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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Sequestro da 2 milioni e 800 mila euro a imprenditore reggino operante a Verona

La guardia di finanza veneta ha operato su delega della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria

La guardia di finanza di Verona, nell'ambito di più ampie investigazioni economico-patrimoniali delegate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri per contrastare i tentativi d'infiltrazione della criminalità organizzata nel circuito legale, sta procedendo - in queste ore - al sequestro di un consistente patrimonio immobiliare riconducibile a un imprenditore reggino da tempo stabilitosi e operante nella provincia di Verona, già arrestato in passato per associazione mafiosa. Il valore complessivo dei beni, dei quali fanno parte, tra gli altri, sedici fabbricati e un terreno ubicati tra i comuni veronesi di Nogarole Rocca e Villafranca di Verona, a cui si aggiungono più di un centinaio di automezzi, è quantificato in oltre 2,8 milioni di euro. 

I finanzieri del nucleo di polizia economico-fnanziaria sono impegnati, in particolare, nel dare esecuzione a una misura di prevenzione patrimoniale emessa dal tribunale di Reggio Calabria (sezione misure di prevenzione) su richiesta del procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci della Direzione distrettuale antimafia reggina, nei riguardi di un imprenditore, operante nel settore della logistica, nei cui confronti è stato disposto il sequestro del patrimonio allo stesso riconducibile anche per il tramite dei familiari.

Tra i beni oggetto di sequestro vi sono nove appartamenti, tre garage, due magazzini, due uffici, un terreno e un'autovettura - del valore di circa 1 milione e 20 mila euro, oltre al 100% delle quote (del valore nominale di 70mila euro) di una società a responsabilità limitata, avente sede legale nella provincia di Reggio Calabria ed esercente il commercio di autoveicoli, nonché l'intero compendio aziendale valutato in oltre 1,6 milioni di euro, del quale fanno parte, come detto, oltre cento veicoli per il trasporto e la movimentazione di merci. 

Il soggetto era finito nell'operazione 'Porto Franco', eseguita nel 2014 dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria nei confronti di tale "locale" di 'ndrangheta, operante principalmente nella piana di Gioia Tauro. Le indagini dell'epoca rivelarono, più in particolare, il ruolo attivo che egli avrebbe svolto nell'ambito di un'insidiosa frode fiscale commessa tramite alcune società cooperative, appositamente costituite per consentire alle aziende di trasporto riconducibili al clan di evadere le imposte e gli oneri previdenziali per decine di migliaia di euro.

In un'altra operazione della guardia di finanza fu inoltre accertato che le aziende di trasporto allo stesso facenti capo erano solite approvvigionarsi di carburante acquistato in nero e che, in particolare, la cosca Pesce partecipava al lucroso affare dell'acquisto di gasolio di contrabbando, per poi utilizzarlo nel rifornimento degli automezzi delle famiglie contigue alle stesse cosche di 'ndrangheta di Rosarno.  L'esito dei minuziosi accertamenti patrimoniali compiuti negli scorsi mesi dai finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Verona è stato rimesso alla della Direzione distrettuale antimafia calabrese che, accogliendo le proposte delle fiamme gialle scaligere, ha richiesto e ottenuto dal tribunale reggino il sequestro del patrimonio riconducibile al suddetto soggetto.

Ciò alla luce della reiterazione nel tempo di numerose condotte indici di "elosità sociale" che, peraltro, nel 2016 avevano portato la stessa pfefettura di Verona ad emettere una "interdittiva" antimafia nei confronti della società gestita da uno dei suoi figli. Accertata la connessione temporale tra le stesse condotte "antisociali" e l'acquisizione di beni, che i finanzieri del comando provinciale di Verona hanno ritenuto essere indicativa di un elevato valore indiziario circa la provenienza illecita degli stessi, e constatata altresì la sproporzione reddituale di oltre 500 mila euro manifestata nel periodo oggetto di indagini dal proposto rispetto al patrimonio nella sua disponibilità, è stato richiesto alla competente autorità giudiziaria di valutare l'applicazione della più stringente normativa di prevenzione antimafia, così da pervenire in tempi brevi al consistente sequestro, alla successiva confisca a favore dello Stato. 

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