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Cronaca

Le Zes anche alle regioni del Nord? La preoccupazione del segretario Biondo (Uil)

Per il sindacalista: "Le Zone economiche speciali devono essere circoscritte nel meridione per non svilire un progetto che potrebbe dare una scossa ad un’economia asfittica"

"Lo sblocco definitivo delle Zone economiche speciali, annunciato dal ministro per il Sud Barbara Lezzi, è un fatto positivo. Lo è in considerazione del fatto che la Calabria attende, da tempo, di vedere finalmente operativa una misura che potrebbe segnare un’inversione di rotta sul piano economico per le aziende che investono in Calabria e per quelle che ancora non lo fanno ma vorrebbero farlo in un contesto produttivo moderno ed efficiente". Lo afferma Santo Biondo, segretario generale della Uil Calabria.

"La vicenda, in queste ultime ore, sta assumendo dei contorni che ci preoccupano. Sembrerebbe infatti per volontà della stessa ministra Lezzi, che il governo voglia allargare l’istituzione delle Zes anche alle regioni del Nord Italia. La cosa non ci convince -afferma Biondo -  e non ci rassicura e pertanto chiediamo alla deputazione parlamentare calabrese e in particolare modo ai componenti della maggioranza di governo, di esprimersi con chiarezza rispetto a questa possibilità che qualora si verificasse andrebbe a depotenziare le prospettive di sviluppo del mezzogiorno e della Calabria". 

"Siamo convinti, infatti, che le Zone economiche speciali debbano essere circoscritte alle regioni meridionali per non svilire
il senso di un progetto che, davvero, potrebbe dare una scossa ad un’economia asfittica e in perenne sofferenza qual è quella calabrese".

"Un panorama economico e produttivo che, come certificato dallo Svimez, è in recessione nel suo complesso, con la regione Calabria che, nel quadro meridionale, è la regione che soffre di più, che patisce una forte emorragia di giovani che, nell’assenza di prospettive, scelgono di lasciare questo territorio per riscattarsi e costruirsi il proprio futuro.
Davanti a questo quadro desolante il Governo non può continuare a girarsi dall’altra parte".

Chi ha in mano la gestione della cosa pubblica italiana - incalza Biondo - non può sottrarsi alle proprie responsabilità, deve
accogliere i suggerimenti che come sindacato unitariamente abbiamo rivendicato nel confronto con il governo ovvero la messa in campo di un piano straordinario per il Mezzogiorno. Un piano sostenuto da un ingente investimento di fondi pubblici che si integrino con i finanziamenti europei e stimolino quelli dei privati.

Un intervento straordinario per le regioni del Meridione d’Italia che è il punto centrale della piattaforma unitaria che Cgil, Cisl e Uil hanno presentato al presidente del consiglio Conte e che è stata il punto nodale della grande mobilitazione nazionale che si è svolta a Reggio Calabria lo scorso 22 giugno. Lo ribadiamo con forza: l’Italia riparte solo se riparte il Mezzogiorno. Investimenti che, fra le altre cose, dovrebbero essere utilizzati per far ripartire concretamente il porto di Gioia Tauro e tutte le attività che ruotano attorno a quello che potrebbe e dovrebbe diventare l’hub intermodale più importante del bacino del Mediterraneo.

Quel porto i cui lavoratori sono finiti, loro malgrado, dentro un vespaio di polemiche sollevato dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa dal commissario Agostinelli. Affermazioni che vorremmo analizzare nella sostanza per poterle confutare, attraverso l’apertura di un confronto con azienda e autorità portuale che abbiamo chiesto da tempo. Il dato dell’assenteismo e della produttività

insieme agli investimenti e alla crescita occupazionale sono il cuore della missione contrattuale del sindacato. I problemi si affrontano con il confronto serio e maturo e non nei talk show". "Si apra il confronto - conclude Biondo - sullo sviluppo del porto e il sindacato come sempre è pronto a fare la sua parte. Siamo certi che la forza lavoro operante a Gioia Tauro, spesso sottoposta a critiche ingenerose, sia fortemente qualificata e motivata. Chi gestisce la cosa pubblica in Italia, infine, deve pensare ad un serio intervento di ricostruzione della rete dei servizi sociali e civili in Calabria, partendo dal settore sanitario che, nonostante il Decreto Calabria, continua ad evidenziare notevoli ritardi e inaccettabili disfunzioni".

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