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Il personaggio

Matacena, morte fatale tra gli hater e il silenzio della politica

Nessun messaggio di cordoglio dai partiti per l'ex parlamentare latitante, personaggio controverso che sui social riceve anche qualche condanna popolare

Una morte scioccante e amara, a quell'età e in quel modo ineluttabile e fatale. Amedeo Matacena jr. è stato un personaggio controverso, riconosciuto colpevole di un reato odioso e che porta con sé un'etichetta infamante, amplificata dal marchio arrogante della latitanza agiata. 

Eppure in tempi più umani la notizia di una così fatale scomparsa avrebbe suscitato uno spontaneo sussulto di pietà. Invece i social hanno riversato sulla fresca memoria dell'armatore reggino commenti velenosi e di implacabile condanna, quella tremenda e senza appello dell'opinione pubblica. Un trend miserabile che avevamo visto emergere e consolidarsi dopo le morti di David Sassoli e Michael Gorbaciov, quando grette rivendicazioni ideologiche hanno sommerso nell'onda montante dello shitstorming il doveroso rispetto verso lutti e drammi personali. 

Le parole dure dei leoni da tastiera contro Matacena forse un po' erano prevedibili, ma a risaltare in queste ore è soprattutto il silenzio assordante dei compagni di partito, da cui non è arrivata nessuna dichiarazione di cordoglio. Eppure l'ex parlamentare, oltre che deputato, agli albori della sua carriera politica iniziata nell'area liberale era stato il primo coordinatore provinciale reggino di Forza Italia, seguendo una militanza completa all'interno del partito azzurro. Nato a Catania ma vissuto a Reggio fino all'impegno a Montecitorio, figlio dell'uomo a cui si deve la nascita del traffico sullo Stretto nonché storico presidente della Reggina e protagonista dei moti del '70, è stato un uomo pubblico profondamente legato alla storia della città. 

Proprio per questo, l'indifferenza dei vertici di Forza Italia, Berlusconi in testa, è bruciante e significativa ma non spiega l'assenza di voci dalla politica reggina, una platea che in realtà potrebbe estendersi anche a quanti erano stati compagni di partito di Matacena e oggi si trovano posizionati altrove.

L'unico a rompere l'oblio è l'ex assessore comunale Luigi Tuccio, che su Facebook ha lasciato un messaggio commosso, ricordando come la madre di Matacena (Raffaella de Carolis, miss Italia negli anni Sessanta) fosse a sua volta deceduta pochi mesi fa. "La sua vicenda processuale - scrive Tuccio - iniziava a dargli ragione....A chi e a cosa è servito tutto questo accanimento giudiziario? Ti sia lieve la terra, mi piace ricordarti quando giocavamo con le biciclette sotto casa".

La riflessione più logica sul rigido no comment politico riguarda la campagna elettorale alle sue ultime, caldissime battute. Anche una sola parola sbagliata in questo momento può nuocere, e parlando di un condannato per concorso esterno in associazione mafiosa molti avranno ritenuto di non correre rischi o esporsi a strumentalizzazioni.

Si capisce bene come le vicende criminali di questa storia - appoggio elettorale della 'ndrangheta e frequentazioni amichevoli con boss - non siano le più opportune da ricordare ai votanti e creino imbarazzo. Una valutazione cinica e oggettivamente astuta, che però mette tristezza di fronte a una morte. Quella di Amedeo Matacena jr. ha un retrogusto profetico.

L'ex armatore aveva aggirato la reclusione rifugiandosi da dieci anni in un esilio dorato, prima a Montecarlo e poi nell'esclusiva e assolata Dubai meta di vacanze da ricchi, nel lusso e in compagnia di belle donne (l'ex moglie Chiara Rizzo, fonte di ulteriori guai giudiziari, e la seconda consorte sposata in strettissima privacy, Maria Pia Tropepi, originaria di Gioia Tauro, modella e chirurgo, proprietaria di due grattacieli nella metropoli emiratina).

La promessa di tornare per pagare il suo debito con la giustizia o in alternativa dimostrare la sempre dichiarata innocenza, non fu mai mantenuta. La vicenda di Matacena rimandava a quella, di corale riprovazione, di Craxi ad Hammamet. Entrambi, privilegiati nel riparare all'estero nel massimo benessere, sono stati però braccati da una sorte violenta. Il leader socialista morì solo ed eroso da feroci mali; l'armatore stroncato in un attimo mentre andava incontro a un futuro carico di aspettative. Entrambi figure bifronti, evocatrici di rabbioso biasimo ma anche di ammirazione e vis affettiva. 

Stava per diventare nuovamente padre, di due gemelli (ci sono altri due figli, uno che si chiama come lui, avuto dall'annunciatrice tv Alessandra Canale, e un secondo con Rizzo), e lo scorso agosto il Gip di Reggio aveva revocato il mandato d'arresto dell'altra inchiesta Breakfast (per intestazione fittizia con aggravante mafiosa) dissequestrando i beni bloccati come misura cautelare.

Un pronunciamento in contrasto con la direzione distrettuale antimafia, che aveva invece confermato il giudizio di gravità indiziaria, ma secondo persone a lui vicine l'ex deputato aveva preso coraggio e stava pensando di rimpatriare e affrontare finalmente i mai scontati a tre anni di carcere, ritenuta ingiusta. Forse invece avrebbe aspettato il 2023, anno in cui la condanna sarebbe andata in prescrizione rendendolo legalmente libero.

Non lo sapremo mai e intanto fioriscono le congetture sulla dinamica della morte, con ombre di mistero sul decesso in ospedale o a bordo dell'ambulanza, la collocazione temporale durante i festeggiamenti di compleanno di giovedì scorso, un precedente ricovero per colecisti. Un gossip troppo fantasioso parla persino di un avvenuto rientro della salma in Italia e di funerali che dovrebbero svolgersi, improbabilmente, nella Cattedrale reggina. 

Chiusa nel mutismo la politica, in città lo piangono soltanto gli amici del passato, e tra la macabra esultanza degli haters e la gente che non gli ha mai perdonato quella comoda strategia di latitante nella bambagia (un record, la più lunga mai realizzata all'estero), c'è anche chi riconosce a lui e il padre, fondatore della società di navigazione Caronte, di aver creato posti di lavoro e sviluppo. Qualcuno, commosso, lo descrive come un uomo generoso e di cuore e afferma che lui ha pagato per tutti gli altri, capro espiatorio sacrificato al posto di colleghi non più immacolati. 

Denaro, glamour e amicizie importanti infine non l'hanno salvato, l'illusione di onnipotenza sconfitta dalla supremazia del destino, che nessuno ancora è riuscito a corrompere. 

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