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Operazione "Mala Pigna", i rifiuti metallici per fare soldi senza remore |VIDEO

I particolari dell'inchiesta dei carabinieri forestali sono stati illustrati durante una conferenza stampa alla quale ha preso parte il generale Antonio Pietro Marzo

Tutto è partito nel 2017, dopo degli accertamenti effettuati dai carabinieri forestali svolti sul territorio di Gioia Tauro. Da allora e per quattro anni si sono dipanate le indagini condotte dai militari del Nipaaf di Reggio Calabria, coordinati dal colonnello Giorgio Maria Borrelli, sotto la direzione del procuratore della Repubblica, Giovanni Bombardieri e coordinate dal procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci e dai sostituti procuratori Gianluca Gelso (poi trasferito ad altro ufficio), Paola D’ambrosio e Giorgio Panucci. Tutto è stato spiegato durante una conferenza stampa alla quale ha preso parte anche il generale di corpo d'armata Antonio Pietro Marzo, comandante delle unità forestali, ambientali e agroalimentari dei carabinieri.

La genesi dell’indagine

L’inchiesta, come sottolineato dagli investigatori, trae origine da un sopralluogo eseguito presso la sede aziendale della società “Ecoservizi Srl”, ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica, sita nella zona industriale del comune di Gioia Tauro e gestita dalla famiglia Delfino, da decenni attiva nel settore. I primi riscontri investigativi evidenziavano che la società, nonostante fosse oggetto dei provvedimenti di sospensione dell’autorizzazione al trattamento dei rifiuti e di cancellazione dall’albo nazionale dei gestori ambientali, era diventata il fulcro di un’attività organizzata per il traffico di rifiuti speciali di natura metallica, con base operativa a Gioia Tauro e con marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale. Rocco Delfino, per anni socio e procuratore speciale della società, con il contributo materiale e morale di ulteriori soggetti, mediante artifizi volti ad aggirare la normativa antimafia, promuoveva un’associazione volta al traffico illecito di rifiuti mediante la gestione di aziende fittiziamente intestate a soggetti terzi ma riconducibili alla diretta influenza e al dominio della famiglia Delfino, quali la società Mc metalli srl e la ditta Cm servicemetalli srl.

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Amministratori e prestanome

Gli amministratori aziendali di tali aziende si palesavano quali prestanome dei traffici illeciti dei Delfino, con una completa ed incondizionata comunione di affari ed interessi. L’obiettivo era quello di servirsi dell’immagine e del nome di società apparentemente “pulite”, rette da un amministratore legale privo di pregiudizi penali e di polizia, avente tutte le carte in regola per poter ottenere le autorizzazioni necessarie alla gestione di un settore strategico, qual è quello dei rifiuti speciali, ed in tal modo intrattenere rapporti contrattuali con le maggiori aziende siderurgiche italiane, contrattare l’importazione e l’esportazione di rifiuti da e per Stati esteri, nonché aspirare all’iscrizione in white list negli elenchi istituiti presso la Prefettura.

La famiglia Delfino

Nel programma criminale mafioso della famiglia Delfino rientrava, stando alla ricostruzione dei magistrati della Dda, il dominio assoluto della ditta Delfino s.r.l., società in confisca definitiva sin dall’anno 2007 in quanto oggetto di un procedimento di prevenzione attivato nei confronti della famiglia Delfino alla fine degli anni novanta, sull’assunto che Rocco Delfino e i fratelli gravitassero nella galassia della famiglia ‘ndranghetistica dei Molè. Le indagini permettevano di accertare che la società confiscata Delfino Srl, ancora attiva sul mercato, altro non fosse che un’azienda di schermatura per le attività illecite dei fratelli Delfino, con il concorso attivo dei coadiutori e amministratori designati dall’agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nonché di professionisti (avvocati, consulenti, commercialisti ed ingegneri ambientali) che prestavano per la stessa la propria opera di intelletto, con metodo fraudolento e sotto la direzione dei Delfino.

