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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Operazione "Pedigree", 500 euro per portare un cellulare in carcere a Maurizio Cortese

Dalle carte dell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia reggina emerge il ruolo di un agente penitenziario, non identificato, che avrebbe consegnato al boss in cella un telefono cellulare. Fondamentali le registrazioni dei colloqui in carcere

L’aiutino al boss in carcere valeva 500 euro. In cambio di questo denaro, secondo la ricostruzione degli investigatori della Squadra mobile che hanno chiuso il cerchio dell’inchiesta “Pedigree”, un agente corrotto della Polizia penitenziaria, al soldo di Maurizio Cortese ma non identificato, avrebbe consegnato al giovane reggente della cosca Serraino un telefono cellulare. 

Per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Stefano Musolino, Walter Ignazitto, Paola D’Ambrosio e Diego Capece Minutolo, dall’indagine emergerebbero, inoltre, diversi elementi che dimostrano come Maurizio Cortese, grazie alla corruzione di un agente di polizia penitenziaria e al costante supporto dei sodali Antonino Barbaro, Antonino Filocamo, Salvatore Paolo De Lorenzo, del suocero Paolo Pitasi e della moglie Stefania Pitasi, nonché di altri detenuti, avesse a disposizione telefoni cellulari e alcune schede "citofono" con le quali riusciva a comunicare riservatamente con l’esterno, impartendo disposizioni sia alla moglie che ad altri sodali attinenti alle dinamiche e alle attività delittuosa della cosca di cui continuava a tenere le redini nonostante lo stato di detenzione carceraria. 

Era lo stesso Maurizio Cortese a spiegare, nel corso di una conversazione captata nel mese di aprile 2019, come fosse riuscito ad introdurre all'interno della Casa Circondariale l'apparecchio telefonico e nel fare riferimento a “guardie corrotte” affermava che uno degli agenti penitenziari [non identificato], dietro pagamento di 500 euro, si era prestato a consegnargli abusivamente il telefono. L’apparecchio cellulare veniva rinvenuto, il 9 aprile 2019, nel corso di una perquisizione della cella di Maurizio Cortese. Nel maggio 2019 - dopo il sequestro del telefono e il trasferimento in un altro carcere - il boss ricominciava ad utilizzare il metodo di comunicazione epistolare.

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