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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'intervento

Giannetta: "Le istituzioni collaborino con il garante per i diritti delle persone detenute"

Il consigliere regionale ha partecipato all'iniziativa "Parole e carcere" organizzata da Luca Muglia come momento di confronto sul fine rieducativo della detenzione

Impegno da parte delle istituzioni per una fattiva collaborazione con il garante per migliorare le condizioni detentive e dare attuazione al senso di umanità e al fine rieducativo della pena, anche investendo in cultura e formazione. E' l'auspicio espresso questa mattina dal consigliere regionale Domenico Giannetta portando il saluto del presidente del consiglio Filippo Mancuso all'iniziativa culturale "Parole e carcere, la fabbrica del linguaggio", organizzata a Reggio Calabria da Luca Muglia, garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà, come momento di confronto che, ha detto Giannetta, "ci invita a una riflessione corale sui principi costituzionali che devono ispirare la vita detentiva e, in particolare, sui valori dell’umanità e del finalismo rieducativo".

Ha dichiarato ancora il consigliere regionale di Forza Italia: "Le parole sono pietre miliari a garanzia della priorità della persona umana e il nostro ordinamento usa parole inequivocabili sulle pene,che non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Dunque, non ci sono dubbi che i reati debbano essere perseguiti con rigore e inflessibilità. Ma ciò non deve offuscare il principio di umanizzazione che deve garantire la persona condannata".

Giannetta ha ricordato come il principio di umanità - ripreso anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e successivamente dalla Raccomandazione, adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, nel momento di esecuzione della pena - rafforzi il valore della persona, di cui vanno tutelati in ogni caso i diritti inviolabili, anche nella particolarissima condizione carceraria, trovando concreta applicazione attraverso il divieto di atteggiamenti particolarmente affliggenti o degradanti.

Parimenti importante, ha aggiunto il consigliere, è il finalismo rieducativo che deve ispirare il percorso carcerario o detentivo per poter fungere da garanzia del reinserimento nella società: "Una persona che ha sbagliato e viene correttamente rieducata, più difficilmente potrà tornare a delinquere, se integrata in una sana dimensione sociale e lavorativa. La privazione della libertà è si, dunque, un fatto repressivo e punitivo di un comportamento illecito, ma deve, prioritariamente, tendere al recupero e al reinserimento sociale e lavorativo. All’interno degli istituti penitenziari i diritti dei detenuti non possono essere annullati. La condizione di privazione di libertà e di emarginazione, richiede, laddove possibile, e ancor più in casi di particolare fragilità del detenuto, interventi a sostegno della persona nella prospettiva del suo reinserimento nella società. Ciò anche - ha proseguito - nel rispetto del principio costituzionale di uguaglianza sostanziale, perché tutti i cittadini, anche i detenuti, possano essere messi nelle condizioni di poter costruire un sano percorso di vita".

Nel suo intervento Giannetta ha parlato anche della riforma del 1975, con cui sono state introdotte novità positive per dare risposta all’esigenza principale di migliorare le condizioni di vita dei detenuti e di diminuire la distanza tra carcere e società libera. La cronaca purtroppo però, "ci consegna uno specchio della realtà carceraria che spesso è decisamente sconfortante, se non ai limiti della sopportazione, e colgo l’occasione per rinvolgere un saluto agli agenti di polizia penitenziaria e a tutti coloro che a vario titolo contribuiscono alla sicurezza nelle carceri".

Il sistema penitenziario, ha sottolineato il consigliere regionale azzurro, soffre di carenze sistemiche che ormai si sono cronicizzate e in qualche modo sono espressione della crisi che ha investito molti settori: "Istituti penitenziari inadeguati e fatiscenti in condizioni di sovraffollamento che ledono e mortificano i diritti dei detenuti. La Corte europea dei Diritti ha considerato inumano il trattamento carcerario laddove si sia costretti a condividere celle con spazi vitali inferiori a tre metri quadri. O in ogni caso ridotti rispetto a quelli consentiti dalla legge. Ha altresì considerato inumano il trattamento nelle carceri in cui manca acqua calda e con luce insufficiente a causa di barre metalliche apposte alle finestre. Se la pena viene eseguita in queste condizioni non potrà mai dispiegare pienamente la sua finalità rieducativa. La protezione dei diritti inviolabili della persona, anche se reclusa, oltre ad essere estrinsecazione del principio di umanizzazione della pena e della pari dignità, costituisce, infatti, il modo più idoneo per tendere al reinserimento sociale".

In tal senso secondo Giannetta assume un significato particolarmente importante il ruolo del garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale che, in virtù della facoltà di accesso, visita e colloquio nelle strutture detentive, non solo fornisce un quadro puntuale sulle condizioni della vita carceraria e penitenziaria in Calabria, ma promuove iniziative volte a garantire l’erogazione delle prestazioni inerenti ai diritti fondamentali delle persone detenute, perché vengano messe nelle condizioni di rieducarsi.

Ha detto Domenico Giannetta: "Le amministrazioni competenti e le istituzioni calabresi tutte dovrebbero collaborare attivamente con il garante nella individuazione delle soluzioni che tendano a rendere effettivo il senso di umanità e della funzione rieducativa della pena, favorendo il recupero e il reinserimento nella società delle persone private della libertà personale. Il tema del reinserimento lavorativo, poi, ci induce a una riflessione sugli strumenti che consentano concretamente ai detenuti di studiare, formarsi e prepararsi alla vita produttiva".

Non vi è dubbio, secondo il consigliere, che "investire sulla formazione e sulla cultura dia senso e speranza di progettualità". In questa direzione, va considerata l’idea di rafforzare la connessione tra le strutture carcerarie e gli operatori culturali, le scuole, le accademie e le università, per il potenziamento delle biblioteche interne alle carceri e la fornitura degli strumenti e dei servizi di accompagnamento al percorso formativo per il reinserimento lavorativo, unitamente all’accesso ai percorsi di studi e il rilascio dei titoli.

Ha concluso Giannetta: "Migliorare le condizioni di vita del detenuto - a maggior ragione se minore - implica impegno e investimento culturale. In linea con il pensiero di illustri studiosi, che sono giunti alla conclusione che il carcere dovrebbe svolgere una funzione di socializzazione al pari della famiglia, della scuola, del gruppo. E in tema di famiglia credo che l’analisi delle garanzie diventi particolarmente urgente quando parliamo di donne con bambini in carcere. Bambini che vivono dentro le sbarre condizioni che non si sono meritate e non devono subire per colpe che non hanno".

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