Operazione Mala Pigna conferenza-2

La figura di Rocco Delfino

In particolare Rocco Delfino infiltrava la Delfino S.r.l. con professionisti spregiudicati a lui fedeli, esercitava la sua influenza convocando i coadiutori al suo cospetto e dettando loro i comportamenti da opporre alle richieste dell’Anbsc. Il tutto finalizzato a mantenere il completo controllo mafioso della società in confisca, in un clima di intimidazione e prevaricazione.

Altra allarmante condotta delittuosa accertata nel corso delle indagini riguardava lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, anche pericolosi, attraverso attività di interramento nel suolo, diventato oggetto di investigazione e di accertamenti tecnici eseguiti dai consulenti tecnici nominati dalla procura della Repubblica.

I rifiuti interrati

Autocarri aziendali partivano dalla sede della società con il cassone carico di rifiuti speciali, spesso riconducibili a “Car Fluff” (rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture) e giungevano in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza, interrando copiosi quantitativi di rifiuti, anche a profondità significative. Gli accertamenti eseguiti portavano a disvelare anche l’interramento di altri materiali, quali fanghi provenienti presumibilmente dall’industria meccanica pesante e siderurgica. Tali terreni agricoli, a seguito degli interramenti ed a cagione di essi, risultavano gravemente contaminati da sostanze altamente nocive, alcune di esse rilevate sino a valori pari al 6000% (seimila percento) del limite previsto, con il concreto ed attuale pericolo che le sostanze inquinanti possano infiltrarsi ancor più nel sottosuolo determinando la contaminazione anche della falda acquifera sottostante.

Le estorsioni

Le indagini permettevano inoltre di documentare specifiche vicende estorsive a danno di imprese impegnate nell’appalto per la demolizione delle gru di banchina ormai obsolete presso il Porto di Gioia Tauro. Tale vicenda vedeva coinvolti in prima linea alcuni degli odierni arrestati, nello specifico Rocco Delfino e Domenico Cangemi, quali esponenti della cosca Piromalli di Gioia Tauro, e Francesco B. Palaia quale esponente della cosca Bellocco di Rosarno.

I rapporti con i Piromalli

L’attività investigativa, per gli inquirenti, ha consentito inoltre di ricostruire i rapporti tra Rocco Delfino, Aurelio Messineo (fedelissimo del boss Giuseppe Piromalli alias “Facciazza”) e l’avvocato Giancarlo Pittelli, legale di fiducia della famiglia Piromalli. Dalle indagini emergeva che l’avvocato Giancarlo Pittelli avrebbe veicolato informazioni dall’interno all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli, detenuti in regime carcerario ai sensi dell’articolo 41 bis, ossia Giuseppe Piromalli cl. 45 detto “Facciazza” ed il figlio Antonio Piromalli cl. 72, e Rocco Delfino, quale soggetto di estrema fiducia per i Piromalli in quanto elemento di vertice della stessa cosca.

Il ruolo dell’avvocato Pittelli

Inoltre, l’avvocato Giancarlo Pittelli si sarebbe attivavato a favore di Rocco Delfino nelle vicende giudiziarie riguardanti la revisione del procedimento di prevenzione nei confronti della società in confisca Delfino s.r.l., pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro Sezione Misure di Prevenzione, con l’intento di “influire” sulle determinazioni del Presidente del Collegio al fine di ottenere la revoca del sequestro di prevenzione, nonché con una serie di ulteriori condotte che esulavano dal mandato difensivo.

Messineo: il trati d’union

Nel quadro sopra rappresentato, anche Aurelio Messineo, per gli investigatori, si palesava quale trait d'union tra il nucleo familiare del boss Giuseppe Piromalli e il Rocco Delfino, come necessario veicolatore dell’esigenze espresse dalla famiglia Piromalli. Difatti ogni contatto veniva intermediato da Aurelio Messineo e dall’avvocato Giancarlo Pittelli, i quali, secondo gli investigatori, garantivano che l’impegno profuso da Rocco Delfino a favore della cosca fosse rappresentato a chi di dovere, ossia ai componenti del nucleo familiare di Giuseppe Piromalli cl. 45. È in quest’ottica che Rocco Delfino, per gli inquirenti, assumeva un ruolo di tutore degli interessi della cosca Piromalli, attento a curarne le esigenze familiari e le vicende giudiziarie, pronto a sostenere economicamente, in nome e per conto della cosca, anche le spese di difesa.

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