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La decisione del giudice / Rosarno

Il processo "Ares" si conclude in appello con 46 condanne e 8 assoluzioni

Sul banco degli imputati presunti affiliati alla cosca Cacciola-Grasso di Rosarno, fra i reati contestati quelli di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di droga, estorsione, tentato omicidio, danneggiamenti e detenzione di armi

Si è concluso con 46 condanne e 8 assoluzioni il processo “Ares” celebrato con il rito abbreviato davanti alla Corte d’appello di Reggio Calabria. La sentenza del giudice Olga Tarzia è stata emessa nel tardo pomeriggio di ieri.

Nonostante le assoluzioni e alcune riduzioni di pena rispetto alla sentenza di primo grado, in appello è stato confermato l’impianto accusatorio del processo nato da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che nel luglio 2018 aveva portato a numerosi arresti contro la cosca Cacciola-Grasso di Rosarno.

Tutti gli imputati, in base alle indagini condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio, erano accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di droga, estorsione, tentato omicidio, danneggiamenti e detenzione di armi.

La sentenza di secondo grado ha confermato la condanna a 20 anni di carcere per Giovanni Battista Cacciola, Domenico Grasso classe 1956 e Rosario Grasso classe 1982. Tra gli altri, sono stati condannati a pene pesanti anche Gregorio Cacciola (17 anni di reclusione), Rocco Elia (14) e Pietro Raso (13 anni).

Sono stati assolti anche 8 imputati che in primo grado erano stati condannati. Si tratta di Simone Ciurleo, Antonino e Giuseppe Misiano, Giuseppe Nasso, Emilio Oppedisano, Kevin Petullà, Antonietta Virgilio e il medico legale Antonio De Santis che è stato assolto “per non aver commesso il fatto”. 

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