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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Bova Marina

Sotto chiave beni per un milione di euro, sotto la lente dei Finanzieri imprenditore bovese

I militari della Compagnia di Melito Porto Salvo notificano il provvedimento a Leonardo Dellavilla, 45enne genero del boss Domenico Vadalà detto "Micu u lupu"

Un milione di euro, è questo il valore complessivo dei beni sequestrati dalla Guardia di finanza di Melito Porto Salvo a Leonardo Dellavilla, 45enne di Bova Marina e genero di Domenico Vadalà, detto “Micu u lupu”: storico capo dell’omonima cosca operante sul territorio bovese. Per gli investigatori delle Fiamme gialle e per i magistrati della Dda reggina, Leonardo Dellavilla sarebbe un imprenditore “gravemente indiziato di appartenenza alla ‘ndrangheta”.

La notifica

In queste ore, quindi, i militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, diretta dal Procuratore capo, Giovanni Bombardieri, hanno eseguito un provvedimento emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria – presieduta da Ornella Pastore – su richiesta dei Sostituti procuratori, Antonella Crisafulli e Diego Capece Minutolo, che dispone l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro su beni immobili e rapporti finanziari, per un valore complessivo stimato in circa un milione di euro, nei confronti di Leonardo Dellavilla, 45 enne, imprenditore operante nel settore della ristorazione in Bova Marina e zone limitrofe, indiziato di intraneità al gruppo mafioso “Vadalà”.

La figura di Dellavilla

La figura di Leonardo Dellavilla, già indagato per l’omicidio Marino nel 2001, era già emersa nell’ambito delle operazioni “Bellu Lavuru” del 2008 e “Mandamento Ionico” del 2017, entrambe condotte dall’Arma dei Carabinieri e coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.

L’operazione Bellu lavuru

L’operazione “Bellu lavuru” si era conclusa nel mese di giugno 2008, con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 42 soggetti – tra cui il predetto Leonardo Dellavilla, perché ritenuto – tra l’altro – “affiliato alla ‘ndrangheta, nella sua articolazione territoriale denominata “cosca Vadalà”, operante nel territorio di Bova Marina e diretta dal proprio suocero Domenico Vadalà detto “Micu ‘u lupu””.

L’operazione Mandamento tonico

L’operazione “Mandamento Jonico”, conclusasi nel mese di giugno 2017, aveva consentito di inscrivere nel registro degli indagati 291 soggetti ed eseguire provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 116 soggetti – tra cui il predetto Leonardo Dellavilla, per associazione mafiosa quale partecipe della “locale” di Bova in concorso con il suocero detenuto”. Ed ancora, l’appartenenza alla consorteria criminale dei “Vadalà da parte di Leonardo Dellavilla era emersa anche nell’ambito delle indagini svolte nell’operazione “‘ndrangheta Stragista”.

Gli accertamenti dello Scico

Alla luce di tali risultanze investigative, ovvero anche in considerazione del contenuto di una specifica e circostanziata segnalazione trasmessa dal Servizio centrale investigazione criminalità organizzata della Guardia di Finanza alla Compagnia Melito Porto Salvo nell’ambito dell’attività progettuale convenzionalmente denominata “Good Company”, la locale Dda delegava alla citata Compagnia territoriale apposita attività d’indagine, a carattere economico/patrimoniale, volta all’individuazione dei beni mobili ed immobili riconducibili al predetto Leonardo Dellavilla e al suo nucleo familiare, finalizzata all’applicazione di una misura di prevenzione e patrimoniale.

Verifiche finanziarie

In tale contesto, il Reparto territoriale in questione – valorizzando le funzioni proprie della Guardia di Finanza nella prevenzione e contrasto ad ogni forma di infiltrazione della criminalità nel tessuto economico del Paese e di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati – ha ricostruito, attraverso articolati approfondimenti sulle transazioni economico finanziarie e patrimoniali effettuate negli ultimi 20 anni, il patrimonio complessivamente accumulato dal nucleo familiare di Leonardo Dellavilla. In estrema sintesi, gli accertamenti eseguiti hanno evidenziato una significativa, ingiustificata differenza tra il reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi e il patrimonio posseduto, anche per interposta persona, ma soprattutto, la natura mafiosa del proposto, anche quale imprenditore espressione della cosca di riferimento.

La crescita illecita

L’affermazione e la crescita degli illeciti progetti imprenditoriali di Leonardo Dellavilla, genero di Domenico Vadalà, alias “Micu ‘u lupu” (capo dell'omonima cosca mafiosa) sono risultati essere stati sostenuti dal legame, anche di natura parentale, del predetto con la ‘ndrangheta”; le precedenti investigazioni, infatti, avevano consentito di dimostrare che l’odierno proposto, oltre ad appartenere alla consorteria criminale, ha anche goduto di una posizione di privilegio all’interno della stessa.

