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Martedì, 19 Marzo 2024
La denuncia

Piazza De Nava, la fondazione Mediterranea presenta un esposto

Alla procura della Repubblica è stato chiesto di fare luce sul depauperamento del bene culturale

L’articolo 518-duodecies del codice penale (Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici) parla chiaro: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui è punito con la reclusione da due a cinque anni (…). La Sospensione condizionale della pena è subordinata al ripristino dello stato dei luoghi”.

Sulla base di questo articolo Vincenzo Vitale, presidente della fondazione Mediterranea, ha depositato alla procura della Repubblica un esposto in cui si descrivono i fatti accaduti e si chiede alla magistratura di accertare se vi siano stati comportamenti inquadrabili tra quelli sanzionati dall’attuale legislazione e se, di conseguenza, non si debba procedere a “restitutio in integrum” della piazza.

Questi i fatti. Nel luglio del 2019, curato dal segretariato regionale Mibact per la Calabria, viene presentato un progetto di fattibilità tecnica ed economica definito “Restauro e riqualificazione per l’integrazione con il Museo Archeologico Nazionale e il contesto urbano della piazza De Nava nel comune di Reggio Calabria”. Saltiamo tutta la storia e arriviamo a oggi. Il cantiere viene aperto il 22 febbraio del 2022 dalla ditta Apulia SrL (Via Matteotti, 2 – 70024 Gravina di Puglia BA) con direttore ad interim Fabrizio Sudano e direttore dei lavori Michelangela Vescio. 

Come si evince dai rilievi fotografici, contrariamente a quanto dichiarato nel titolo del progetto (“Restauro e riqualificazione … della piazza De Nava”) si può notare che di restauro, nell’accezione comune del termine (De Mauro, Utet, Grande dizionario italiano dell’uso: “operazione che ha lo scopo di reintegrare o sostituire, per assicurarne la conservazione nel tempo, le parti deteriorate di un edificio, di un dipinto, di una scultura o di altro manufatto …), c’è ben poco o nulla essendo stata operata una sistematica demolizione dell’impianto storico della piazza. 

Nello specifico è stato rimosso il basolato lavico del Corso Garibaldi antistante all’ingresso del Museo, la gradinata di accesso alla piazza in materiale lapideo di pregio e la recinzione della piazza, risalente ai primi anni del Novecento (quindi ben più dei 70 anni indicati dal Codice dei beni culturali per sottoporre a tutela un manufatto architettonico), costituita da pilastrini in pietra di Lazzaro raccordati da tubature metalliche, tipica espressione della corrente estetica architettonica del Razionalismo italiano in voga negli anni della ricostruzione cittadina dopo il sisma del 1908.

Per quanto riguarda il basolato lavico e il materiale lapideo di pregio, questi sono sottoposti a vincolo da parte della Soprintendenza, come si evince anche dai vincoli posti ai lavori di riqualificazione della Caserma Duca D’Aosta, coeva a Piazza De Nava (“Le lastre di soglia, spallette, gradini e altri elementi in pietra di cui è prevista la rimozione, dovranno essere accuratamente numerate e ricollocate, stessa cosa per i pavimenti originali esistenti in cementine o pietra”). Riguardo alla cintura razionalista della piazza, essa dev’essere considerata come un bene culturale paesaggistico ambientale di grande rilevanza storica, in quanto espressione del modo di costruire del tempo e tipico della ricostruzione reggina dopo il terremoto. 

Questo insieme di elementi dà forma e sostanza a un costrutto architettonico che non può essere svilito a una semplice somma dei suoi componenti: la demolizione della piazza, che emblematicamente rappresenta la ricostruzione reggina dopo il terremoto del 1908 e come tale da considerare un bene culturale storico e identitario, effettuata in palese contrasto con le premesse progettuali contenute nel suo titolo (“Restauro e riqualificazione …”), costituisce un oggettivo vulnus alla memoria storia e all’identità cittadina.

L’esposto così si conclude: “Dati i fatti sopra riportati circa la completa demolizione dell’impianto storico di piazza De Nava e considerando l’attuale normativa che tutela i beni culturali, si chiede al procuratore di valutare se ci si sia attenuti alle indicazioni contenute nel titolo del progetto, se la demolizione della piazza costituisca o meno una violazione dell’art. 518 duodecies del codice penale e se il direttore dei lavori, la soprintendenza e il Comune".

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