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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Incendio di via Villini Svizzeri: "Chi è la coppia di anziani che ha perso tutto"

La riflessione di Gaetano Tramontana, presidente di Spazio Teatro, pubblicata ieri su Facebook

"In fumo un pezzo di storia reggina. Il villino distrutto dalle fiamme domenica pomeriggio non era la casa di una “coppia di anziani con i loro cagnolini” come descritto nell’immediatezza dalle immancabili cronache frettolose. Innanzitutto perché i cagnolini non erano i loro ma del vicino di casa anche lui sfrattato dalle fiamme". Sono parole amare e di delusione quelle che Gaetano Tramontana, presidente di Spazio Teatro, lascia scivolare sulla propria pagina facebook.

"Inoltre Reno e Marsia, per chi li conosce e li incontra per strada, non rispondono certo all’iconografia classica della coppia di anziani, bensì due persone miti e gentili la cui vita è stata ricca di interessi e grandi passioni tuttora vive: l’arte, l’architettura, la letteratura, il cinema, l’illustrazione, l’emancipazione femminile, con tutte le testimonianze che il loro villino custodiva e che loro curavano come un figlio".

"Reno e Marsia - continua Tramontana - sono stati di fatto tutori di un bene storico con amore incondizionato: uno degli ultimi quattro o cinque Villini Svizzeri che danno il nome al quartiere, di certo il villino più curato e più storicamente aderente all’originale costruito agli inizi del ‘900.  Negli anni dopo il terremoto del 1908 questa zona collinare fu oggetto di una sorta di sperimentazione ed edificata come un villaggio alpino affacciato però sul mare. Niente di kitsch, per intendersi, anzi, il lavoro della ditta Bachofen Dennier & Figlio, di Basilea, fu serissimo e all’avanguardia, come sottolinea la ricerca condotta alla fine degli anni Ottanta da Flora Borrelli, Massimo Giovannini e Felice Ragazzo per l’Università di Reggio Calabria: “la ditta mostrava già allora di saper coniugare con sapiente maestria le tecniche innovative portate con l'introduzione di strumentazione meccanica, con le forme storicamente consolidate delle tipologie abitative alpine…” e gli stessi studiosi ne raccomandavano la salvaguardia che “la nostra coscienza-conoscenza della cultura materiale oggi ci impone”, auspicando addirittura la creazione di un “open air museum”.

Reno e Marsia hanno con amore resistito al “rinnovo edilizio” della zona che ha sfruttato molti terreni intorno ai villini per edificare palazzi spesso di dubbio gusto, hanno sopportato l’esproprio dell’affaccio sul mare in seguito alla costruzione di uno dei palazzi più fuori contesto della nostra città, hanno visto deperire la loro amata palma risucchiata dal punteruolo rosso nonostante i tentativi di salvarla, hanno visto negli ultimi anni trasformare il loro quartiere una volta ridente e pieno di verde in una delle zone più deprezzate della città seppur in pieno centro storico: scarsamente illuminata, con strade inagibili e cumuli di spazzatura stanziali quasi fosse una zona franca consentita per chi ancora scarica per strada ogni tipo di rifiuto: lì dove la sperimentazione edilizia di inizio ‘900 aveva avuto successo, fallisce la sperimentazione odierna della raccolta porta a porta, e noi abitanti non siamo del tutto esenti da colpe.

Ma il giardino di Reno e Marsia era ricco di fiori, la loro casa ricca di testimonianze di eventi culturali, viaggi, progetti, i gatti giacevano pigri sul tetto del villino in attesa del sole del pomeriggio, le loro voci pacate, mai fuori tono, mi arrivavano mentre lavoravo al mio studio, e da un paio di mesi con la piccola nuova arrivata davamo il buongiorno al giorno iniziando proprio dal tetto dei nostri vicini, per lasciare che il nostro sguardo spaziasse tra gli alberi fino al mare, la Sicilia e il porto: un dono e una ricchezza per la quale alcuni nonni non saranno mai ringraziati abbastanza".

"Oggi Reno e Marsia hanno perso tutto. Un pomeriggio di falsa primavera ha cancellato le loro esistenze lasciandogli la vita, una vita ustionata fino all’anima; un destino senza colpe, il caso, il fato, la vita che va così. E ti ritrovi senza un ricordo tangibile, una foto, un libro, un quaderno, il letto sul quale dormivi, la tazza della colazione, un posto dove tornare la sera, nulla. Oggi dalla mia finestra la loro vita è un rettangolo ancora fumante, un abisso nero che ha inghiottito voci, sorrisi, ricordi e qualche rimpianto. Ai loro amici, coltivati in tanti anni in una città che non era la loro, ai conoscenti come noi, il dovere di sostenerli e abbracciarli, provando ad alleviare il lutto delle cose, così grande come la vita. Con il Villino Svizzero di Reno e Marsia - conclude Tramontana - va in fumo un altro pezzo della nostra città, incattivita da disservizi, incompetenze e difficoltà che paiono insormontabili; un altro pezzo di noi, incapaci di salvaguardare il nostro passato per concepire il nostro futuro".

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