Tracciate le disponibilità

Più nello specifico, invece, l’attività investigativa ha permesso ai Finanzieri della Compagnia Melito Porto Salvo, da un lato, di tracciare analiticamente, fin dal 2001, la qualificata pericolosità sociale del proposto, soggetto ritenuto dal Tribunale di Reggio Calabria “gravemente indiziato di appartenenza ad associazione di stampo mafioso”, dall’altro, di ricostruire ed individuare le possidenze patrimoniali e finanziarie nella disponibilità, diretta ed indiretta (tramite i suoi familiari e un terzo soggetto), di Leonardo Dellavilla, in parte acquisite nel tempo in maniera illecita o, comunque, risultate ingiustificatamente sproporzionate rispetto ai redditi dichiarati dal nucleo familiare del medesimo.

I soldi drenati ad un disabile

In maniera parallela, l’attenzione degli investigatori si è concentrata, tra l’altro, sul presunto ruolo assunto, nel tempo, da un terzo soggetto, tale C.C. di 80 anni, deceduto nel 2015, incensurato, cieco assoluto dalla nascita ed ex dipendente statale in pensione. Da quest’ultimo, come emerso dalle indagini, Leonardo Dellavilla avrebbe nel tempo drenato ingenti somme di denaro accumulate dal predetto soggetto disabile, ritenuto insospettabile, in maniera “sproporzionata ai redditi da pensione percepiti”.

I raggiri

Ciò sarebbe avvenuto, viste le “condizioni di minorità del predetto”, attraverso l’utilizzo di conti correnti cointestati, polizze vite e, addirittura, con la stipula di una procura speciale contratta poche settimane prima della morte di C.C., utilizzata poi in data successiva al decesso di quest’ultimo per effettuare ulteriori atti di disposizione patrimoniale. Grazie a tali espedienti, infatti, l’odierno proposto era riuscito a trasferire nella propria disponibilità due immobili appartenenti al disabile deceduto, formalizzando l’acquisto degli stessi in epoca posteriore rispetto alla morte dello stesso, avvenuta, come detto, nel 2015.

La procura speciale

All’atto della stipula del contratto di compravendita, infatti, veniva utilizzata, contra legem, la procura speciale notarile rilasciata poche settimane prima della morte del soggetto cl. ‘40, contravvenendo, quindi, alla disposizione per cui il mandato si estingue alla morte del mandante. In aggiunta, pochi mesi prima della morte dell’anziano disabile, questi aveva contratto complessive 5 polizze assicurative per totali 300.000 euro che vedevano nominato come beneficiario mortis causa del contraente proprio Leonardo Dellavilla. Tale particolare era risultato decisamente strano agli investigatori che, infatti, hanno approfondito nel dettaglio anche tale anomala circostanza. Fatto altrettanto anomalo è risultato anche l’acquisto, pochi mesi prima del decesso del più volte citato anziano, di un autoveicolo ancora a lui intestato e tuttora utilizzato da Leonardo Dellavilla.

La sproporzione con i redditi

A supporto e maggior conferma di tale compendio indiziario, le indagini patrimoniali meticolosamente svolte dai finanzieri hanno messo in risalto come, oltre alle numerose acquisizioni illecite, negli anni dal 2004 al 2018, risulti constatabile un’oggettiva sproporzione di circa mezzo milione di euro, tra i beni mobiliari e immobiliari posseduti dal proposto e dal suo nucleo familiare e i redditi da loro dichiarati al fisco.

La richiesta della Dda

Analizzato l’intero scenario delineatosi nel corso delle complesse e articolate investigazioni patrimoniali condotte, concordando pienamente con il quadro rappresentato dai militari della Compagnia Melito Porto Salvo, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha richiesto alla Sezione misure di prevenzione del Tribunale del capoluogo reggino l’applicazione della misura ablativa antimafia del sequestro finalizzato alla confisca del patrimonio riconducibile al proposto stimato in quasi 1 milione di euro, successivamente emessa dal Giudice competente.

Il sequestro

In esecuzione dell’odierna ordinanza applicativa di misura di prevenzione patrimoniale, i finanzieri della Compagnia Melito Porto Salvo hanno individuato e, contestualmente, sottoposto a sequestro polizze assicurative per un controvalore nominale di 300.000 euro, 12 fabbricati, 10 terreni e 1 autoveicolo direttamente riconducibili a Leonardo Dellavilla Leonardo e al suo nucleo familiare. 

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