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Cronaca

La politica nei tentacoli della mala che la soffoca: "I calabresi sono i più forti di tutti"

Dalle carte dell'inchiesta "Perfido" emerge la rete di contatti instaurata dal gruppo criminale disarticolato in Trentino e il mondo politico locale e romano, con contatti con soggetti che ruotano attorno al mondo di "Mafia capitale"

Sindaci che chiedono il sostegno elettorale dei mafiosi, ‘ndranghetisti che blandiscono la politica per far crescere i propri affari. Non siamo nella “focosa" Calabria ma nel lontano e “algido" Trentino. La storia, però, non cambia e i carabinieri del Ros, guidati dal generale Pasquale Angelosanto: un ufficiale dell’Arma che il contesto politico-mafioso lo conosce bene, un carabinieri che questa amalgama ha provato a rompere quando è stato alla guida del comando provinciale di Reggio Calabria.

Un’esperienza che è finita tutta dentro le carte dell’inchiesta “Perfido” e che ha portato il giudice per le indagini preliminari, Marco La Ganga, a scrivere nelle sue considerazioni alla richiesta di arresto formulata dai pubblici ministeri Sandro Raimondi, Licia Scagliarini, Maria Colpani e Davide Ognibene: “Non meno caratteristico di questo tipo di consorterie è l’intreccio politico-criminale. Un’infiltrazione possibile grazie allo scambio tra prestigio criminale e vicinanza a politica e PA locale che risulta non solo tentato, ma anche attuato in val di Cembra, sia con l’inserimento di sodali nei consigli comunali o nelle Asuc, sia con il sostegno a determinati candidati alle cariche elettive in cambio di favori all’organizzazione, ottenuti anche grazie alla capacità di intimidazione della stessa”.

“E’ il caso di entrare in politica” si dicevano alcuni degli indagati non sapendo di essere intercettati dalle microspie del Ros nella consapevolezza che quella poteva essere la chiave di volta per gli affari del gruppo criminale: “Perchè si entra in un mondo, che veramente apre....di conoscenza, e veramente aprono tante porte”.

Sotto la lente c’era la politica locale ma, soprattutto, quella romana. Per sbarcare nella capitale, secondo la ricostruzione degli investigatori dell’Arma, il gruppo criminale trentino-calabrese disarticolato con l’inchiesta “Perfido” poteva contare su appoggi importanti, come quelle rappresentate da un gruppo di persone che ruotava attorno alle figure centrali dell’inchiesta “Mafia capitale”. 

Una rete di contatti utile a far crescere a dismisura il potere economico e criminale del gruppo perché anche in Trentino: “ci stanno i Calabresi” e “I calabresi sono i più forti di tutti”.

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