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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

‘Ndrangheta, imponevano il pizzo alle imprese della locride: dieci arresti nella cosca Cordì

Operazione dei carabinieri e della guardia di finanza. Diversi sono gli episodi intimidatori scoperti dai militari

Dalle prime ore di questa mattina, i militari dell’Arma e della guardia di finanza stanno eseguendo un decreto di fermo, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di 10 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, danneggiamento seguito da incendio e detenzione abusiva di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.

Il provvedimento  rappresenta l’epilogo di accurate  indagini che hanno messo in luce le responsabilità degli affiliati della cosca “Cordì” in una serie di estorsioni, atti intimidatori e danneggiamenti volti sia a imporre il pagamento del pizzo a imprese edili e attività commerciali della locride, sia a conseguire il monopolio delle attività cimiteriali locresi.

I nomi degli arrestati

1. Gianfranco Alì, nato a Locri, di 37 anni, ivi residente;
2. Cosimo Alì, nato a Locri, di 62 anni, ivi residente;
3. Vasile Iulian Albatoaei (alias “Giuliano”), nato in Romania, di 33 anni, residente a Locri;
4. Guido Brusaferri, nato a Lodi (MI), di 54 anni, residente a Locri;
5. Domenico Cordì, nato a Locri, di 40 anni, ivi residente;
6. Domenico Cordì, nato a Locri, di 28 anni, ivi residente;
7. Antonio Cordì, nato a Locri, di 22 anni, ivi residente;
8. Salvatore Dieni, nato a Locri, di 48 anni, ivi residente;
9. Emmanuel Micale, nato a Locri, di 34 anni, ivi residente;
10.Gerardo Zucco, a Locri, di 49 anni, ivi residente.

L’operazione, che costituisce l’epilogo di tre distinte e convergenti attività d’indagini, condotte dai carabinieri e dai finanzieri di Locri, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dai sostituti procuratori Giovanni Calamita e Diego Capece Minutolo, ha permesso di ricostruire l’attuale operatività di gruppi criminali, facenti capo alla storica cosca locrese Cordì. Ai fermati vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento seguito da incendio, illecita concorrenza con minaccia o  violenza, violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale, detenzione e porto in luogo pubblico di armi, con l’aggravante di cui all’art. 416- bis.1, avendo agito per favorire gli interessi della ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale.

L’associazione mafiosa e le condotte estorsive (indagine “Riscatto”).

I carabinieri, in particolare, partendo da alcuni iniziali episodi a carattere estorsivo, hanno sviluppato un'attività d’indagine su alcuni sodali, collegati per diretti vincoli di sangue o da certificati vincoli associativi. Un variegato contesto delittuoso ha permesso di poter delineare una serie di estorsioni, consumate e tentate, facendo leva sulla forza intimidatrice che deriva dal blasone ‘ndranghetista del sodalizio   d’appartenenza “Non c’è bisogno che parliamo…c’è bisogno solo che ci vedono…”, al fine di convincere le  vittime a “mettersi a posto”e per garantire loro “protezione e sicurezza”.

Le indagini hanno permesso di ricostruire le pretese estorsive rivolte, con il coinvolgimento, a vario titolo, degli indagati Gerardo Zucco, Domenico Cordì, di 40 anni e Bruno Zucco ai danni di un imprenditore edile, affidatario di alcuni lavori banditi dal Comune di Locri (“lavori di realizzazione di un teatro in regione Moschetta”, per un valore di 600.000 euro, “ristrutturazione dell’edificio scolastico Maresca”, per 210.000 euro,  subappalto “valorizzazione di Palazzo Nieddu Del Rio”, per 150.000 euro, nonché la manutenzione idraulica dei valloni che attraversano il territorio comunale, per 48.450 euro) e di appalti privati  (lavori per la ristrutturazione della “Casa Bennati” di Locri, commissionati dalla Diocesi di Locri-Gerace), con richieste variabili dai 1.500 ai 18.000 euro in relazione al valore del  lavoro. 
In un caso, gli estortori hanno tentato di imporre all’imprenditore anche la cessione in subappalto ad una ditta locrese, priva dei requisiti di legge  poiché non inserita nella white list della Prefettura.

