rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca San Luca

Telefoni criptati e nickname: tutti gli stratagemmi dei "boviciani" per evitare intercettazioni

Con "encrochat": un programma che ogni sei mesi costava 1600 euro, gli indagati nell'inchiesta "Platinum-Dia" sfuggivano ai controlli della Dia, gli investigatori stanno lavorando ad un sistema di algoritmi per entrare nei cellulari schermati

Chat riservatissime, telefoni cellulari criptati pagati anche 1800 euro, programmi di comunicazione dal costo semestrale di oltre 1600 euro. I “boviciani” non badavano a spese pur di riuscire a schermare i loro traffici illegali dalle microspie degli investigatori della Dia, guidati dal direttore Maurizio Vallone, che stavano provando a ricostruire gli affari di Sebastiano “bacetto” Giorgi con i narcotrafficanti di mezzo mondo.

Dentro la “rete chiusa” della famiglia Giorgi non era facile entrare, da qualche tempo, però, le forze dell’ordine hanno studiato un sistema di algoritmi in grado di forzare le schermature tecnologiche e tradurre le conversazioni intrattenute attraverso questi telefoni cellulari - quelli a marca Bq e Sky i più ricercati - particolari. Telefoni in grado, digitando un solo tasto, di cancellare definitivamente le conversazioni intrattenute nella chat. “io ho scoperto - si legge nelle intercettazioni allegate alle carte dell’inchiesta - una cosa delle intercettazioni, che se tu cancelli c’è il sistema ma... è "0000"... eee lo bruc iperò… tu bruci il tuo se lo fai e si bruciano... chi ha il tuo contatto inviando, si brucia tutto. Buona sta cosa... che se io cancello…”.
Grazie all’Encrochat: un programma in grado di garantire la massima riservatezza delle comunicazioni e dei dati, inabilitando, di fatto, tutte le porte di accesso, comprese quelle del microfono e della telecamera, i “boviciani” parlavano tra di loro, stabilivano contatti con i fornitori delle sostanze stupefacenti, organizzavano i trasferimenti prediligendo i porti del Nord Italia o di Germania ed Olanda.

Per evitare di essere individuati, poi, anche all’interno del sistema di messaggistica riservata non usavano mai i loro nomi ma si affidavano a dei nickname, ai nomignoli assegnati ad ognuno di loro, come: pollice, Alfio, cinghia, N’toni Black, nasone, bacetto, capellone o nasone.

“L'unica negatività che hanno sti telefoni qua - commentano fra loro alcuni dei soggetti indagati nell’ambito dell’operazione Platinum-Dia - è che devi mettere due password”. Ben poca cosa per chi sta gestendo affari per milioni di euro in sostanze stupefacenti.

“E' evidente, oltre che conclamata - si legge nelle carte dell’inchiesta - la circostanza che l'esigenza dei sodali di ricorrere a tale modalità di comunicazione, origina esclusivamente dalla necessità di evitare di essere intercettati e/o di evitare di lasciare tracce delle conversazioni qualora arrestati, a dimostrazione (se mai ve ne fosse ancora la necessità) della causa illecita di tale condotta, chiaramente adottata in un contesto plurisoggettivo organizzato e proprio al fine di poter perseguire, senza intoppi, il programma delinquenziale predeterminato”.

La paura di essere intercettati, poi, portava gli indagati ad usare anche gli “jammer”, apparecchi che, installati in auto, sono in grado di inibire le frequenze Gsm e Gps attraverso la diffusione di un forte e costante impulso.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Telefoni criptati e nickname: tutti gli stratagemmi dei "boviciani" per evitare intercettazioni

ReggioToday è in caricamento