno rischia di finire sulla strada.

La diffida al sindaco - continua nella spiegazione Un Mondo di Mondi - ha come argomentazione giuridica il fatto che il primo cittadino è responsabile legale della tutela della salute dei cittadini  ai sensi della Legge n. 833 del 1978 e quindi per una famiglia sotto sfratto, con minori e composta in prevalenza da donne, è obbligato a garantire il diritto alla casa, il diritto alla salute, il diritto dei minori ad una vita adeguata ed il diritto delle donne a non essere discriminate; questi diritti sono sanciti rispettivamente  dagli articoli 11  e 12  del Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali (PIDESC) del 1966,  dall’art. 27 della Convenzione sui Diritti del fanciullo del 1989 e dagli articoli 14 e 15 della Convenzione per l'eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne. Trattati tutti ratificati dall’Italia.

Il documento di diffida - si legge ancora nella nota - inviato al Sindaco mette in chiaro che i commenti generali n. 4 e n. 7 del Comitato ONU sui Diritti  stabiliscono che lo sfratto forzoso è incompatibile con l'art. 11 PIDESC sul diritto alla casa, il quale  ha valore giuridico prevalente su altri regolamenti e che il rispetto dei trattati internazionali ratificati è previsto dalla  nostra Costituzione. Il testo della  diffida specifica, inoltre,  che nel caso in cui lo sfratto sia inevitabile, il Comune, così come  gli ufficiali giudiziari e le Forze dell’ordine che lo eseguono,  devono  rispettare precise modalità per non violare nessun diritto umano delle persone coinvolte, garantendo alla famiglia  un alloggio adeguato che non può essere l’inserimento in comunità dei minori con la madre rompendo l’unità della famiglia. Questo rispetto è ancora più necessario stante la situazione di pandemia da Covid 19 , non ancora  superata.

Viene precisato nella diffida che - conclude Un Mondo di Mondi - eventuali inosservanze dei trattati internazionali  possono essere contrastate con la possibilità da parte della famiglia di presentare ricorso al Comitato Onu sui Diritti. Pertanto, con la diffida si è chiesto al sindaco che entro tre giorni adotti un provvedimento contingibile ed urgente per garantire un alloggio idoneo alla famiglia. Nel caso quanto richiesto e sancito dai suddetti trattati internazionali venisse violato mandando sulla strada  la famiglia o  proponendo la divisione della stessa, questa si riserva di presentare ricorso all’Autorità giudiziaria e al Comitato Onu sui Diritti."

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