In un altro caso, sono state documentate condotte criminali simili attuate  dall’indagato Emmanuel Micale che, facendo leva sul timore indotto dalla sua vicinanza alle note famiglie di ‘ndrangheta dei Cordì e Alecce, ha  ripetutamente  tentato di costringere il titolare di una rivendita di tabacchi a “mettersi a posto” consegnando mensilmente la somma di 1.500 euro al fine di garantirsi “protezione e sicurezza per sè e per il proprio locale”, non  riuscendo nell’intento a causa delle difficili condizioni economiche dell’imprenditore, già  sottoposto ad estorsione da un altro indagato, Salvatore Dieni.

L’ingerenza nelle attività economiche afferenti al cimitero di Locri

I militari dell’Arma hanno accertato anche diversi episodi avvenuti a Locri, apparentemente estranei ai contesti della criminalità organizzata, in realtà ragionevolmente imputabili ad un’unica matrice delittuosa riconducibile a componenti della famiglia Alì di Locri, che da anni esercitava un’egemonia incontrastata delle attività riconducibili alla gestione dell’area cimiteriale, come le onoranze funebri e la vendita al dettaglio dei fiori  proprio nei pressi del cimitero della città jonica.

In seguito a gravissimi eventi, chiaramente collegati agli interessi economici sul cimitero, le indagini degli uomini dell'Arma, hanno infatti permesso di validare l’ipotesi che elementi della famiglia Alì (in particolare Gianfranco Alì) abbiano acquisito il controllo del settore delle attività cimiteriali locresi, imponendo un regime di monopolio attraverso gravi azioni intimidatorie e danneggiamenti in danno alle ditte concorrenti, privati cittadini e amministratori pubblici.

In particolare, nel periodo compreso tra il 29 maggio 2017 ed il 27 giugno 2019 si sono verificati nel comune di Locri una serie di episodi accomunati dal contrapposto interesse economico, nella gestione delle attività cimiteriali, tra tutte le vittime e gli Alì: con una tempistica che non lascia margine di incertezza, coloro che svolgevano attività concorrenziale agli Alì o gli amministratori pubblici che avevano adottato atti, volti a contrastare o comunque, ad attenuare quel monopolio subivano danneggiamenti e minacce gravi arrivate fino all’incendio dei mezzi di lavoro, al posizionamento di un ordigno davanti all’abitazione di un funzionario comunale e, in ultimo, la minaccia rivolta al sindaco Giovanni Calabrese di non fargli
più ritrovare le spoglie dei suoi parenti, sepolti nel cimitero di Locri (“Giovannoni domani dirò dov’è sepolto qualche tuo parente da tantissimi anni”).

La ditta di onoranze funebri è stata sottoposta a sequestro dai carabinieri.

“Mille e una Notte”:  il pane imposto e le onoranze funebri

Le indagini, avviate dai finanzieri di Locri, hanno tratto origine dal fenomeno dell’assenteismo degli impiegati del Comune, segnalato anche dallo  stesso sindaco, tramite numerose interviste pubblicate sui giornali locali e nazionali. Dalle investigazioni è emerso come i Cordì, con l’ausilio di una fitta rete di associati ed affiliati, effettuavano il controllo criminale su tutto il territorio del comune di Locri, anche attraverso intimidazioni e vere e proprie perlustrazioni con cadenza quasi giornaliera, finalizzate a monitorare le diverse attività commerciali insistenti nel territorio di riferimento.

È stato inoltre documentato il potere incontrastato della cosca, nell’intero territorio comunale, nel settore della consegna e della vendita del pane, che veniva imposto senza possibilità di reso ad ogni singolo esercente del settore, così come in quello dell’organizzazione delle onoranze funebri.

Il sequestro di armi e munizioni

La pericolosità e il controllo del territorio della cosca Cordì è anche manifestato dalla disponibilità di armi e munizioni. Sono stati sequestrati 3 fucili semi-automatici e con canne mozzate, tutti con matricola abrasa, e munizioni. Tutto era abilmente occultato all’interno di due tubi di cemento siti in un fondo pubblico ed avvolti in dei sacchi di plastica.

All’esito delle operazioni, gli arrestati sono stati condotti presso la Casa Circondariale di Locri a disposizione dell’autorità giudiziaria distrettuale.

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