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Si complica l'estradizione di Rocco Morabito "u tamunga"

Un mandato d'arresto presentato a San Paolo ha bloccato l'iter avviato per far rientrare in Italia il narcotrafficante di Africo

Per il momento Rocco Morabito “u tamunga” non rientra in Italia. Il boss della ‘ndrangheta, considerato uno dei trafficanti internazionali di droga più importanti al mondo, rimarrà in Brasile. A fermare la procedura di estradizione, secondo quanto riportato dal settimanale Veja, sarebbe un mandato d'arresto nei suoi confronti presentato a San Paolo.

Stando alla ricostruzione dell’organo di stampa brasiliano, infatti, il ministero della Giustizia ha informato la Corte suprema federale (Stf) di aver sospeso l'estradizione per la possibile apertura nei suoi confronti di un procedimento da parte della giustizia brasiliana.

Il 24 giugno la Corte suprema aveva respinto l'ultimo ricorso dei legali di Morabito e la giudice del massimo tribunale, Cármen Lúcia, aveva disposto l'estradizione in Italia entro un mese. Il sottosegretario alla Giustizia brasiliano, José Vicente Santini, aveva di conseguenza autorizzato a nome del governo federale la consegna dell’uomo alle autorità italiane, non avendo ricevuto segnalazioni di cause pendenti nei suoi confronti. Ma il 27 giugno la polizia federale avrebbe invece comunicato al ministero della Giustizia la presenza di un mandato d'arresto provvisorio nei confronti di Morabito nello Stato di San Paolo, motivo per cui il processo di estradizione sarebbe stato bloccato.

Condannato a 30 anni di carcere nel 1994 per associazione di tipo mafioso e traffico di droga, dal febbraio del 1995 Rocco Morabito, nipote del boss Giuseppe Morabito, è stato inserito nell'elenco dei latitanti più pericolosi d'Italia. Catturato una prima volta a Montevideo, in Paraguay, dopo 23 anni di latitanza, Morabito riuscì a evadere dal carcere nel giugno del 2019. Dopo quasi 2 anni fu arrestato il 24 maggio 2021 dalla polizia Brasiliana con il supporto investigativo dei carabinieri del Ros dei comandi provinciali di Torino e dello Scip (Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del dipartimento della pubblica sicurezza) con la collaborazione dell’Fbi e della Dea.

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